The Sly Trilogy – La Recensione

La banda di ladri più sgangherata che si sia mai vista su PlayStation ritorna in una riedizione in alta definizione. Buon procione a tutti! [Review]

La città sonnecchia, avvolta nelle tenebre e illuminata solo dalla luce di qualche lampione tutto storto e da una Luna gigantesca, ma pallidissima. La città sonnecchia ed è immobile, anche se ogni tanto si riesce a intravedere qualche ombra correre furtiva ora su un tetto, ora sulla ringhiera di un balcone, ora proprio davanti alla Luna gigante di cui sopra. E che ombra! Solitaria, sottile, elegante. Rapida, furtiva, irsuta. Irsuta? Irsuta, sì, perché è quella di quel vecchio procione di Sly Cooper, figlio di figli di ladri di professione e quindi ladro pure lui. Ma ladro in stile Lupin, ladro dai modi gentili e dai toni cortesi. Modi e toni che non gli hanno certo impedito di farsi leggenda: nel corso della sua formidabile carriera criminale ha vissuto avventure di tutti i tipi e di tutti i colori. Avventure applaudite su PlayStation 2 qualche anno fa, e ora rimesse in scena sul palco tutto HD di PlayStation 3.

Il primo gioco della serie, Sly Raccoon, venne pubblicato nel 2002 su PlayStation 2 e ottenne fin da subito un discreto successo per via della sua aggressiva presentazione grafica e del carisma del suo protagonista assoluto, Sly. Il secondo episodio, Sly 2: Band of Thieves, è invece arrivato nel 2004, ed è forse quello meglio riuscito (almeno sotto certi punti di vista). Un anno dopo, nel 2005, arrivò Sly 3: Honor Among Thieves, gioco sì divertente ma un po’ stanco e un po’ fiacco. Anche Sly probabilmente aveva bisogno di tirare il fiato, proprio come i ragazzacci di Sucker Punch, il team di sviluppo che se ne è venuto fuori con l’idea del procione criminale e che – adesso come adesso – è conosciuto soprattutto per via di Infamous (se qualcuno si dovesse ricordare pure di Rocket: Robot on Wheels per Nintendo 64, forse è meglio che si faccia dare una controllatina).

Comunque, ne vogliamo ancora. E ancora. E ancora. Di Sly, prima di tutto. E di queste raccolte di classiconi dell’epoca PlayStation 2 restaurati in HD subito dopo. L’idea è impossibile non trovarla particolarmente simpatica, visto che permette di (ri)giocare parecchia “roba buona” spendendo relativamente poco. La raccolta dei due God of War per PS2, per esempio, è ottima & abbondante sia per i fan storici, sia per i semplici curiosi. Lo stesso discorso vale anche per The Sly Trilogy, un bel pacchettone regalo targato Sony che raccoglie le tre avventure del procione criminale più famoso del mondo (non che la concorrenza sia spietata, questo bisogna dirlo). I tre giochi in questione ai tempi furono piuttosto popolari, anche se a dirla tutta non è che Sly sia una stella di prima grandezza nel mondo PlayStation (non è un Crash o una Lara Croft, per intenderci).

Tutte e tre le avventure raccolte in The Sly Trilogy vedono protagonista (soprattutto) la banda criminale composta dallo scaltrissimo Sly, dall’insopportabile tartaruga Bentley e dal maialone Murray, gente capace di far impallidire il Freddo, il Bufalo e il Libanese. E il bello è che lo stesso discorso vale pure per le loro peripezie, in un certo senso: colpi come quelli messi a segno da Sly e soci sono assolutamente folli, ambiziosi e sopra le righe: altro che un furto di Olivetti! Tra l’altro queste avventure, una volta portate di peso sulla PlayStation 3, hanno guadagnato una presentazione grafica in HD parecchio d’impatto. Rigiocarsi questi tre titoli un po’ action e un po’ stealth, oltre che un bel po’ platform, su un televisore in alta definizione è – insomma – uno spettacolo, anche se le scenografie sono un po’ spigolose. Spigolose, probabilmente, per una precisa scelta “artistoide” (artistica da queste parti facciamo fatica a scriverlo), ma forse anche no. E, comunque, anche “chissenefrega”, visto che i giochi sono divertenti comunque.

Quelli di Sanzaru Games, che sono i tizi dietro all’operazione di restauro tecnologico degli Sly originali, sono quindi stati attenti, precisi e puntigliosi. Di conseguenza, rivivere le avventure di Sly e animalesca compagnia una dopo l’altra è un’esperienza di quelle memorabili. Il perché è presto detto: a livello di varietà di situazioni questi tre giochi erano (e restano) formidabili. Per rendersene conto, o per la prima volta o una volta di più, basta affrontarli uno dopo l’altro, magari con il volume dello stereo settato a volume da scomunica papale, così da godersi al meglio non tanto il doppiaggio in Italiano (invero un po’ piattino), quanto dei brani di grande atmosfera sistemati in equilibrio tra pop e jazz. Un equilibrio precario, detto tra noi, ma anche elegante. Un equilibrio che ricorda quello di Sly, nemmeno a farlo apposta.