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Scrivere la recensione di un titolo come Dark Souls II non è una passeggiata. Proprio come non lo è stato dedicare due settimane a sputare sangue su un titolo del quale, nonostante un salvataggio di sessanta e passa ore, ho probabilmente grattato superficialmente la scorza, con la polpa ancora da assaggiare. Perché questo è Dark Souls all’ennesima potenza: decisamente più grosso (ma tanto più grosso) e decisamente più incazzato (ma tanto più incazzato). Dark Souls II è peraltro il titolo che chiude in bellezza una generazione lunga otto anni. Per questo motivo era vitale che il gioco di From Software non deludesse le aspettative, come un buon dessert alla fine di un lauto pranzo. Ve lo dico subito, così mi tolgo il pensiero: Dark Souls II è uno dei migliori videogiochi che possiate avere nella vostra ludoteca personale.
MALEDIZIONE!
Il nostro alter ego, ovvero il protagonista di Dark Souls II, è stato colto da una maledizione, che lo ha gettato in quella strana terra di mezzo tra coloro che sono morti e coloro che sono vivi. Per uscire da questa brutta situazione è necessario trovare un re, ben nascosto e protetto da una vagonata di mostri e nemici di ogni tipo. La storia e gli scenari di Dark Souls II non sembrerebbero direttamente collegati con quelli del titolo che lo ha preceduto: nel primo Dark Souls, difatti, ci trovavamo nella Terra degli Dei, mentre qui pare sia quella degli Uomini a fare da teatro alle vicende del protagonista. Uso il condizionale, perché nel gioco ci sono molti indizi che sembrerebbero spingere verso altre ipotesi, ma mi fermo qui per evitare spoiler inopportuni.
A ogni modo, chi conosce la serie di From Software sa che la storia è una componente secondaria. Quello che ha fatto della saga Souls una delle più apprezzate di sempre è il perfetto equilibrio tra il level design sopraffino e i calci nei denti profusi al giocatore come se non ci fosse un domani. Calci nei denti che, in Dark Souls II, sono ancora più dolorosi rispetto a quelli del passato, per via di precise scelte che hanno modificato alcune dinamiche di gioco.
Apparentemente, nelle prime ore Dark Souls II sembra quasi più accessibile rispetto al predecessore. Ad esempio, i falò (ovvero i punti di riposo dove ripristinare l’energia, consentire il respawn dei nemici e svolgere tutta una serie di altre operazioni vitali) sono tutti collegati fin da subito e ci si può spostare rapidamente dall’uno all’altro attraverso un tipico sistema di Quick Travel. E meno male, perché il piccolo borgo di Majula, laddove si giunge dopo meno di mezzora di gioco, funge da centro nevralgico per molte attività ed è quindi necessario tornarci di frequente, fosse anche solo per salire di livello, parlando con un apposito NPC, o per fare una capatina dal fabbro e dare una sistematina all’equipaggiamento. Basta un’occhiata veloce all’inventario (grazie a un’interfaccia decisamente più snella di prima) per accorgersi che sono aumentati gli slot degli oggetti di uso rapido, così come quelli, importantissimi, degli anelli equipaggiabili, che sono saliti da due a quattro. La presenza delle torce, poi, aiuta non poco l’orientamento nelle zone più buie, anche se il loro uso occupa una delle mani del protagonista. Le nuove gemme vitali permettono un recupero progressivo dell’energia e possono essere usate in battaglia senza perdere tutto il tempo necessario a ingerire una Fiaschetta Estus. Infine, il recupero dell’Umanità (che ci fa tornare in forma umana, permettendo il co-op e le evocazioni di altri giocatori in nostro aiuto, e viceversa) non è più legata indissolubilmente ai falò, ma a un oggetto consumabile, droppato da diversi nemici, recuperabile con un po’ di esplorazione o spendendo un congruo numero di Anime presso appositi NPC.

Tuttavia, l’illusione di poter “passeggiare” per le terre di Dark Souls II svanisce presto. Ogni volta che si muore, il massimo dei punti vita a nostra disposizione cala del 10%, fino a un massimo del 50%: una sorta di riproposizione progressiva dello status di non-morto di Demon’s Souls, che può essere tamponato parzialmente solo grazie all’uso di un apposito anello. La rotolata non è più un’ancora di salvezza nelle situazioni disperate, visto che possiamo essere colpiti con violenza anche durante l’animazione. Anche il backstab (ovvero la “fatality” da dietro un nemico) non si fa più con così tanta scioltezza e richiede un timing più stretto e una maggior precisione nell’esecuzione.
Come se non bastasse, From Software ha aumentato ulteriormente la possibilità di venire invasi da altri giocatori: in Dark Souls II, quindi, la forma non-morta non garantisce alcuna immunità, ma si limita a ridurre al minimo le chance che qualcuno entri nella nostra partita. Allo stesso modo, i Patti sono stati integrati ancor di più con l’esperienza online, così che i videogiocatori possano essere evocati in aiuto di altri con maggior frequenza e facilità. Sotto questo punto di vista, Dark Souls II è un titolo unico, capace di rendere trasparente il confine tra esperienza single player e multiplayer come mai era accaduto prima. Certamente, nessuno vi vieta di giocare con la console sconnessa da internet, ma significa perdersi parte dell’esperienza, legata anche alla consueta presenza di messaggi lasciati per terra dagli altri giocatori a nostro uso e consumo, ricordandoci però che il mondo è pieno di buontemponi che non esitano un secondo a indurci all’errore, solo per il gusto di farlo.
