The Legend of Zelda: A Link Between Worlds – Recensione

Benvenuti nella recensione di uno dei migliori The Legend of Zelda di sempre. Come dite? Mi faccio prendere da facili entusiasmi? Può essere. È che A Link Between Worlds su Nintendo 3DS è proprio una gran bella esperienza, di quelle che ti segnano e che ti fanno pensare che di videogiochi così ce ne vorrebbero davvero di più. A voler ben guardare, il pregio di questo Zelda è quello di aver ripescato a piene mani da uno degli episodi celebri del passato (a mio avviso, forse il migliore) e averlo sì infarcito di cose nuove, ma con il giusto garbo e delicatezza. Il risultato è un videogioco dal sapore retrò, che riesce a strizzare l’occhio ai veterani ma che, al contempo, ammalia i nuovi venuti con soluzioni di gameplay non scontate. Sto esagerando? Andate avanti a leggere.

PASSATO, PRESENTE E FUTURO
A Link Between Worlds è ambientato nello stesso mondo di A Link to the Past, parecchio tempo dopo gli eventi ivi narrati. Chi di voi si è spupazzato il titolo “padre” si troverà subito a casa guardando la mappa e imbattendosi in molti degli altri fatti presenti nel gioco. La familiarità immediata con l’ambiente non deve trarre in inganno: qui le cose da fare sono ben diverse e ci si accorge in fretta di come A Link Between Worlds abbia una personalità tutta sua, che è certo legata a un glorioso passato, ma che pone il videogiocatore di fronte a problematiche differenti da quelle affrontate nel lontano 1992. C’è comunque parecchio da esplorare, così come sono numerosi i dungeon obbligatori e facoltativi che devono essere ripuliti per proseguire con profitto nell’avventura. Dungeon che – quelli sì! – sono stati ridisegnati da zero e offrono una sfida tutt’altro che amichevole, in linea con la difficoltà media di quando i videogiochi erano un affare per pochi e l’asticella era posta un po’ più in alto di oggi.

Esattamente come accadeva in A Link to the Past, anche A Link Between Worlds poggia le basi sul passaggio tra due mondi paralleli, come d’altronde suggerisce abbastanza vistosamente il titolo stesso. Palleggiarsi tra una dimensione e l’altra serve a un sacco di motivi di gameplay che non sto qui a elencarvi per non spoilerarvi nulla, ma che sono intuibili soprattutto da chi si fosse già cimentato con il vecchio episodio. Per spostarsi da un mondo all’altro il nostro Link sfrutta dei sottili varchi che possono essere attraversati trasformandosi in un dipinto, e quindi in una forma bidimensionale capace di muoversi orizzontalmente lungo le pareti, naturali o artificiali poco importa. La mutazione in forma “pittorica” (così come l’uso di alcuni gadget) consuma energia magica, che si ripristina automaticamente nel giro di pochi secondi, non appena Link recupera lo stato carnoso. Questo espediente viene sfruttato in un gran numero di occasioni, soprattutto all’interno dei dungeon, dove le soluzioni di design che ne fanno uso sono spesso geniali e necessitano talvolta di intuizioni non banali da parte di chi tiene in mano la console.

Diversamente dal passato, il nostro amichetto verde ha modo di giostrarsi più liberamente l’esplorazione e l’ordine delle cose da fare. Il colpo di genio che permette a Link di fruire quasi subito di tutti i gadget è la presenza di uno strano venditore di nome Lavio, che nel giro di poco trasforma la casa natale del nostro eroe nella sua bottega personale. Lavio è un simpatico pazzerello, che ci può affittare temporaneamente qualsiasi attrezzatura in cambio di poche rupie. Oppure, a un certo momento, vendercela anche, ma solo previo pagamento di un prezzo per lo più spropositato, soprattutto se si considera che gli stiamo affittando casa in cambio di nulla… maledetto spilorcio! In generale, il ruolo delle rupie in A Link Between Worlds è più centrale che in qualsiasi altro titolo della serie ed è sempre necessario fermarsi due secondi in più per fare i conti, prima di concludere qualsiasi spesa. Va anche detto che il mondo di gioco è sempre prodigo di modi per accumulare rupie, e quindi non capita mai di rimanere inesorabilmente bloccati a causa di un acquisto avventato.

Strana e particolare è la funzione legata a StreetPass. Parlando con un NPC si può decidere di mettere il nostro Link a disposizione di chi avrà la sorte di agganciare col suo 3DS la nostra console. In quel caso il nostro eroe “popperà” nel mondo di gioco del malcapitato (ma anche viceversa… ocio!), con una taglia in rupie sulla testa di quello che è un vero e proprio Link Ombra.

IL SENSO DI LINK PER IL 3D
È necessario fare un discorso a parte sul motore grafico e sulla stereoscopia, che mai come qui assume un senso pratico e non solo estetico. Nonostante la telecamera sia posizionata a volo d’uccello come quella di A Link to the Past, tutto il mondo di A Link Between Worlds è tridimensionale. Il panning della visuale entra in gioco quando ci si trasforma in un dipinto, piazzandosi perpendicolarmente alla superficie di appoggio e seguendo i movimenti di Link fino al loro termine. In tutte queste fasi la funzione 3D dell’handheld di Nintendo ha solo lo scopo di rendere più piacevoli alla vista le esplorazioni e le azioni del nostro eroe, fermo restando che in 2D si gioca comunque benissimo.

In moltissimi dungeon, invece, la stereoscopia ha uno scopo ben preciso ed è di grande aiuto nel tarare i nostri movimenti in relazione agli scenari e ai numerosi pericoli che li popolano. Il level design di A Link Between Worlds spinge parecchio sulla verticalità, proponendo zone su più livelli sovrapposti. Il passaggio da un piano all’altro richiede sovente una certa precisione nella percezione delle distanze, ed ecco che il 3D diventa come d’incanto un ausilio non di poco conto. Nella mia esperienza, per dire, ho quasi sempre tenuto al minimo la levetta della stereoscopia negli ambienti esterni, per poi alzarla con estremo profitto a circa metà della corsa, non appena entravo al chiuso dei dungeon. Certamente, nulla vi vieta di giocare con tutto a manetta o solo in 2D, visto che si tratta comunque di una roba accessoria e quindi non vincolante.

Ultime due righe sulla OST che, come è usanza per la serie, è splendida e ricca di sonorità eccezionali. Peraltro, un sacco di brani e di effetti sonori sono “reprise” di quanto udito su SNES quattro lustri fa. Il lore musicale di Zelda è già commovente di suo, ma risentire nelle orecchie le melodie sopite (ma mai dimenticate) di A Link to the Past è un’esperienza che nessuno dovrebbe lasciarsi sfuggire.