Project X Zone – Recensione

Decine di eroi, presi a casaccio dalle serie più disparate, rischiano di confondere le idee. Facciamo chiarezza con la recensione di Gamesvillage.it. O anche no, che fa caldo.

Quando Project X Zone (pronunciato Prògect Cross Zòn) è uscito in Giappone e le prime schermate di gioco apparivano in giro per la rete, mi chiedevo che cavolo di gioco fosse esattamente. Solo una cosa era chiara fin da principio. Project X Zone aveva preso e mescolato i personaggi di tante serie disparate, partorite negli anni da tre scuderie: Capcom, Namco Bandai e Sega. Tutti ‘sti eroi più o meno leggendari si vedevano insieme a combattere orde di nemici per lo più anonimi… e però le illustrazioni dei personaggi erano proprio accattivanti e il tutto era circondato da un alone di mistero, abbastanza intrigante. Ma il genere? Questo è venuto fuori molto dopo e abbiamo dovuto farcene una ragione; Project X Zone è un tattico. Ebbene sì, i passaggi su mappe dove i protagonisti si muovono come su di una scacchiera si sprecano, dando l’impressione che un’attenta pianificazione delle mosse sia importante per sbaragliare i nemici.

Ebbene, quando il gioco è arrivato in redazione in lingua anglosassone, l’impressione si è fatta più forte durante i cinque capitoli di prologo, nei quali compaiono finestre di testo con spiegazioni complicate di attacchi solitari, in gruppo, manovre difensive, parate e contrattacchi. Ma è tutta una roba pressoché inutile e superflua: il gioco è facilissimo e solo giocando a occhi chiusi potrebbe accadere di perdere una battaglia. Il mordente non è il piatto forte di Project X Zone, questo è sicuro. E la cosa più strana è che le meccaniche restano per lo più complicate e criptiche, spingendo – erroneamente – a ritenere che esistano delle sottigliezze e che servano a qualcosa. Invece no. Ma se proprio uno volesse andare a fondo, scoprirebbe che i lottatori entrano in battaglia in coppia, spesso con il supporto di un terzo eroe da assegnare più o meno a piacimento. Quando si designa un bersaglio sulla mappa tattica, i personaggi si trasferiscono nell’arena dove alleati e avversari sono visualizzati come in un picchiaduro 2D. La differenza è che qui non si possono muovere a piacere, ma restano in attesa di semplici comandi per scatenarsi contro un mostro nemico, dispensando calci volanti, bombe, raffiche di mitra, spadate e schiaffoni micidiali. Bello la prima volta, un po’ meno la millesima. Sto forse dicendo che diventa ripetitivo in fretta? Indovinato.

Guarda in HD

E la struttura degli scenari non aiuta a riservare grandi emozioni. Ogni capitolo (e ce ne sono decine) si sviluppa grosso modo alla stessa maniera. Anzitutto irrompono sulla scena un paio di personaggi, poi si aprono portali dimensionali a caso e ne escono mostri o tizi misteriosi, qualche faccia conosciuta o anche tutto insieme. Gli astanti si parlano un bel po’, facendo magari le debite presentazioni e dando l’impressione che esista una trama che funga da collante a quelli che sembrano incontri pretestuosi. Ma tranquilli, è solo un’impressione. Se una storia davvero c’è, si perde il filo molto in fretta e non c’è speranza di riacchiapparlo. Finiti i siparietti di rito, si passa a menare le mani contro i malvagi che hanno rubato una pietra vattelapesca… ma che importa, il bello è distribuire mazzate e senza l’angoscia di perdere uno scontro causa distrazioni. Anzi no, le mazzate sono secondarie, rispetto al piacere (e questa volta è genuino, senza ironia) di incontrare i nostri personaggi preferiti, presi di peso dalle serie Capcom, Sega e Namco Bandai, molti delle quali conosciutissimi anche qui, altri meno purtroppo. Però è una bellezza veder arrivare Sir Arthur sopravanzato dalle musiche di Ghosts ’n’ Goblins, o Chun-Li con l’accompagnamento musicale di quando combatte nella sua arena in Street Fighter. C’è poco da fare… in questi casi ci scappa pure la lacrimuccia. Poi il momento passa e si ripiomba in un tattico senza tattica, in un canovaccio senza trama e, più in generale, in un’esperienza dal ritmo blando, dove mille dialoghi noiosetti si accavallano tra battaglie all’acqua di rose, in cui l’azione su schermo di decine di eroi sembrano confondersi in un pastrocchio di costumi sgargianti, donnine pericolose pesantemente armate e capigliature improbabili.