Da sempre le software house finiscono per produrre spin-off dalla natura più o meno varia, derivante dai loro franchise di maggiore successo. Nel caso dell’industria giapponese, quasi sempre l’origine di queste variazioni sul tema sono legate al mondo delle console portatili o, da qualche anno, a titoli per il mercato dei browser game o per piattaforme mobili.
Square Enix ne ha fatto un vero e proprio business secondario che imperterrito continua, anno dopo anno, a proporre marchi come Final Fantasy, Kingdom Hearts, Bravely Default a un’utenza di giocatori occasionali, nella vana speranza di attrarli ai titoli per home console e portatili così da allargare il proprio bacino d’utenza. Atlus dal canto suo ha visto straripare il macro universo della serie Shin Megami Tensei in declinazioni dalle più sfaccettate nature. MMORPG, mostri collezionabili, serie RPG stand-alone e una diversificazione dell’offerta ludica tale da poter abbracciare qualsiasi sotto genere anche solo lontanamente ricollegabile all’estetica burlesque e gotico-citazionista di Kazuma Kaneko e soci, potendo contare soprattutto sull’inaspettato quanto giustificatissimo successo di Persona 4 e del suo fortunato predecessore.
In tal senso non stupisce che Atlus, oggi proprietà di Sega, abbia rilanciato il brand Persona distanziandolo con grande forza dalle atmosfere lugubreggianti e quasi orrorifiche della serie madre, affidandone la direzione artistica e la promozione internazionale al trittico Shigenori Soejima (character designer), Shoji Meguro (compositore) e Katsuro Hashino (director), di ritorno anche nell’attesissimo quinto episodio in arrivo su PS3 e PS4. Persona 4 Arena Ultimax è il secondo episodio dello spin-off “picchiaduristico” di Persona 4 e Persona 3, sviluppato da Arc System Works, team nipponico già noto ai fan dei combattimenti bidimensionali per aver dato i natali a marchi come BlazBlue e Guilty Gear. Ovviamente la trasposizione di un RPG in picchiaduro dava per scontato che il prodotto finale riuscisse a mantenere la freschezza narrativa dell’universo di riferimento accompagnando il tutto a tecnicismi e meccaniche più propriamente action, ed è innegabile che l’esito sia stato più che convincente sotto diversi profili. Persona 4 Arena proponeva una narrativa preponderante, continuazione di quella storia raccontata in Persona 4 su PS2 e arricchita dal ritorno di diversi volti dal cast di Persona 3, visibilmente cresciuti e pronti a far battere il cuore degli appassionati.
[quotedx]Persona 4 Arena Ultimax segue i binari del fan service già conosciuti nel predecessore[/quotedx]
Persona 4 Arena Ultimax segue i binari del fan service già conosciuti nel predecessore, aggiungendo alla mischia di protagonisti altri illustri ritorni, come Junpei Iori, comic relief vivente di Persona 3, o Yukari Takeba, amica confidente nonché power ranger rosa votata all’attacco a distanza grazie al suo fido arco in tinta. La lista di aggiunte sul fronte del cast non finisce qui, considerando anche come il titolo – grazie a un virata inaspettata – riesca a inserire nella continuità narrativa gli eventi narrati in Persona 4 The Golden, ri-edizione del quarto episodio della serie RPG in esclusiva per PS Vita, al quale Arena Ultimax si affida per giustificare la presenza di volti vecchi e nuovi.
Il dipanarsi dello story mode non è tuttavia affidato a scontri suddivisi in singoli campagne ricalcate su ogni eroe, come nel predecessore, ma suddiviso in due binari che permettono di seguire le vicende legate ai protagonisti di Persona 3 o 4. Questa scelta mi è sembrata molto indicata, considerando anche come gran parte delle campagne personaggio-centriche del predecessore finissero spesso per intrecciarsi. La sensazione di star perdendo tempo ripercorrendo eventi già conosciuti è stata quindi eliminata, con il risultato di una maggiore coesione della sceneggiatura. Dialoghi ed eventi sono così raccontati in verbosi box-testo ricalcando il modello delle sempre più popolari visual novel, con artwork bidimensionali a rappresentare i personaggi e qualche sequenza animata qua e là atta a conferire maggiore pathos agli eventi più importanti.
Arc System Works ha inoltre pensato di offrire l’opportunità di seguire la storia narrata in Arena Ultimax ai meno pratici del genere picchiaduro, proponendo la possibilità di automatizzare la progressione del gioco per poter godersi l’intreccio in santa pace, un tocco di classe che non passerà sicuramente inosservato ai cultori della serie d’origine, malgrado la qualità generale della storia sia opinabile e fin troppo basata su tutti quei tipici luoghi comuni che J-RPG e narrativa giapponese in generale ci hanno letteralmente obbligato a ingoiare a fatica negli ultimi anni. L’amicizia ci farà vincere. Ok, comprendo l’importanza dei rapporti umani, ma tentare un approccio un po’ diverso dal solito non sarebbe male, dopotutto.
