Torchlight II – Recensione

Su Gamesvillage.it ecco la recensione di un Hack’n Slash che non ha bisogno di grandi presentazioni: Torchlight II.

La prima cosa che viene in mente, anche solo dando un rapido sguardo a Torchlight II, è Diablo. È inevitabile. Che il gioco di Runic Games sia derivativo è sempre stato evidente, fin dal capostipite, apparso nel 2009. Mettere però a confronto diretto questo Torchlight II e il terzo Diablo non è che serva troppo, perché di fatto restano molto simili sul piano concettuale ma poi si comportano in modo assai diverso. Con Diablo III il team di sviluppo ha preso le distanze dal predecessore, reinventando un po’ tutto quanto, costringendo il giocatore alla dimensione online e offrendo delle soluzioni di gioco ottimizzate, le aste e una progressione preimpostata dei personaggi. Torchlight II, invece, si avvicina molto più a un Diablo II e rimane di fatto ancorato nelle scelte importanti ai canoni classici della serie, quelli che funzionavano già ai tempi del primo Diablo. Soprattutto, il secondogenito di Runic è una diretta evoluzione della loro prima fatica. Da lì sono partiti; ne hanno amplificato l’esperienza, l’hanno migliorata sotto tutti i punti di vista, l’hanno arricchita, hanno aggiunto il multiplayer e hanno fatto in modo che si sentisse il meno possibile il passare del tempo, dando l’impressione – netta – che si ritorni a Torchlight e che sia tutto maledettamente divertente, ora come allora e persino di più.

Ma se proprio non riusciamo a toglierci dalla testa questa cosa del confronto Diablo III/Torchlight II, ecco tutto quello che si può dire senza costruire un paragone troppo artificioso: il primo funziona solo online, mentre il gioco di Runic funziona come esperienza single player offline, in LAN o in multi online fino a sei giocatori; Diablo III richiede un PC abbastanza potente, mentre Torchlight II gira benissimo, fluido e senza scatti sul mio portatile vecchio di quattro anni. Ah, e il gioco di Runic costa solo 19 Euro su Steam… fin qui non intendo togliere nulla al grandioso Diablo III, per carità, ma non si può negare che il secondo Torchlight si giochi più in scioltezza con ottime opzioni per tutti i palati. Poi ci sono quegli elementi che finiscono nel calderone dei gusti personali.

Si può avvicinare la telecamera per apprezzare i dettagli… le battaglie però diventano troppo caotiche.

Anzitutto, il gioco di Runic utilizza i classici alberi dei talenti per sviluppare una classe, ben tre per ognuna delle quattro disponibili: Berserker, Engineer, Outlander ed Ember Mage. C’è uno spazio di manovra enorme per ottenere eroi diversissimi anche della stessa classe. Per un caso della vita, il ToSo redazionale ed io abbiamo deciso di usare un Ember Mage (che è poi il mago classico con magie di fuoco, ghiaccio ed elettricità). Stessa classe, dicevo, ma abilità e poteri distanti anni luce, il che porta a sfruttare tecniche e manovre assai differenti. Persino giocando assieme in sessioni multi, finiremmo per abbattere orde di creature con stili alternativi… il mio resta il più efficace, sia chiaro, ma non ditelo al ToSo che poi si offende. Poi, dal primo Torchlight torna il “pet”, il cucciolo che ci accompagna per tutte le missioni, assalendo i nemici, portando gli oggetti che non ci servono e tornando rapido in città per svuotare lo zaino e raggranellare qualche soldino senza che si debba interrompere l’esplorazione. Rispetto al primo Torchlight, ora possiamo scegliere tra gatti, cani, pantere, lucertoloni e persino un rapace. Ovviamente, torna il mini gioco della pesca (che Torchlight sarebbe, altrimenti?). Se l’attività non vi ha mai esaltato, niente paura: a questo giro si può usare della dinamite per ottenere le prede in fretta e senza patemi. Sistema a parte, il pescato serve ancora come cibo per il nostro compagno animale; a seconda del pesce, il pet si trasforma in uno dei tanti possibili mostri, in via temporanea o persino permanente. Capita pure di pescare stivali magici, qualche gemma e amenità assortite.

Grazie a un particolare negoziante, si possono fondere oggetti per ricavarne di nuovi. Val sempre la pena fare un salto in città.

In generale, tutto l’impianto di Torchlight II funziona, i comandi sono comodi e c’è solo il rischio di avere sin troppe abilità da attivare (ebbene sì: dieci hotkey possono non bastare per delle “build” che non si specializzano). Bisogna notare che Torchlight II si basa ancora sul consumo massiccio di pozioni per curarsi e per recuperare mana; non è raro che l’eroe si aggiri per luoghi ostili con più di cento pozioni (rosse e blu canoniche) nella borsa. Fidatevi: non sono mai abbastanza, persino a un livello di difficoltà normale. Ah ecco un’altra differenza rispetto a Diablo: qui i quattro livelli di difficoltà sono subito disponibili, liberamente associabili alla modalità Hardcore dove se muori si cancella il file di salvataggio. Da queste parti, abbiamo selezionato un livello “normale” (il secondo gradino, dopo Facile e prima di Veterano), accorgendoci che il gioco pareva facilissimo fin quasi a metà, poi Torchlight II si sfila i guanti di velluto e comincia a dare filo da torcere, anche durante le battaglie contro i mostri più comuni. A volte verrebbe voglia di dare una sistemata ai punti abilità conquistati sin lì, ma è possibile disimpegnare solo gli ultimi tre punti assegnati, pagando un certo personaggio in città. Meglio studiare gli alberi dei talenti con più cura, evitando di cadere nella tentazione di sperimentare con troppe capacità.

Quando si muore appare questa simpatica schermata che offre tre scelte a costo variabile per tornare in azione. Fate la vostra scelta!

Torchlight II eccelle soprattutto nel ritmo e frana decisamente sotto l’aspetto della trama che è sfilacciata, sconclusionata e per lo più incomprensibile. Certo che in un gioco alla Diablo basta che ci puntino verso il bersaglio successivo e va sempre bene, ma una narrazione coinvolgente avrebbe fatto il paio con un’ambientazione parecchio ispirata, tutta da godere. È una fortuna che non sia la storia allora a dettare il ritmo, ma la moltitudine di scoperte, sotto missioni, boss intermedi, livelli nascosti e casse del tesoro disseminate ovunque. Tutto è costruito a regola d’arte per tenere desta l’attenzione e, ancor di più, la voglia di scoprire l’ennesima novità dietro l’angolo e di massacrare ogni avversario con l’ultima abilità acquisita. A favorire il piacere dell’esperienza concorrono una rapida conquista dei livelli d’esperienza e il simpatico pet, cui possiamo affidare una lista della spesa, recuperando pergamene e pozioni in città senza perdere un solo istante di lotte furibonde ed epiche mazzate.