Recensione – JoJo’s Bizarre Adventure: All Star Battle

Il tempo vola, quando ti diverti. Sono passati otto mesi dall’uscita di JoJo no Kimiyona Boken: All Stars Battle sul nipponico suolo natio, un evento che ha fruttato all’ultimo nato di CyberConnect2 un “Perfect Score” su Famitsu. Solo che, gioco alla mano, non ero rimasto completamente convinto dal prodotto originale all’epoca. Sarà stata colpa, forse, della presentazione che non osava più del dovuto, ancorata a trenta fotogrammi al secondo, oppure della poco convincente modalità campagna, un meccanismo potenzialmente interessante, macchiata però da un’anima oscura basata sul freemium che non ti aspetti. Chissà se l’arrivo in Occidente (col nome di JoJo’s Bizarre Adventure: All Star Battle) avrà giovato ai rissosi membri della famiglia Joestar, in un adattamento che meno di un anno fa pareva infattibile a causa dei nomi “musicofili” di personaggi e stand.

Riguardo quest’ultima questione, si è ben pensato di modificarne qualcuno particolarmente scomodo per non incorrere in spiacevoli problemi legali. Quindi, ad esempio, Polnareff è diventato Jean Pierre Eiffel: siamo sicuri che un certo cantautore francese dormirà sogni tranquilli adesso. Che poi puoi pure chiamare lo stand di Josuke “Shining Diamond” quanto ti pare, ma se questo – colpa/merito dell’audio originale, fortunatamente presente – viene evocato al grido di “Crazy Diamond”, qualcosa non torna. A parte questo è stata introdotta una modalità arcade dove affrontare otto personaggi scelti a caso in sfide contro la CPU, un’ottima aggiunta adatta a garantire rapide sessioni mordi e fuggi a chi, magari, il gioco l’ha rivoltato come un calzino, completando tutto il resto. Ecco… cos’è il resto?

HORA HORA HORA!
JoJo’s Bizarre Adventure: All Star Battle è un picchiaduro a incontri che mette sul ring eroi e cattivi provenienti dal manga di Hiroiko Araki. Un lavoro ben fatto, nonostante la mancanza di profondità (tipica del battle system incontrato nei precedenti titoli su licenza Naruto) potesse generare qualche legittimo dubbio sull’operato di Cyberconnect2. L’azione è quella solita dei picchiaduro bidimensionali, con attacchi speciali dinamici e coreografici che bucano lo schermo, supportati da un sapiente uso del cel shading che esalta il feeling “da fumetto” della produzione.

Oltre al sistema di controllo snello e intuitivo, con tre pulsanti per l’attacco in mischia di forza crescente e uno per il potere speciale (ad esempio l’evocazione dello Stand), è possibile comunque avventurarsi brevemente nella terza dimensione, schivando lateralmente con la pressione di un pulsante o parando un attacco nemico all’ultimo momento, guadagnando così qualche frame di vantaggio da cui far partire la controffensiva, un po’ come succedeva in Garou Mark of the Wolves.

La parte da leone però la fanno le mosse speciali, parecchie e varie, profondamente differenti da personaggio a personaggio, a loro volta suddivisi in portatori di stand, adepti del Sendo (la Via dell’Eremita) o servitori della Maschera di Pietra. La cosa più galvanizzante è osservare come le movenze e le capacità dei vari lottatori siano state implementate nel gioco: Zeppeli che effettua un super salto da seduto, gli attacchi dello stand di Okuyasu che accorciano la distanza dall’avversario o la barriera di vento che avvolge il corpo di Whamoo sono solo alcuni esempi di una straordinaria aderenza al materiale originale, egregiamente integrata nell’ottica del picchiaduro ad incontri.

Tutto questo si traduce in un’irresistibile lettera d’amore per gli appassionati, con una convincente varietà in un roster che sprizza personalità da ogni singolo fotogramma di animazione dei suoi oltre trenta guerrieri. I personaggi più recenti effettuano tecniche differenti o con diverse proprietà, a seconda che lo Stand sia attivo o meno; i guerrieri delle onde concentriche, invece, possono usare la respirazione per potenziare gli attacchi speciali e incrementare rapidamente l’energia con cui scatenare le tecniche finali. Queste sono di due diversi livelli, ovviamente spettacolari e sopratutto varie: si va dalle classiche raffiche di pugni in un tripudio di HORAHORA o MUDAMUDA al tempo che si ferma, arrivando alle nefaste conseguenze del Made in Heaven di Padre Pucci. In questi casi mettere in pausa il gioco, almeno le prime volte, è importantissimo per studiare le capacità di ogni personaggio, puntualmente spiegate nell’apposita sezione.

Il tutto è ambientato in un esiguo numero di arene, piuttosto spoglie graficamente ma per lo meno dotate di apposite zone da tenere d’occhio: effettuando un atterramento nei paraggi partirà una sequenza che culminerà in un attacco imparabile. Fatevi da parte, quindi, se non volete essere investiti dall’auto del senatore Wilson Philips o dai cavalli vampiri sullo Sperone del Teschio!

