Fire Emblem prova a ribussare alle porte dei giocatori europei. Sarà la volta buona?
Se ci pensate bene, fa un po’ strano ritrovarsi a festeggiare i diciotto anni di Fire Emblem con un remake del primissimo capitolo per Famicom, quando la serie, in Europa, è sempre stata tutt’altro che popolare (si potrebbe quasi affermare il contrario), tanto che si è dovuto attendere fino all’avvento del GBA per avere un episodio di Fire Emblem in lingua (a noi) comprensibile.
A ben guardare, però, Shadow Dragon rappresenta un evento davvero particolare perché pur essendo, di fatto, un remake riesce comunque a rompere con la tradizione per offrire un’esperienza di gioco più accessibile, e quindi appetibile al grande pubblico. Come ben saprete (e se non lo sapete ve lo diciamo noi), il GdR tattico di Intelligent Systems è sempre stato celebre per la sua complessità e la sua “inflessibilità”, due caratteristiche capaci di scoraggiare i giocatori meno esperti o, più semplicemente, meno tenaci. In un gioco dove ogni unità caduta in battaglia è persa per sempre e dove i soldati si supportano l’un l’altro, in un equilibrio precario che riporta alla mente gli scacchi, una mossa avventata può trasformarsi in una mezza catastrofe, che il più delle volte costringe a un “reset” riparatore.
Ma non questa volta: in Shadow Dragon, infatti, è possibile salvare i propri progressi, di tanto in tanto, così da dover ripetere solo una piccola porzione della missione, in caso di morte accidentale di una “pedina” importante – un po’ come già accadeva in Path of Radiance per GameCube.
Come se non bastasse, quando le perdite sul campo si rivelano troppo ingenti, il gioco corre in aiuto dello stratega alle prime armi offrendogli delle truppe di rincalzo, da utilizzare per tappare le falle che si sono venute a creare all’interno dello schieramento. Se poi si considera che alcune quest secondarie possono essere affrontate solo perdendo un certo numero di unità, si può facilmente capire quanto Shadow Dragon sia stato sviluppato con un occhio di riguardo verso i nuovi giocatori.
Questo non significa però che i veterani della serie siano stati in qualche modo sacrificati. Le truppe di rincalzo, per esempio, non sono assolutamente paragonabili a quelle “regolari” sul piano della forza bruta e delle abilità in battaglia, e si può comunque decidere di affrontare il gioco “alla vecchia maniera”, ovvero ricominciando da capo dopo ogni perdita prematura.
Il tradizionale triangolo delle armi (ispirato alla morra cinese, con la spada, l’ascia e la lancia a sostituire la forbice, il sasso e la carta), che non era ancora presente nel primo Fire Emblem, viene qui (re)introdotto, e vengono aggiunti anche altri piccoli dettagli prelevati da vari episodi della serie – come la possibilità di forgiare le armi prima della battaglia, così da dar vita a un vero e proprio arsenale su misura, per esempio. Un’altra novità di Shadow Dragon riguarda le classi dei personaggi (o, se preferite, i “job”), che in questo caso possono essere modificate in maniera del tutto “libera”, o quasi. In altre parole, prima di cominciare un combattimento si può scegliere di trasformare, poniamo, un mago in un fantino, andando a bilanciare eventuali lacune e doppioni nell’assetto tattico generale.
Ovviamente, i cambi di classe sono sottoposti a dei vincoli, così da non stravolgere la formula di base, e alla fin della fiera possono rivelarsi utili in più di un’occasione. Certo, Shadow Dragon è pur sempre il remake di un gioco di 18 anni fa e in certi frangenti si avverte la mancanza di dinamiche introdotte in episodi più recenti (come la possibilità di soccorrere le unità ferite, caricandole in spalla o a cavallo, o di levare un compagno dagli impicci con uno spintone ben assestato, giusto per citare due esempi a caso).
Tutto sommato, però, si tratta di lamentele di poco conto, a fronte di uno strategico tanto avvincente e curato, soprattutto dopo gli aggiustamenti apportati con questo remake. Se poi considerate che Shadow Dragon è anche il primo capitolo della serie a includere una modalità in multiplayer e a supportare l’online vi accorgerete che il primo Fire Emblem a sbarcare su DS è ben più di un semplice remake.
Piuttosto, si potrebbe dire che si tratti di… un nuovo inizio!