Enemy Front – Recensione

A guardare la lunga serie di FPS realizzati da CI Games – ex City Interactive – c’è quasi da rimanere ammirati, prima ancora che innervositi per la qualità medio bassa di molte produzioni. Da Code of Honour (addirittura tre capitoli) a Terrorist Takedown, da Sniper: Art of Victory all’aeronautico Combat Wings, non c’è momento degli ultimi dieci anni in cui il publisher e sviluppatore polacco non abbia sfornato un action bellico d’imitazione, mai eccelso ma comunque in grado di tenere in salute l’azienda produttrice, in virtù di bassi budget, riciclo disinvolto di materiale già adoperato e tanta, simpatica spudoratezza. In realtà la storia è più complessa, visto che la casa si è tenuta in attività su un genere diverso come le avventure grafiche, talvolta con discreti risultati, e oggi si appresta a sfornare un ambizioso Action RPG (Lords of The Fallen).

Tuttavia, anche titoli recenti come i due Sniper: Ghost Warrior e il fantascientifico Alien Rage fanno parte di una formula produttiva più ambiziosa ma comunque fondata sulle stesse prerogative, con piccole varianti al genere action in assoluto più diffuso. La fattura dei prodotti non è stata nemmeno deprecabile, in questi ultimi casi, ma CI Games non ha compiuto il salto definitivo sul piano della qualità, lasciando rifiniture e dettagli in balia delle critiche più smaliziate. Sfortunatamente, la storia si ripete con Enemy Front.

In riferimento ai proclami dello sviluppatore, tendo a dare un significato più complesso alla definizione di “livello aperto” (o addirittura “open world”, come il titolo veniva presentato tempo fa), rispetto alla semplice presenza di una mappa relativamente vasta, oltretutto avara di elementi interattivi. Enemy Front ci scaglia in una serie di scenari dell’Europa della Seconda Guerra Mondiale (nello specifico Francia, Polonia, Germania e Norvegia), con l’obiettivo finale posto all’altro capo dell’ambientazione e alcuni compiti da espletare lungo il percorso, talvolta in forma facoltativa, dall’uccisione di ufficiali al sabotaggio di veicoli e strumentazioni naziste, passando per la difesa di civili a rischio fucilazione. Il ché, intendiamoci, non costituisce di per sé uno schema di gioco deprecabile, anche perché armi e mappe permettono l’uso di diversi approcci: sfruttando la conformazione dello scenario, tra edifici sventrati, campagne, piccoli paesi e isolati contesti urbani (Varsavia, ad esempio), è possibile colpire da lontano con fucili da cecchino, utilizzare la potenza di mitragliatrici e fucili (due slot, più uno per la pistola) per farsi largo fino alla fine del livello, oppure procedere silenziosi per eliminare cautamente i nemici, con un’apposita barra a segnalare la nostra visibilità e un comando per trascinare i corpi.

A tratti il gioco sembra pure bello. Sembra, appunto.
A tratti il gioco sembra pure bello. Sembra, appunto.

I problemi di Enemy Front non provengono nemmeno dalla mancanza di vera innovazione, bensì dalla scarsa profondità con cui i vari elementi sono stati concepiti, a cominciare da una trama seriosa ma inverosimile: il protagonista è un reporter americano, Robert Hawkins, incredibilmente capace di sbaragliare da solo interi reparti dell’esercito nazista, e la sua storia viene narrata attraverso dialoghi colmi di retorica e ovvietà, tra una missione e l’altra, all’interno di filmati in bassa risoluzione. Dal canto suo, il gameplay avrebbe potuto mettere in secondo piano gli aspetti narrativi, se solo avesse ricevuto maggiore attenzione: è irragionevolmente impossibile, ad esempio, portarsi dietro da un livello all’altro l’utilissima pistola Welrod, mentre il binocolo permette di segnare su HUD/minimappa i nemici ma non i pezzi di equipaggiamento, tra esplosivi, lanciamissili e la suddetta pistola silenziata, inficiando la possibilità di elaborare strategie un filo più fantasiose.

Non aiutano le intelligenze artificiali, davvero troppo facili da aggirare, e nemmeno la struttura delle ambientazioni, che risultano discretamente varie nelle aree più vaste ma comunque interessate da costrizioni e rigide “incanalature”. Completano il quadro un uso dignitoso ma decisamente sottotono del CryEngine 3, uno scenario bonus privo di gran significato e tre modeste modalità multiplayer: accanto a deathmatch individuali e a squadre, troviamo regole un filo più elaborate in “Trasmissione Radio”, dove il dominio di piccole aree equivale alla conquista di informazioni nemiche e al loro invio ai rispettivi comandi; peccato che le tre mappe siano troppo piccole e i dodici giocatori troppo pochi, per dar vita a partite interessanti.