Phoenix Wright: Ace Attorney – Dual Destinies – Recensione

Quando ho giocato il primo episodio di Phoenix Wright non avrei scommesso un centesimo sulla prosecuzione della serie, per lo meno in Europa. Non che lo ritenessi un brutto titolo… anzi. È che la formula proposta mi sembrava troppo atipica per far presa al di fuori del Giappone. Ovviamente, l’errore di giudizio è stato pacchiano, altrimenti non saremmo qui a parlare di Dual Destinies e della sua distribuzione su Nintendo 3DS, seppur per la prima volta solo in formato digitale (e, come Ace Attorney Investigations: Miles Edgeworth, pure priva di localizzazione in italiano… mannaggia!).

Ve lo dico subito, così mi tolgo il pensiero. Se siete fan accaniti della serie, buttatevi pure a pesce dentro questa nuova avventura forense fatta di dialoghi, investigazioni e obiezioni. Se, invece, non siete mai stati attratti finora dalla cosa, Dual Destinies non fa proprio nulla per cambiare le carte in tavola, e probabilmente continuerete a giocare ad altro e a ignorare questo nuovo sforzo di casa Capcom. La formula, difatti, è rimasta pressoché la stessa, seppur ritoccata qua e là e impreziosita da qualche nuova presenza. La new entry più importante é Athena Cykes, che si alterna a Phoenix e ad Apollo nel ruolo di avvocato. La giovane (e sbroccatissima) co-protagonista è una fine psicologa, che usa le sue armi non solo per annoiare a morte il ciuffoso Apollo, ma anche per analizzare la mente delle persone. Il suo potere, difatti, si chiama Mood Matrix e viene usato in coppia con un computer per sviscerare fino al midollo le testimonianze, mettendo in evidenza le incongruenze tra i sentimenti provati e gli accadimenti narrati. Il Mood Matrix funziona bene ed è divertente da usare, anche se alla lunga si prendono le misure e si riesce a capire molto più facilmente dove si deve andare a parare.

Detto di Athena, resta comunque Phoenix il protagonista principale di Dual Destinies, che è un po’ quello che tira le file del discorso e decide quando il burattino si deve muovere sulla scena e quando no. Di certo, gli interventi costanti di Athena e Apollo donano al titolo di Capcom una certa varietà, pur rimanendo nei canonici ritmi compassati di quella che è un’avventura grafica a tutti gli effetti (o visual novel interattiva, se preferite), nonostante l’atipicità dell’approccio. È proprio per questo che una certa attenzione nei ritocchi è stata riposta nella fase investigativa, che precede quella processuale e che si svolge al di fuori del tribunale. Una sessione che adesso si svolge in modo più snello e meno frustrante, merito anche del nuovo motore grafico, ora finalmente in 3D. La presenza della terza dimensione non solo permette una maggior precisione nell’esplorazione, ma ha una notevole implicazione anche a livello di direzione artistica: da questo punto di vista, i ragazzi di Capcom hanno fatto un lavoro egregio, mantenendo inalterato lo stile unico della serie, ma ammodernandone il look. Le splendide cutscene, peraltro, non fanno altro che aumentare la percezione di trovarsi di fronte a un balzo netto, tecnico e artistico, rispetto a quanto è stato proprosto finora.

Se vogliamo, l’unico vero difetto è quello citato a inizio recensione, ovvero l’assenza di una versione localizzata in lingua italiana. La distribuzione esclusivamente digitale è – a mio avviso – un falso problema: il target di questo genere di prodotti non è certo il ragazzino quindicenne, che magari non ha la possibilità di mettere sul banco nemmeno una carta di credito pre-pagata. Il fatto che Dual Destinies sia tutto in inglese, invece, rischia di minare seriamente non solo le vendite, ma anche la serena fruizione da parte di coloro che la lingua di Albione non la masticano correttamente. Certo, non serve un fine linguista anglosassone per poter giocare serenamente, ma qualcuno potrebbe scorgere qualche difficoltà di troppo in alcuni frangenti, soprattutto nelle fasi dibattimentali in tribunale.