Il matrimonio tra TellTale e Gearbox era una cosa che s’aveva da fare, alla faccia dei Bravi di manzoniana memoria. Da una parte abbiamo una software house capace di raccontare storie in modo egregio e di plasmare graphic novel interattive di pregio, mentre dall’altra c’è una casa che ha saputo costruire un mondo interessante e con un lore troppo accattivante perché restasse relegato al solo genere degli sparatutto in soggettiva. Peraltro, la grafica della serie Borderlands e il particolare stile artistico usato da TellTale hanno più cose in comune che differenze, ed era quindi naturale che si celebrasse la cerimonia di unione tra i due mondi. Il primo figlio partorito è l’Episodio 1 di Tales from the Borderlands, un’avventura che – come è usanza ultimamente – è spezzettata in più capitoli, che saranno pubblicati poco alla volta nei prossimi mesi.
Il sottotitolo Zer0 Sum non deve trarre in inganno: il celebre assassino spadaccino c’entra eccome, ma non si erge a protagonista principale della vicenda, che avviene in un lasso temporale successivo agli accadimenti di Borderlands 2. Jack il Bello viene fatto fuori dal cattivo di turno, tal Hugo Vasquez, il quale prende coattamente possesso della Hyperion Corporation e, come primo atto egemonico, mette Rhys, uno dei protagonisti del gioco, a pulire la “monnezza” della base volante. Ovvio che il nostro non ci stia e decida di recarsi su Pandora per rovinargli alcuni piani dei quali è venuto a conoscenza grazie alle proprietà indagatrici del suo occhio cibernetico. Naturalmente, una volta giunto sul pianeta le cose non vanno per il verso giusto, soprattutto dopo aver fatto la conoscenza di Fiona, una sorta di truffatrice d’altri tempi, nonché l’altra protagonista giocabile di Tales from the Borderlands. Sulla storia e le vicissitudini che portano i due a interagire tra loro mi fermo qui, visto che non è mia assoluta intenzione rovinarvi una trama che – almeno in questo primo episodio – tiene incollati al monitor tutte le due ore e mezza necessarie ad arrivare ai titoli di coda.
Se sul plot narrativo in senso stretto è quindi meglio che cessi di argomentare, qualcosa posso dire sulla capacità di raccontare storie da parte di TellTale. Il mondo di Borderlands è probabilmente più nelle corde dello sviluppatore statunitense di quanto non siano stati i pur eccellenti The Walking Dead e The Wolf Among Us, e questo è in massima parte dovuto alla goliardia profusa a piene mani dal prodotto di Gearbox e sapientemente riproposta da quelli che – giova ricordarlo – hanno nel palmares roba come Sam & Max e Tales of Monkey Island. Se gli ultimi nati di casa TellTale puntavano tutto sull’atmosfera, concedendosi più di qualche pausa a livello di ritmo, questo primo episodio di Tales from the Borderlands dona colpi di scena a profusione, condendo il tutto con la giusta alternanza tra dramma e sorrisi. Da questo punto di vista è stato fatto un eccellente lavoro di pittura sui numerosi personaggi secondari, che a tratti riescono persino a creare una maggior empatia rispetto a quanto fanno i due principali (Sasha, la sorella di Fiona, rappresenta un caso emblematico). Non mancano comparsate più o meno celebri dal mondo di Borderlands tra cui il già citato Zer0, che in questo primo episodio ha un ruolo importante nella storia, soprattutto durante i momenti che precedono i titoli di coda.
[quotedx]quello tra gearbox e telltale era un matrimonio che s’aveva da fare[/quotedx]Detto questo, la struttura portante di Tales from the Borderlands è quella cui TellTale ci ha ultimamente abituati, seppur con qualche piccola variazione sul tema. I numerosi dialoghi vengono intervallati da scelte multiple che inficiano il prosieguo della storia, così come – di tanto in tanto – veniamo chiamati a muovere i personaggi per lo scenario (sempre in zone limitate, ovviamente) e a utilizzare, nel caso di Rhys, l’occhio bionico per analizzare gli oggetti dell’ambiente. Non mancano nemmeno i Quick Time Event, forse proposti in maniera eccessiva e ridondante, ma comunque necessari a dare un po’ di suspance alle numerose fasi in cui la tensione si palpa tangibilmente. In sostanza, si gioca poco e si guarda tanto, prendendo all’occorrenza decisioni sul da farsi. È la tipica impostazione à la graphic novel interattiva, più che à l’avventura grafica vera e propria: un approccio cui siamo ormai stati abituati e che funziona sempre bene, ammesso si sia alla ricerca di un po’ di svago senza troppi pensieri e senza il rischio di rimanere impantanati in qualche enigma particolarmente ostico.
Alla luce di quest’ultima considerazione stona un po’ la totale assenza di sottotitoli in lingua italiana. Come al solito, una volta che saranno pubblicati tutti gli episodi verrà probabilmente messa in commercio l’intera stagione tradotta nella nostra lingua, ma al momento tocca farsene una ragione: sappiate quindi che se non masticate decorosamente l’inglese, beh… siete a rischio di perdervi per strada più di qualcosa.