Wasteland 2 – Recensione

Sarà un grande ritorno per i giochi di ruolo vecchio stile, o almeno così si augura Brian Fargo. Dopo aver racimolato circa tre milioni di dollari per creare un seguito del celebre Wasteland grazie al sempre presente Kickstarter, con la la sua etichetta ineXile ha ben pensato di bissare il successo con il ritorno del pluripremiato Torment. Perché Brian può: è il fondatore di Interplay, softco che – sempre sia lodata – ha donato in passato innumerevoli notti insonni agli appassionati di RPG. Proprio Wasteland arrivò come un fulmine a ciel sereno in un 1988 in cui draghi, goblin e orchi parevano essere un denominatore obbligatorio per la produzione ruolistica di allora, dominata dai seguiti di Ultima e Bard’s Tale. Cinque lustri dopo, Brian ci riprova assieme al suo team, nonostante il tema postatomico sia stato abbondantemente sdoganato e sfruttato da Fallout, saga che, ironicamente, deve buona parte della sua ispirazione allo stesso Wasteland…

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Siamo alla fine del ventesimo secolo…

Due cose colpiscono immediatamente appena lanciato il gioco. La prima è l’aspetto grafico, che definire funzionale è quantomeno eufemistico. Sì, si tratta di un titolo di nicchia, lontano dai riflettori e dai budget di produzioni a tripla A, e sì, il deserto postatomico dell’Arizona e dintorni non è famoso per i suoi lussureggianti panorami, tuttavia quello che stona non si limita a una cosmesi sgangherata. La telecamera, per esempio, può solo ruotare e ingrandire la visuale senza inclinarne l’angolo, rendendo le scorribande in luoghi chiusi più ardue del necessario, mentre il riciclo a oltranza degli stessi modelli per taglia gole e predoni vari rischia di venire presto a noia, per tacere di una varietà delle texture piuttosto scarna.
[quotedx]Il riciclo a oltranza degli stessi modelli (…) rischia di venire presto a noia[/quotedx]
Ma si passa presto oltre, considerando che poi, alla fine, l’appassionato che giocava l’originale Wasteland nel 1988 non si sarebbe perso comunque questo appuntamento per un look non proprio tirato a lucido, nossignore. Lui si aspetta lo stesso appassionante background a base di deserti radioattivi e polverosi Desert Ranger alla ricerca di torti da raddrizzare, e non resterà deluso. Con grande gioia, la seconda cosa che colpisce duro, stavolta lì nei sentimenti, è l’aderenza al mondo originale, rivisitato e ampliato. Fatevi un giro nella location iniziale (a proposito, raccogliete quella vanga immediatamente) e potrete reclutare nel vostro party Angela Deth, uno dei quattro personaggi disponibili all’inizio del Wasteland originale. Quattro passi nel deserto e si raggiungono Highpool e il Centro Agricolo, luoghi familiari per i vegliardi, ma con problemi nuovi di zecca, tra vecchi volti e nuove conoscenze, in un’avventura particolarmente godibile sia per i ranger veterani che per i novellini.

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Who run Bartertown?

Come allora ci ritroveremo al comando di quattro Ranger (ok, apprendisti Ranger stavolta, l’ingresso nella base ce la dovremo guadagnare sul campo), da scegliere da una rosa di brutti ceffi preconfezionati o da creare personalmente uno a uno. I fanatici di punteggi e statistiche si sentiranno invitati a nozze, soppesando e ponderando per bene come e dove investire i punti disponibili tra attributi e abilità: i primi influenzeranno una serie di parametri come il peso trasportato, la precisione o l’iniziativa durante i combattimenti, mentre le abilità sono tante e spaziano dalla padronanza con determinati tipi di arma alla possibilità di tirarsi fuori dai guai con una parlantina da smargiasso, arrivando a cose assurde come la riparazione dei tostapane!

Come sempre, essere un tuttofare non è la scelta consigliata ma, anzi, conviene specializzarsi in una manciata di vocazioni per essere pronti alle situazioni più difficili, magari sperando di compensare le lacune ammettendo nel party fino a tre NPC, da incontrare strada facendo. Wasteland 2 è appassionante, nonostante le premesse iniziali sappiano decisamente di già visto. È il classico gioco di ruolo vecchio stile che ti prende facendoti fare le ore piccole, soppesando le parole nei dialoghi ed esplorando con prudenza ogni angolo alla ricerca di rifornimenti (occhio all’acqua mentre vi avventurate tra un luogo e l’altro), grazie ai quali avere una possibilità nel deserto radioattivo, possibilmente con l’abilità percezione sempre attiva. È inoltre interessante lo svolgimento dinamico delle quest: non potendo essere in più città contemporaneamente, spesso scegliere dove andare influenzerà gli eventi in un’altra location, con le conseguenze trasmesse dalla sempre presente radio, strumento indispensabile – tra l’altro – per salire di livello attraverso promozioni sul campo.
[quotesx]la traduzione italiana allo stato attuale risulta piuttosto carente[/quotesx]
I combattimenti sono sempre piacevoli e remunerativi, da affrontare con l’abusatissimo ma alquanto gradevole sistema a turni tra punti azione, coperture e overwatch come Gollop insegna (specie abbandonando la sicurezza dei livelli di difficoltà più bassi). La mole di testo, tra descrizioni e dialoghi, farà felice gli avventurieri di una volta: nelle conversazioni è addirittura possibile inserire input testuali, non limitandoci dunque agli argomenti evidenziati dal gioco, un po’ come avveniva in Ultima VI. Sotto questo aspetto, però, la traduzione italiana allo stato attuale è piuttosto carente, con strafalcioni da antologia che danno il meglio del peggio specialmente nel testo descrittivo, sempre in basso a destra. A questo si aggiungono purtroppo dei dialoghi incompleti, con template racchiusi tra parentesi quadre in attesa di qualche traduttore ritardatario. A onor del vero va anche detto che, allo stato attuale, il gioco presenta qualche bug fastidioso.

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Tralasciando i classici ritorni al desktop, fortunatamente molto rari durante le mie sessioni, mi sono imbruttito mentre cercavo di salvare un NPC pensando fuori dagli schemi, usando una delle mie abilità al posto dell’iter deciso dai programmatori. Come risultato, ho liberato il personaggio che mi ha giurato fedeltà, salvo sparire nel nulla e lasciarmi la sua quest ancora attiva nel diario, ma non più completabile per motivi su cui glisso per non spoilerare. Una patch in più da pubblicare in futuro, anche considerando che il gioco girava un pelo meglio nella beta, e le lamentele stanno già cominciando ad accumularsi sulla porta di inXile. Diciamo che in una ipotetica royal rumble tra giochi di ruolo rinati e alimentati dall’amore di Kickstarter, Original Sin surclassa Wasteland 2 senza problemi. Il nuovo virgulto di Brian Fargo tiene fede al suo nome facendo bene molte cose, senza però osare più di tanto, accoppiando a una resa tecnica appena discreta dei problemi di giovinezza da risolvere il prima possibile, mantenendo, tuttavia, piacevole e avvincente l’esplorazione dell’America post nucleare, così come lo era nel 1988.