Resistance 2

Buona la seconda.

Quando il gioco è di buona qualità, i casi sono due: o si mette immediatamente in cantiere un seguito da dare in pasto alle necessità di tutti gli appassionati, oppure, nel caso le vendite non siano andate particolarmente bene, si aspetta che le acque si calmino, si guardano i difetti di maggior importanza del primo capitolo, e ci si mette al lavoro di buona lena per realizzare il seguito ideale. Questo, sembra proprio essere il caso del seguito di Resistance, uno sparatutto di buona qualità che aveva fatto da trampolino di lancio per la neonata console di casa Sony.

 

ESORDIO
PlayStation 3 aveva, infatti, esordito sul mercato proprio con la prima fatica degli Insomniac Games: nonostante avesse dalla sua parte le innegabili doti tecniche che la console si porta dietro, non era privo di difetti che, vista la qualità di questo seguito, non possiamo esitare a definire di gioventù. La parola d’ordine di Insomniac Games, dunque, è stata quella di eliminare le magagne più evidenti del primo Resistance e concentrarsi sui punti di forza di un prodotto che ha sicuramente molto da offrire agli estimatori degli sparatutto in prima persona. È evidente fin dalle prime battute che l’impegno profuso nel concepire la trama presentata nella campagna Single Player originale ha portato sicuramente buoni frutti sia in termini di coinvolgimento, sia in termini di varietà di situazioni che vedono in un gameplay piuttosto classico e lineare i suoi punti di forza. Concedendo poco a quelle che sono le mode del momento che vedono nei super boss di fine livello il punto cardine dello sviluppo, gli Insomniac Games hanno puntato tutto sulla nuova incarnazione dei nemici, gli alieni Chimera, come tema portante del Single Player di Resistance.

 

XENOMORFI
I nostri avversari sono estremamente ostici da affrontare, ma soprattutto presenti in gran numero per dare un costante filo da torcere al giocatore: questo accade anche in virtù del fatto che, rispetto agli alieni del primo capitolo, il giocatore, nelle vesti del protagonista Nathan Hale, ha a che fare con delle versioni mutate delle bestiacce originali caratterizzate da attacchi più potenti e letali. Come detto, la qualità e varietà degli xenomorfi è uno dei punti di forza di questo sparatutto che vede oltre ai classici Ibridi, Saltatori, Erranti, Golia e Titani del primo Resistance, anche colossi dotati di scudi in grado di fare da spugne di colpi, zombie tutt’altro che lenti nel cercare di azzannare le vostre caviglie e persino dei cacciatori in grado di mimetizzarsi perfettamente con l’ambiente e darci la caccia anche se non dispongono della stessa sportività dei Predator cui sono ispirati. Ovviamente, per far fronte a tanta ferocia non poteva mancare un completo assortimento di mezzi di distruzione (più o meno di massa) con cui il giocatore può riuscire a togliersi d’impaccio anche grazie alla possibilità di utilizzare più modalità di fuoco per ogni arma disponibile.

ARMERIA
Oltre a Bullseye, Auger, M5A2, Rossmore, Fareye, LAARK troviamo anche una bella .44 Magnum, lo Squartatore, il lanciagranate incendiario Bellock, un fucile di precisione e l’immancabile mitragliatrice a canne rotanti Wraith con cui fare polpette anche del Leviatano finale, sicuramente uno dei mostri più coriacei in senso assoluto mai atterrati dai circuiti della console di casa Sony. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, vero sale della campagna single player, si può dire che gli Insomniac Games abbiano trovato un buon compromesso tra indipendenza dei compagni che ci assistono nella sparatoria e le azioni compiute da parte degli alieni. Questi ultimi, in particolare negli scenari a struttura aperta spesso puntano blandamente verso il giocatore facendosi abbattere come un gregge di pecore, ma spesso finiscono per incastrarsi in porzioni dello scenario diventando facile preda del fuoco incrociato dei suoi commilitoni. Questo è probabilmente il più grosso difetto del gioco, anche se considerando la media qualitativa degli sparatutto presenti su PlayStation 3 per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, non si può dire che sfigurino rispetto alla concorrenza per capacità organizzativa o tattiche particolarmente innovative.

 

QUALITÀ MULTIPLAYER
In ogni caso, la campagna Single Player si finisce abbastanza presto lasciando al giocatore la possibilità di concentrarsi sul multiplayer competitivo, senz’ombra di dubbio il cuore pulsante del gioco per numero di opzioni, qualità realizzativa e divertimento generale in senso complessivo. L’aspetto che colpisce è il numero di giocatori che possono prendere parte agli scontri fino a un massimo di sessanta utenti impegnati su una cinquantina di mappe espressamente concepite per il multiplayer. Se a questo aggiungiamo le classiche modalità (Deathmatch singolo e di squadra, Cattura la bandiera e Skirmish in team e a obiettivi) e la possibilità di far crescere il proprio personaggio in termini di statistiche personali e comprensione tattica di tutte le mappe presentate, ci si rende conto che la longevità della modalità multiplayer riesce a compensare ampiamente la brevità di quella Single Player. Come se non bastasse, a confermare le qualità del comparto multiplayer, è presente anche una modalità cooperativa di altissimo livello che permette fino a otto giocatori di prendere parte a una serie di missioni perfettamente alternative a quelle della campagna originale. In questo caso, sono presenti una serie di Perks da sbloccare sulla falsariga di quelli utilizzati in Call of Duty 4 e che permettono al giocatore di aumentare con l’esperienza acquisita il proprio potenziale tattico e distruttivo. Quest’aspetto rappresenta l’ennesimo valore aggiunto di un prodotto d’altissimo livello che vi farà trascorrere parecchie ore attaccati al pad nel tentativo di sconfiggere avversari umani in carne e ossa anche grazie a un’ottima calibrazione del sistema di controllo via joypad, un aspetto non del tutto scontato quando si parla di sparatutto in prima persona su console.