L’alchimia non è per tutti: meglio leggere la recensione di Master of Alchemy prima di passare all’acquisto, sull’onda dell’entusiasmo.
Ci si lamenta spesso che l’Italia è il fanalino di coda del mondo in quanto a sviluppo dei videogiochi… e be’, è vero del resto. È bello anche però vedere i risultati – incoraggianti, come in questo caso – di un team che idee ne possiede e riesce a mettere al mondo un prodotto pulito, ben confezionato, con idee brillanti dietro e che merita quindi una certa considerazione. Master of Alchemy è il prodotto di punta di DarkWave Games, uno sviluppatore milanese che ha già fatto uscire il suo pargolo in ambiente iOS (per iPad e iPhone), portandolo in un secondo momento sui nostri amati PC con il sottotitolo L’Ascesa dei Meccanologisti.
Fa uno strano effetto accendere Master of Alchemy, partendo dalla scelta di un alter ego e leggendone il sintetico background; sembra quasi di essere catapultati in un gioco di ruolo steampunk con alchimisti e meccanologisti a combattersi a suon di formule, alambicchi e visioni del mondo distanti anni luce tra loro. Occhio a non prendere un abbaglio, però, perché non di un GdR si tratta quanto di un puzzle game fatto e finito, un rompicapo che vi porterà a spremere ogni grammo di materia grigia, subito dopo aver superato i pochi livelli dedicati all’apprendimento delle meccaniche base. In effetti, dei 60 livelli previsti, solo i primi possono dirsi abbordabili, quasi da risolvere di slancio, a patto… sì, a patto che con il genere abbiate un buon rapporto. Mica tutti hanno la pazienza di osservare uno schermo pieno di elementi astrusi, cercando di non perderci la testa. Ed è bene disporre di acume, logica, colpo d’occhio e un’intuizione non da poco per risolvere uno dopo l’altro decine di enigmi spaccacervello.
Sembra difficile raccapezzarsi… e lo è davvero più spesso che no!
Ogni livello è composto da un intricato labirinto verticale, dove al giocatore è richiesto di riempire serbatoi e cilindri di varie sostanze colorate. Le sostanze gocciolano da una parte dello scenario e occorre riempire l’apposito contenitore sfruttando la struttura del labirinto e alcuni strumenti messi a disposizione di volta in volta. Gli attrezzi del mestiere più comuni sono dei miscelatori che trasformano elementi liquidi in gas o sostanze solide in liquidi, tubi speciali ricurvi che riportano le sostanze gassose in liquidi e vari appoggi (ruotabili) per deviare all’occorrenza le sostanze e dirigerle verso la meta. I primi livelli hanno una curva di difficoltà alquanto dolce, anche perché gli strumenti disponibili sono pochissimi e basta osservare bene lo scenario per intuire la soluzione. Questo nel caso siate portati per i rompicapi, altrimenti potreste anche voler gettare la spugna all’istante, con un irritante senso di frustrazione. D’altro canto è così: i migliori enigmi sono quelli che si risolvono materialmente in fretta, ma che richiedono quell’intuizione – un lampo di genio – per sbrogliare di colpo la matassa. Come al solito, è una questione di gusti e attitudini: Master of Alchemy offre forti scosse di soddisfazione ai fan dell’enigmistica, scoraggiando in fretta chiunque altro. E se anche la prima manciata di sfide può trarre in inganno, la faccenda finisce per complicarsi a dismisura con l’introduzione di nuovi infernali arnesi e con dei rompicapo all’apparenza complicatissimi. Quasi subito entrano in gioco barriere da rompere con sostanze di un certo colore, poi occorre miscelare due colori diversi per ottenerne un terzo e con l’abbondanza di alambicchi, sostegni, miscelatori e diavolerie assortite diventa un’impresa risolvere ogni singolo ostacolo.
Fatto strano, i punteggi più alti si fanno risolvendo un enigma in breve tempo, ma è impossibile farcela al primo tentativo, “obbligando” il giocatore a ripetere un solo livello fino alla perfezione. Per fortuna il tempo è infinito e se non inseguite punteggi stratosferici, potete anche solo concentrarvi sugli enigmi. Il gioco di DarkWave ha un aspetto essenziale ma rifinito al punto giusto… solo è evidente che il gioco funziona di gran lunga meglio su di uno schermo tattile, mentre l’interfaccia PC (con mouse e tastiera) rende la gestione delle cose molto meno immediata e intuitiva, per non dire in buona misura scomoda.