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Se son botte, fioriranno.

MUDA MUDA MUDA!
Quel che gira attorno alle botte tra stand e superuomini è ugualmente impressionante: Famitsu dichiara che sono state ricreate diecimila pose per gli eccentrici lottatori, direttamente dalle tavole di Araki. Queste possono essere guadagnate, assieme a frasi e onomatopee varie, per personalizzare le pose di vittoria e le provocazioni dei personaggi. Quest’ultimo aspetto è più importante di quello che può sembrare: provate a atterrare l’avversario e prendetelo per i fondelli per svuotare parte della sua Heart Gauge… Ryuko no Ken docet! Le personalizzazioni possono essere sfoggiate nelle modalità Versus, Arcade (esclusiva occidentale, come dicevamo all’inizio) e nella famigerata campagna, quella che ha fatto storcere il naso ai nostri amici nipponici. Si gioca online, con la PS3 che cerca il nostro prossimo sfidante. Questo può essere l’avatar di uno degli altri giocatori o un boss, che deve essere affrontato più volte per azzerarne progressivamente i punti ferita. In palio medaglie per sbloccare le pose di cui sopra, ma anche tanti costumi alternativi. Il problema è che per compiere queste azioni si consumano le dieci “cariche” a disposizione, rappresentate da una batteria nella parte alta dello schermo. Una singola unità di energia viene consumata ad ogni combattimento, mentre approfittare dei servigi dei vari personaggi (che spuntano casualmente prima di ogni scontro) costa solitamente “tacche” extra, rigenerabili una alla volta dopo venti minuti. Dopodiché si passa ad altro, o si usano appositi consumabili acquistabili sul PSN per ricaricare rapidamente l’indicatore.

Questo succedeva in Giappone durante la prima settimana, nella quale CyberConnect2 è stata bersaglio di una feroce polemica, corroborata dalle critiche riguardo alcune combo infinite particolarmente semplici da eseguire. La softco, va detto, si è data da fare immediatamente con un aggiornamento che ha ridotto drasticamente il tempo di attesa, regalando nel frattempo il personaggio di Pannacotta Fugo per farsi perdonare. In Italia Fugo probabilmente ce lo faranno pagare con la prossima infornata di DLC, ma per lo meno ogni unità dell’indicatore ora si rigenera in un paio di minuti, solitamente il tempo necessario per combattere un incontro. È quindi molto difficile rimanere a secco, e nell’eventualità basta accomodarsi un attimo davanti alle altre modalità per poi tornare a grindare boss su boss alla ricerca di quel costume fichissimo che sta da Dio (Brando) addosso a Jotaro.

TUTTO IL RESTO
La modalità storia rimane una pizza assurda, purtroppo. È l’unico modo per sbloccare tutti i personaggi e quindi va affrontata per forza, ma lascia davvero l’amaro in bocca. Si stratta di una manciata di incontri, inframmezzati da righe di testo durante il caricamento che dovrebbero in teoria ripercorrere gli archi narrativi delle sette serie, ma che in pratica deludono sia l’appassionato che il neofita, quello che magari vorrebbe conoscere la trama del manga, giocando. È spiazzante vedere che lo scontro tra Jotaro e Abdul si svolge tra le strade del Cairo invece che in prigione, stessa cosa per il combattimento tra l’indovino e Poln… Eiffel, che dovrebbe avvenire al Tiger Balm Garden di Hong Kong. Peggio ancora va alla sesta serie, riassunta in maniera sconcertante da tre combattimenti tra Joline e Pucci. Colpa dell’esiguo numero di fondali delle scelte fatte nel roster, che hanno inevitabilmente favorito alcune serie (principalmente la terza, la quarta e la quinta) a discapito di altre. A ogni modo, non ci sono scuse sufficienti per salvare questa modalità: piatta, priva di longevità e messa lì tanto per fare numero.

In ogni scontro ci sono degli obiettivi da compiere per riproporre teoricamente quello che avviene nel manga, come ad esempio usare la spada di Bruford nello scontro tra Jonathan e Dio, che frutteranno oro extra, utile per sbloccare modelli 3D, schizzi preparatori e quant’altro nella galleria. Nelle prossime settimane ci aspettano campagne extra con in palio costumi e personalizzazioni nuove, nonché gli immancabili personaggi DLC, che porteranno sui ring alcuni amatissimi personaggi come Joseph Joestar anziano, Vanilla Ice e addirittura Baoh, tostissimo guerriero proveniente dal passato di Araki (che farà la gioia degli otaku italiani della prima ora, formati ‘anta anni fa sulle pagine della compianta Zero di Granata Press). Ah, e ci sarà anche Lisa Lisa che – sorpresa – non si utilizza come la Rose di Street Fighter Zero, mancando clamorosamente la possibilità di piazzare un in-joke servito su piatto d’argento, bensì come una versione “fatta bene” della Angel di KoF 2001. Vedrete…