E in tal senso Persona 5 dovrebbe rispondere alle nostre esigenze… forse. Pad alla mano, il picchiaduro riprende le meccaniche già conosciute nel predecessore, proponendo un ritmo d’azione serrato, integrazione di elementi J-RPG all’interno delle battaglie – come gli status alterati – e la possibilità, per ogni personaggio, di evocare sul campo di battaglia il proprio Persona, emanazione antropomorfa del proprio essere sotto forma di demone elementale. L’effetto finale ricorda un po’ il picchiaduro 2D di Capcom dedicato alla serie manga JoJo’s Bizarre Adventure visto nel 2000 su PlayStation One e Dreamcast, ma le logiche tipicamente improntate sulla concatenazione di colpi ad alta velocità dei titoli Arc System Works e l’estetica tirata a lucido voluti da Soejima, che gioca sul contrasto fra ciano, giallo e rosso, conferiscono alla produzione un’identità tale da riuscire a distaccarsi senza tanta difficoltà dai precedenti prodotti curati dallo sviluppatore giapponese.
Da Arena torna anche il sistema di combo facilitato che permette, premendo un solo pulsante, di inanellare colpi su colpi portando su schermo momenti altamente coreografici, sebbene gli inesperti non possano pensare minimamente di concludere un combattimento contro un avversario con esperienza seguendo questo iter. Per gli amanti delle sfide impegnative e degli azzardi, gran parte del cast di combattenti può ora contare su una versione “oscura”, incapace di evocare il proprio Persona, ma dotata di parametri offensivi molto più alti, combo facilitate differenti e la capacità di usare abilità speciali senza il limite normalmente imposto dalla barra SP.
Il gameplay è solido e caratterizzato da un buon numero di personaggi (tre ulteriori combattenti sono già disponibili come DLC a pagamento, nonostante due siano stati offerti gratuitamente agli early adopter giapponesi e americani) dotati di mosse uniche e approcci di utilizzo talmente differenti da dover richiedere un buon numero di ore di gioco prima di essere in grado di assimilare le possibilità offerte dal ventaglio di protagonisti e relativi varianti oscure. La caratterizzazione del moveset di ogni personaggio è talmente ben fatta che è praticamente impossibile non trovare un combattente che si adatti al proprio stile di gioco.
[quotesx]L’edizione europea non presenta alcun tipo di localizzazione del verboso story mode[/quotesx]
Oltre alle proverbiali modalità arcade, storia, time attack, e una ricca sezione introduttiva dedicata a chiunque desiderasse cimentarsi in lezioni mirate per spolpare al meglio i meccanismi del picchiaduro, fa la sua comparsa anche un’inedita Golden Arena. Tramite questa opzione è possibile scontrarsi con file di avversari, potendo al contempo migliorare il proprio gladiatore post-moderno proprio come se fosse un J-RPG, con tanto di livelli, abilità equipaggiabili e punti statistici da assegnare. Ovviamente tutte le modalità a giocatore singolo prevedono classifiche su scala mondiale, sulle quali confrontarsi con i giocatori più virtuosi di Persona 4 Arena Ultimax.
Il lato tecnico della produzione può contare su una direzione artistica d’autore, dominata – come citato in precedenza – da forti contrasti cromatici e impreziosita da illustrazioni bidimensionali in alta risoluzione che presentano in tutto il loro carisma il gruppetto di adolescenti caratterizzati dall’abile penna di Shigenori Soejima. La pixel art che mette in scena i combattimenti, dal canto suo, rimane su ottimi livelli, potendo essere assimilabile a quella vista nella serie BlazBlue, titolo al quale Persona 4 Arena Ultimax e il suo illustre predecessore devono diverse scelte stilistiche e ludiche. Il commento sonoro è in gran parte tratto da Persona 3 e 4, con nuovi arrangiamenti di alcuni dei brani più amati dagli appassionati e composti da Shoji Meguro, abilmente adattati al ritmo al cardiopalma delle battaglie tutte combo e counter.
L’edizione europea non solo non presenta alcun tipo di localizzazione del verboso story mode, ma non implementa l’ormai sdoganatissima doppia traccia audio. In realtà la lingua giapponese è selezionabile, sì, ma solo per le battaglie, con il risultato che durante le fasi di dialogo i personaggi parlano in inglese, mentre sul campo di battaglia si trasformano in moderni samurai. Non è chiaro il motivo di questa scelta, che inevitabilmente va a ledere l’identità di un prodotto così spiccatamente nipponico, soprattutto nell’ottica di un mercato che si sta sempre più aprendo al doppiaggio giapponese nell’ambito dei titoli dall’estetica manga. Da notare, inoltre, come questo sia l’unico episodio della serie Persona a non vedere localizzato il nome di Kuma in Teddie nell’introduzione animata iniziale, come invece è stato fatto per quella di Persona 4 The Golden. Quando si dice una conversione pigra…