Dark Souls 2 The Lost Crowns: Crown of the Ivory King – Recensione

Un’enorme distesa di neve ci avvolge nel suo candido splendore, sullo sfondo un minaccioso e antico castello crea uno scenario ricco di fascino e mistero, mentre un portone di ferro lavorato indica al nostro non morto la via da seguire. Una piccola spinta e l’ingresso cede, una modesta scalinata in pietra si rivela e, dopo un paio di gradini, un’altra e ben più familiare visione riempie le nostre retine: siamo giunti al primo falò. Fiocchi di neve galleggiano ora nell’aria, tutto tace e il mondo di Crown of the Ivory King sembra stranamente imprigionato sotto una cupola rassicurante e ovattata. Altri pochi passi in direzione della cinta esterna però, e un boato scuote i nostri cuori: un fascio di luce colpisce l’ingresso del castello e una manciata di giganteschi rami ghiacciati sventrano le vecchie mura. Non resta altro da fare che respirare profondamente, ignorare una soave voce che ci invita a desistere e varcare la soglia appena svelatasi, così da dare il via a questa nuova (e forse ultima) epopea “all’insegna della gioia e del dolore”.

[player 01yzutpix2qq69]

Dopo aver affrontato cavalieri velenosi, percorso strade apparentemente irraggiungibili, sconfitto demoni esplosivi e ripristinato antichi ingranaggi è dunque giunto il momento di mettere le mani sulla quarta corona, per poi recarsi da Vendrick e ottenere la giusta ricompensa per gli immani sforzi fin qui profusi.

Al contrario dei precedenti DLC, il regno innevato legato al contenuto aggiuntivo di Dark Souls 2, Crown of the Ivory King, non necessita di un preciso falò primordiale per essere raggiunto. Questa volta, infatti, è sufficiente recarsi al Santuario d’Inverno e interagire con l’immancabile altare. Ad attenderci, come da tradizione, c’è un ambiente misterioso e ostile, ma le lande che circondano Elyum Loyce si distinguono anche per un altra peculiarità: sono in grado di trasmettere un senso di desolazione a tratti disarmante.

La visibilità è messa di sovente in ginocchio da continue bufere di neve, i suoni sono sempre ovattati e le sagome ghiacciate dei cavalieri, un tempo a difesa del vecchio castello, sembrano appartenere a un’antica era passata. Le solite strutture chiuse, intervallate da cunicoli e passaggi vari, non rappresentano più la totalità delle ambientazioni disponibili e spesso ci viene chiesto di esplorare ampi spiazzali all’aperto o di sopravvivere, addirittura, in un’enorme distesa ghiacciata.

dark souls 2 crown of the ivory king 01Queste novità, come è facilmente intuibile, incrementano il senso di angoscia e pericolo provato dal giocatore e, fortunatamente, modificano anche le meccaniche prettamente ludiche. Per recuperare i tanti oggetti dislocati sapientemente all’interno del mondo di gioco, ad esempio, non basta più il solito occhio vigile, ma occorre anche un notevole coraggio. Senza poter scorgere pienamente la conformazione dell’ambiente circostante, il solo esplorare diviene di fatto una pratica dannatamente pericolosa, e il rischio di cadere vittima di imboscate a dir poco infami o, peggio ancora, mettere un piede in fallo e precipitare così verso un’ingiusta morte, è sempre elevatissimo.

[quotedx]”L’occhio riposato intorno mossi, dritto levato, e fiso riguardai per conoscer lo loco dov’io fossi” – Inferno, Canto IV[/quotedx]Crown of the Ivory King, quindi, tiene il giocatore sempre sul filo del rasoio, offre ambientazioni evocative, si distingue per un level design davvero ottimo e propone anche qualche altra inaspettata novità. Senza addentraci troppo nel dettaglio, giusto per non rovinare al provetto guerriero che risiede in voi il gusto della scoperta, sappiate che alcune aree iniziali (e tantissimi bauli) diverranno accessibili solo dopo aver sconfitto una certa creatura, mentre nel corso delle sei ore necessarie per terminare Crown of the Ivory King si dovrà prestare attenzione al ritrovamento di particolari NPC. Il reclutamento di questi ultimi riveste un ruolo di primaria importanza: senza l’aiuto delle vecchie guardie del Re è infatti impossibile superare l’estenuante battaglia che si svolge subito prima dell’incontro con il boss finale. All’appello non mancano ovviamente nuove armature e armi “particolari”, sempre in grado di far la felicità dei guerrieri più curiosi, mentre i tre boss presenti (di cui uno, come al solito, assolutamente opzionale) continuano a non brillare per originalità.

Quest’ultimo frammento di Dark Souls 2 chiude dunque in grande stile l’ultima epopea di From Software, introducendo nuove e interessanti meccaniche, alzando l’asticella del dolore e – soprattutto – proponendo un’ambientazione capace di imprigionare fra i suoi ghiacci ogni avventuriero degno di tal nome.