Total War: Rome II – Recensione

Rome total War

Ci sono serie che, nonostante durino nel tempo e abbiano raggiunto un cospicuo numero di episodi, non ne vogliono sapere di mollare il colpo e lasciare a più giovani prodotti la strada spianata. Da questo punto di vista, Total War è l’esponente più alto del fenomeno: i titoli di Creative Assembly sono sempre uno step avanti la concorrenza, e anche quando è mancata un po’ di vena ispiratrice, ci siamo comunque trovati di fronte a giochi da leccarsi i baffi di gusto. Rome II – la Storia me ne darà ragione – è il punto più alto raggiunto dalla serie e rapprsenta la sintesi perfetta tra gestione e guerra, tra politica e spada, tra sotterfugio e violenza cieca. Ma andiamo con ordine.

Il menu principale di Total War: Rome II non lascia di certo intuire tutte le novità che, invece, si trovano sotto al cofano. Le opzioni a disposizione, difatti, sono le solite: nuova campagna, partita in multiplayer, scenario storico o battaglia custom. Basta un clic su una di queste, però, per intravedere cosa c’è sotto la crosta in quanto a fazioni e tribù: oltre ai romani (divisi in casate), agli egizi, ai cartaginesi e ai macedoni, Rome II estende la scelta anche agli iceni e agli arverni, oltre alle aggiunte dei tre DLC presenti al lancio (tutti gratuiti per i preorder), che portano il totale a un numero mai visto prima. Manco a dirlo, ogni fazione presenta vantaggi e svantaggi, sia sotto forma di modificatori, sia attraverso peculiarità uniche. Ad esempio, i britannici possono sottomettere le tribù vicine, ma anche stringere con loro rapporti pseudo-federali, qualora il giocatore abbia una sufficiente credibilità diplomatica, sfruttando magari un’invasione nemica che faccia da estemporaneo collante tra le parti. Allo stesso modo, i cartaginesi non solo sfruttano una potenza militare navale senza uguali, ma possono anche assoldare un massiccio numero di mercenari al seguito. Come potete ben intuire, quindi, la scelta della fazione inficia, ora più che mai, tutto l’approccio che si dovrà tenere in partita, subito dopo aver cliccato sul tasto “Gioca”.

A prescindere dal quantitativo di opzioni al via, comunque, quanto è offerto di corposamente nuovo da Rome II riguarda per lo più la parte gestionale, ora importante quanto quella meramente tattica. Il terreno di gioco (quasi tutto compreso nel triangolo Europa, Medio Oriente e Nord Africa) è suddiviso in provincie e regioni, per cui tutte le città sono raggruppate in agglomerati che hanno una capitale specifica. Ciascun dato sulla popolazione ha un impatto sulla regione nel suo insieme: questo significa non solo poter influire militarmente su un territorio debole, ma anche tentare vie più sottili, magari sfruttando una sorta di conquista “intellettuale”, ad esempio a colpi di “meno tasse per tutti”. Le implicazioni commerciali e politiche di un frazionamento territoriale di questo tipo sono notevolmente aumentate rispetto al passato. Per dire, prendere il possesso di un’intera regione concede di emettere editti che offrono bonus a tutto l’impero, senza contare la possibilità di aprire nuove vie commerciali, gestendo la regione stessa come se si trattasse di un’unica entità.