IL LONTANO RUMORE DEL FARMING
L’unico aspetto di Dark Souls II che può suscitare qualche perplessità riguarda il limite imposto dai programmatori al farming delle Anime, visto che un nemico sparisce definitivamente dal mondo di gioco dopo una quindicina di volte che lo abbiamo ucciso. Devo ammettere di essere rimasto particolarmente spiazzato da questo tipo di approccio, perché sono tra coloro che hanno affrontato i due precedenti Souls col piglio paziente di chi ovviava alla durezza di certi passaggi col farming estremo di Anime, titaniti e quant’altro potesse tornare utile a migliorare la situazione del mio personaggio, fosse anche solo di poco. Da un lato, il cap sulle uccisioni aumenta ulteriormente (e in modo sano) la tensione dell’errore, perché le Anime perse dopo una morte rischiano di svanire per sempre, se non si riesce a recuperarle tornando al luogo del decesso. Dall’altro, invece, il ventaglio di possibilità in mano al giocatore è più limitato che in passato: in qualche frangente particolarmente ostico, difatti, ho sentito la necessità di upgradare le mie prestazioni con un po’ di sano farming, tuttavia non più liberamente possibile, in particolare dopo che è stata ripulita una zona al punto da poterla attraversare di corsa senza incontrare più nessuno.
Questione di approccio e abitudine – me ne rendo conto – ma avrei comunque preferito poter scegliere con maggiore elasticità come percorrere la mia strada verso la morte. Va detto che, da un certo punto in avanti, si aprono talmente tante strade che non è difficile trovare un luogo dove raccogliere un po’ di Anime, all’occorrenza. Anche i boss sono un filo meno ispirati rispetto al primo Dark Souls, tanto che qualcuno è stato riproposto quasi “pari pari”, in uno strano equilibrio tra l’autocitazionismo e la mancanza di fantasia.

GUARDAMI IN FACCIA!
Dark Souls II, proprio come il suo predecessore, è un titolo che non lascia a bocca aperta per la resa grafica. Nonostante il motore sia stato ritoccato in molti aspetti (resa delle luci su tutti), anche il più cieco dei fanboy è costretto ad ammettere che i ragazzi di From Software potrebbero impegnarsi un po’ di più, da questo punto di vista. Per lo meno, il frame rate è decisamente più stabile e non si assistono a debacle incredibili come quella della Città Infame del primo Dark Souls, dove alla difficoltà del gioco si sommavano le fatiche del motore grafico. La direzione artistica è comunque al massimo e propone scenari evocativi, nemici ben caratterizzati e tante armi e armature finemente tratteggiate. In particolare, alcune zone mostrano davvero come si può ammaliare un giocatore senza avere sotto al cofano un motore da urlo, semplicemente sfruttando le eccellenti capacità di Art Director con attributi giganteschi nel cavallo dei pantaloni.
LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO
Dark Souls II non è un videogioco per tutti, ma d’altronde non lo erano nemmeno Dark Souls e Demon’s Souls. Se siete consapevoli di cosa vi aspetta, allora non dovete esitare nel fare vostro il capolavoro di From Software. Certamente, il limite nel respawn dei nemici potrebbe far storcere il naso a più di qualcuno (a me, a tratti, ha dato un certo fastidio, tocca ammetterlo), ma con l’andare delle ore ci si fa l’abitudine e si riescono a prendere le giuste contromisure; d’altronde, come detto, il mondo di Dark Souls II è talmente enorme che non è raro scoprire qualche angolo dimenticato, dove fermarsi per farmare un po’. Peraltro, lo sviluppo del personaggio sembra decisamente più bilanciato, il che rende un filo meno pressante la sete di Anime: il dual wielding, per dire, rappresenta un’opzione interessante e – più in generale – le classi sono più gestibili senza che si debba spingere troppo verso un parametro, piuttosto che verso un altro.
Dark Souls II è un titolo che vi farà urlare, piangere e gioire. Che vi farà dire parole prima di oggi sconosciute alla vostra bocca. Che vi farà uscire sul balcone nel cuore della notte (con buona pace dei vostri vicini di casa) a gridare la gioia per aver abbattuto un boss che proprio non ne voleva sapere di morire, manco avesse segnato la Nazionale ai Mondiali. Di certo, Dark Souls II rappresenta un modo splendido per chiudere una generazione come quella di PlayStation 3 e Xbox 360, che tanto ci ha divertito negli ultimi otto anni. Ora non resta altro da fare che spulciare Dark Souls II fino al midollo e attendere di vedere cosa combineranno quelli di From Software quando si metteranno al lavoro sui devkit di Xbox One e PlayStation 4.