La serie a base di zombie più famosa e amata di sempre è in un certo senso la summa della mania mondiale in fatto di non-morti. Negli ultimi anni le putride creature hanno praticamente banchettato cervelli in una miriade di produzioni e il mondo dei videogiochi, forse più di altri, ne è stato contagiato in maniera endemica. Del resto, da queste parti si respira aria putrida fin dai tempi del primo Resident Evil, che ha praticamente rilanciato il genere, dopo i fortunati esordi a opera di George Romero. Di The Walking Dead praticamene si è detto di tutto, e se la serie a fumetti è ormai assurta a capolavoro, quella televisiva, comunque seguitissima, qualche malumore qua e là lo ha generato. Troppo lenta per alcuni, poco incisiva per altri, rimane comunque un prodotto dal quale è difficile staccarsi dopo la visione di qualche puntata. La terza stagione si è appena conclusa e Activision ha pensato bene di celebrarla con un videogioco d’azione ben distante dall’eccellente avventura firmata Telltale Games. Ma distante parecchio. In tutti i sensi. Pure troppo.
Non che questo Survival Intinct sia nato sotto i migliori auspici, intendiamoci. Forse non ve lo ricordate, ma prima ancora che venisse ufficialmente annunciato, circolò un filmato leaked che mostrava un gioco brutto, ma talmente brutto, da sembrare una mod realizzata da qualche principiante nei ritagli di tempo. “No ma, state tranquilli, quella roba lì è un alpha che abbiamo fatto così, per riderci sopra. Quella sera eravamo ubriachi, ci siamo fatti anche un tattoo con scritto Cocco di Mamma”: queste furono, più o meno, le giustificazioni adottate. Ecco, non so come dirvelo, ma il gioco, quello che trovate ora nei negozi fra un BioShock Infinite e un Tomb Raider è proprio quello. Solo un po’ peggio.
Esagerato, direte voi. Magari sarà che ho giocato la versione più brutta (per inciso, sospetto sia quella PS3, ma non credo che su PC si trasformi in un succedaneo di Crysis 3), ma questa produzione firmata Terminal Reality va al di là del bene e del male. Siamo sinceri, questi ragazzi non ne imbroccano una da tempi immemori: per dire, l’ultimo gioco degno di menzione è BloodRayne 2, anche perché in tempi recenti si sono fatti notare per quel mezzo fiasco di Ghostbuster (non era malaccio, ma nemmeno un capolavoro) e per quell’insulto al buon gusto di Kinect Star Wars (gli Stormtrooper ballerini ficcati a forza in una sorta di Just Dance ancora popolano i miei incubi). Cosa poteva mai venire fuori da una licenza del genere, dopo che sei riuscito a toppare clamorosamente quella di Guerra Stellari? Nulla di buono, potete metterci la firma.
I presupposti di Survival Instinct già non sono il massimo: tocca vestire i panni di Daryl Dixol, il fratello sano della famiglia, in quello che a tutti gli effetti è un prequel del telefilm. Per buona parte del tempo, ovviamente, siamo accompagnati dal nostro adorabile consanguineo, Merle, sempre prodigo di buoni consigli. Non aspettatevi però di trovarvelo come compagno modello Alyx o Elizabeth, visto che al massimo vi darà qualche vago suggerimento sul da farsi via radio. Il gameplay, del resto, non ha alcuna mira qualitativa, essendo in buona sostanza un concentrato di banalità assortite, immerse in un first person shooter dall’inesistente personalità.
Siamo così lontani da un qualcosa di vagamente solido e concreto, che la mente vacilla nel tentativo di trovare anche un singolo aspetto positivo. Già trovarsi di fronte a uno sparatutto dove è sconsigliabile sparare lascia un filo perplessi, ma sarebbe giustificabile se la componente stealth avesse un qualche senso. Peccato che non ce l’abbia, a causa di un’IA senza capo né coda, completamente affidata al caso: gli zombie ogni tanto vi vedono, ogni tanto no; se provate a distrarli con il lancio di una bottiglia o di un bengala, può essere che dal gruppo si stacchi comunque un singolo componente, guidato da una coscienza tutta sua. Lasciamo perdere poi il fatto che non di rado i non-morti saltano fuori dal nulla, costringendovi a uno scontro corpo a corpo dove occorre piazzare un mirino traballante sulla faccia della creatura. E non vi salti in mente di far fuoco o vi ritroverete circondati in un battibaleno.
Ogni missione permette qualche piccola divagazione qua e là, ma l’esplorazione è castrata da livelli concepiti con un editor della Prima Guerra Mondiale. La schematicità degli ambienti è aberrante, ma la cosa peggiore rimane l’aspetto grafico, difficile da giustificare al lancio di PS3, figuriamoci oggi. Texture agghiaccianti, frame rate instabile, risoluzione sub-HD e una sorta di filtro video che blurra tutto completano un quadretto di rara bruttezza. E dire che qualche idea decente, seppur appena abbozzata, c’è: i sopravvissuti salvati possono essere “arruolati” e spediti a fare missioni (tipo la Brotherhood di Assassin’s Creed), peccato che non di rado finiscano per rimanere feriti gravemente o uccisi. In più, gli spostamenti fra un luogo e l’altro costano benzina e se finisce tocca sorbirsi una sequenza di gioco noiosissima: si è infatti costretti a esplorare una piccola zona per trovare le taniche di carburante necessarie per proseguire il viaggio, possibilmente schivando gli zombie per non sprecare munizioni. Alla terza volta, vorresti solo prendere il disco e lanciarlo fuori dalla finestra. Insomma, fossi in voi seguirei l’istinto di sopravvivenza che fa da sottotitolo al gioco ed eviterei anche solo di avvicinarmi a questo evidentissimo errore di programmazione.