La differenza evidente tra città e capitali, poi, modifica sostanzialmente anche l’approccio bellico. Rispetto al passato, ad esempio, le armi da assedio possono essere usate solo contro le seconde, limitando di molto quello che nei titoli precedenti rappresentava un po’ l’ago sbilanciato del gameplay, visto l’abuso che se ne poteva fare, soprattutto qualora – in pigrizia – si demandava alla CPU la risoluzione automatica degli scontri. Questo non significa che l’assalto a una città non possa passare attraverso opzioni differenti, che si tratti di accerchiarla per affamarla poco alla volta, piuttosto che di sabotare l’esercito nemico o perfino di avvelenarne il cibo. Ogni azione svolta in questo senso porta a conseguenze non solo militari, ma anche politiche. Nel caso dei romani in particolare (ma non solo), spie, ammiragli o generali diventano persone sempre più note in patria per ogni successo portato a casa: un tasso di celebrità che per qualcuno potrebbe risultare fastidioso a tal punto da volere la morte degli interessati, magari attraverso l’innesco di una guerra civile tra casate. Al giocatore, quindi, è demandato il delicato compito di tenere tutto in equilibrio, magari “depotenziando” il personaggio in questione: un generale, per dire, può essere spostato di ruolo o, financo, dato in sposa alla rappresentante di un’altra casata, con tutto quello che ne consegue in quanto ad alleanze politiche. Insomma… Total War: Rome II, dal punto di vista gestionale, non scherza mica e si pone al livello di serie come Civilization o Europa Universalis in quanto a profondità… hai detto niente!

A differenza delle due serie sopracitate, però, Rome II ha dalla sua tutta quella componente RTS che Creative Assembly ha limato poco alla volta, episodio dopo episodio, fino a farla diventare un esempio cristallino per tutti gli altri team di sviluppo alle prese con uno strategico in tempo reale di stampo storico. Da questo punto di vista, i ritocchi sono meno evidenti rispetto all’intervento deciso sulla parte gestionale e amministrativa, anche se gli afecionados della serie non ci metteranno molto a trovare decine (se non centinaia) di piccole modifiche più o meno impattanti. Giusto per fare un paio di esempi, sappiate che le unità a lungo raggio possono esaurire velocemente le munizioni, qualora vengano lanciate in battaglia in modo sprovveduto e reiterato; l’acqua, invece, oppone una resistenza al passo differente a seconda che l’unità si muova a piedi o a cavallo.

Per il resto, la spettacolarità delle battaglie tipica della serie Total War è qui riproposta in maniera sontuosa. Il motore grafico Warscape è stato pesantemente modificato, così da riuscire a mantenere il solito numero folle di soldati sul campo e – al contempo – di aumentare a dismisura il livello di dettaglio. Non che questo sia particolarmente importante, diciamocelo: per quanto mi riguarda, quando sto muovendo decine di unità di qua e di là per lo scenario, l’ultima cosa che mi viene in mente è di zoomare a destra e a manca per osservare quale emblema sia raffigurato su questo o quello scudo. Tuttavia, qualora siate feticisti storici a tal punto da voler verificare con mano ogni singola ricostruzione, sappiate che nulla vi vieta di salvare un replay e rigodervelo a piacere, così da sviscerare non solo il lato tattico della battaglia, ma anche (e proprio) quello meramente visivo. Qualora vogliate invece “sentire” la tensione sul campo, potete passare temporaneamente a una telecamera ad altezza uomo, capace ad esempio di farvi vivere le emozioni di un manipolo di uomini all’interno di una torre d’assalto, in attesa che questa si appoggi alle mura di una città da conquistare.

Quando sul terreno di scontro le cose si fanno difficili e occorre velocità di pensiero e di esecuzione, è necessario che il motore grafico sia snello, più che bello. Questa nuova incarnazione del Warscape ha il pregio di essere fortemente scalabile, così da adattarsi anche a sistemi non di primo pelo, anche se resta consigliabile avere comunque a disposizione hardware un po’ nerboruto, per non soffrire nelle situazioni più congestionate. L’impressione che mi sono fatto è che, più che la scheda video, Rome II metta alla prova la RAM di sistema: diciamo che con 4 GB dovreste giocare decorosamente, ma se ne avete otto è meglio.

Due paroline finali sul multiplayer, presente ma prescindibile, e sulla localizzazione in lingua italiana, che comprende sia lo scritto, sia parte del parlato, ed è stata portata a termine in modo più che decoroso, nonostante qualche errorino qua e là. Singolare (ma condivisibile) la scelta di Creative Assembly di non far più parlare i generali nella loro lingua natia, vista la mole di fazioni e culture presenti. Ce ne faremo una ragione.