Se non fosse per il logo durante il breve caricamento iniziale, non avrei mai ricollegato le atmosfere fiabesche di Brothers: A Tale of Two Sons ai suoi autori, quegli stessi Starbreeze che negli ultimi tempi si sono fatti notare più che altro per il discutibile reboot di Syndicate. Difficile dire se la performance del titolo in questione li abbia portati a sperimentare qualcosa di diametralmente opposto, ma se così fosse, sarebbe una grande conquista e una discreta prova di coraggio.
Non capita tutti i giorni di vedere un team, abituato a mettere in piedi produzioni multimilionarie dal grilletto facile, passare cosƬ di botto a una sorta di puzzle game, dove si cerca di emozionare il giocatore attraverso concetti ben distanti dal riempire di proiettili qualsiasi cosa si muova sullo schermo.
Brothers invece ĆØ una sorta di poesia digitale, che porta il giocatore per mano in diverse situazioni, mettendolo a confronto con piccoli enigmi. Fin qua potrebbe sembrare l’ennesimo titolo un po’ ruffiano che tenta di farci emozionare utilizzando qualche sotterfugio atto a giustificare un gameplay non proprio profondissimo. In realtĆ gli sviluppatori hanno avuto l’accortezza di rendere l’esperienza meno banale di quanto si possa credere, grazie a meccaniche semplici ma al contempo galvanizzanti: in pratica, come si può facilmente intuire dal titolo, ci si ritrova a controllare questi due fratelli, i cui movimenti sono legati agli stick analogici del pad, mentre i grilletti ne determinano l’interagire con l’ambiente. L’analogico destro muove il fratello più piccolo, un birbante che non mancherĆ di fare scherzi ad alcuni dei malcapitati NPC, ma che può sfruttare la sua minuta corporatura per passare in luoghi angusti; quello sinistro invece ĆØ legato al fratello maggiore, più accorto e, soprattutto, più forte, tanto da poter agire su leve di grosse dimensioni o aiutare il consanguineo in diverse situazioni.
L’interazione fra i due ĆØ fondamentale per riuscire a superare buona parte degli ostacoli che i game designer hanno inventato per complicarci la vita. Nulla che possa davvero impegnare per più di cinque minuti (e sto esagerando), anche perchĆ© lo scopo di questa produzione non ĆØ certo quella di farvi sbattere la testa contro il muro, semmai vuole raccontare una bella storia e, ancor di più, lo vuole fare con stile.
E direi che l’obiettivo ĆØ stato pienamente centrato. Un irriconoscibile Unreal Engine 3 muove paesaggi realizzati con una grande attenzione ai dettagli, senza incertezza e con una resa globale davvero pregevole. Ottime le ombre, magari non proprio dettagliate, ma almeno utilizzate con criterio, quasi facessero parte del paesaggio stesso in certi frangenti. Pregevolissima la componente musicale, con una colonna sonora alquanto curata, piena di motivi ricercati che si integrano perfettamente con le situazioni che via via andremo ad affrontare.
Il meglio comunque lo riserva il gameplay, perchĆ© se da un lato il controllo dei fratelli può confondere seriamente la nostra povera materia grigia (con questo caldo poi…), dall’altro le meccaniche sono cosƬ ben studiate da assorbirci completamente, senza mai risultare punitive, anche se al contrario di Journey, qua ĆØ possibile morire. Ma come per il capolavoro di Jenova Chen, anche qua vale il detto āil gioco ĆØ bello quando dura pocoā e in effetti mi viene difficile credere che qualcuno possa metterci più di tre ore a completarlo. Però sono tre belle ore, per un titolo XBLA venduto a 1200 Microsoft Points.