Pillars of Eternity – Recensione

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Settantasettemila backer per un progetto su Kickstarter che ha racimolato quattro milioni di dollari circa, destinati allo sviluppo di un gioco di ruolo che ha richiesto due anni e mezzo di lavoro da parte di un dream team. Se fossero solo i numeri a parlare, Pilars of Eternity avrebbe già vinto tutto. Figlio della visione di vere leggende nel pantheon del gioco di ruolo occidentale come Chris Avellone (Planetscape: Torment) e Josh Sawyer (Icewind Dale II), Pillars of Eternity si prefigge di ricatturare il coinvolgimento, la profondità è, perché no, la magia degli RPG basati sull’ Infinity Engine come il già citato Torment. Mica roba da poco, specie senza una licenza come AD&D a coprirti le spalle.

DA QUALCHE PARTE BISOGNERÀ INIZIARE

Ogni inizio è una sfida e richiede un certo senso di adattamento, sia per quanto riguarda il giocatore che per i ragazzi di Obsidian Entertainment. Orfani di un marchio come AD&D, lì a Santa Ana si sono dati da fare per creare da zero un nuovo mondo in cui ambientare la loro avventura. Non solo luoghi, ma anche culture, razze, bestiario e magie: tutto quel background che ai tempi di Baldur’s Gate veniva dato per scontato e fornito su un piatto d’argento, grazie a una licenza che non aveva bisogno di presentazioni, è stato sostituito da idee e intuizioni nuove di zecca. Il risultato convince: sebbene alcuni momenti possano sembrare giocoforza derivativi, nel complesso, ogni cosa nel mondo di Pillars of Eternity vanta una propria personalità. Ci vuole poco per accorgersene, il tempo di configurare una gamma di opzioni particolarmente ricca che non disdegna modalità per giocatori daltonici e quattro livelli di difficoltà, incattiviti da una spietata modalità che fa il verso a quella Hardcore di Diablo: un solo salvataggio che si cancella al primo game over, e tanti saluti.

[quotedx]un sistema di caratteristiche snello e intuitivo permette di creare personaggi polivalenti[/quotedx]La creazione del personaggio che segue potrebbe tranquillamente occupare un fine settimana, qualora non si avessero le idee chiare riguardo al futuro alter ego. Insieme ai classici del genere come umani e elfi, il mondo fantastico di Eora offre razze come i colossali Aumauma (una via di mezzo tra gli alieni di Avatar e i Draenei di WoW) o i Deiformi, esseri dal volto deturpato dai tratti somatici di capricciose divinità, incapaci di riprodursi e spesso mal visti. Ognuno vanta bonus e poteri vari, e per ognuno c’è la scelta tra differenti sottorazze e culture. Poi, quando si arriva davanti alle undici classi, c’è n’è davvero per tutti i gusti. Guerrieri, paladini e chierici sono al loro posto, assieme ad archetipi più particolari, come druidi mutaforma, cacciatori con tanto di pet e gli spassosi cantori, artisti guerrieri non dissimili dai bardi di Dark Age of Camelot, capaci di garantire potenziamenti intonando composizioni personalizzabili e pronunciando incantesimi unici. Come ciliegina sulla torta, un sistema di caratteristiche snello e intuitivo permetterà di avere personaggi polivalenti in grado di scassinare porte o leggere pergamene con scioltezza, oltre a occupare le prime linee e combattere efficacemente.

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UN DUNGEON MASTER MAGISTRALE

Voglio esagerare: Pillars of Eternity è forse il CRPG meglio scritto che abbia mai giocato, sebbene la trama principale ci metta un po’ a decollare e rendersi interessante, diluita forse dall’impressionante numero di quest secondarie. Indubbiamente, la qualità di dialoghi, descrizioni e narrazione è eccellente, grazie anche a un’ottima traduzione italiana che rende il tutto fruibile anche a chi ha poca affinità con l’inglese. Evitando pericolosi spoiler, il protagonista si rivelerà all’inizio dell’avventura un Osservatore, capace di leggere l’anima del prossimo, vivo o morto che sia. Al di là delle possibilità narrative aperte da un simile potere, il mondo di gioco è letteralmente invaso da personaggi suscettibili a una sbirciatina, contraddistinti dal nome dorato. Basta un click per leggere un breve racconto proveniente dal loro passato. Sono un’infinità e vi sfido a “consultarle” tutte, ma ogni anima scrutata è un tassello più o meno importante nella visione del mondo creato da Avellone e soci in questi anni. Anche i compagni di viaggio hanno una storia o due da raccontare. Prendete ad esempio il guerriero Eder, un’anima cinica che non ha più nulla da perdere, tuttavia decisa a seguirvi in capo al mondo pur di scoprire il destino del fratello, caduto in una guerra di fede che non s’aveva da fare.

[quotesx]la qualità di dialoghi, descrizioni e narrazione è eccellente[/quotesx]Le missioni, così come le loro numerose sfumature, non fanno eccezione. Scordatevi un male e un bene assoluti; allo stesso tempo, non è sicuro che le opzioni di dialogo sbloccate dalle caratteristiche del nostro protagonista portino per forza a un lieto fine. Sicuramente vanno vissute e assaporate, anche perché il loro completamento è l’unica maniera per ottenere il grosso dei punti esperienza con cui raggiungere il dodicesimo livello, un passo alla volta. Può sembrare un cap basso, ma ogni avanzamento ha il sapore di una piccola vittoria, e va gustato come si deve, scegliendo abilità, incantesimi o pompando le caratteristiche. La vetta la raggiungerete solo dopo aver girato in lungo e largo Eora, un compito da ottanta ore di gioco, stando a Obsidian, perché il perseguimento della sola quest principale non sarà lontanamente sufficiente ad accumulare abbastanza punti esperienza.

CAPPA E SPADA

Essendo una lettera d’amore dichiarata e passionale all’Infinity Engine, bene o male sapete cosa aspettarvi dal combattimento. La pausa strategica è nuovamente la grande protagonista, a cui è dedicato un intero pannello di opzioni. Potete scegliere se attivarla automaticamente nel momento in cui viene lanciato un incantesimo, all’inizio di uno scontro e tanto, tantissimo altro, a testimonianza di come Obsidian sia stata sì fedele al passato, ma non per questo sorda a ottimizzazioni e miglioramenti vari come l’imperdibile camminata veloce, che permette di attraversare le vaste mappe in scioltezza e celerità, incontri ostili permettendo.

pillars of eternityTornando alla pugna, durante la pausa è possibile scegliere la prossima azione di ogni membro del gruppo, decidendo chi colpire con il vostro guerriero e dove posizionare il mago, in modo che quella palla di fuoco sparata incautamente in mezzo alla mischia non causi la sciagurata fine del party. Rimesso in moto il tempo, i personaggi eseguiranno le azioni impostate allo scadere di una barra del tutto simile all’ATB dei vari Final Fantasy, la cui durata dipenderà dal peso dell’armatura indossata. Potete quindi corazzare quel ranger come un carro armato, ma in questo modo non aspettatevi che spari frecce con la frequenza di un gatling. Ogni classe ha a disposizioni un arsenale di abilità da usare un tot volte per ogni scontro, senza la seccatura di dover obbligatoriamente riposare per ricaricarle, destino relegato invece agli incantesimi da mago e chierico. Qui l’ispirazione dei classici si fa sentire, con dardi incantati, benedizioni e fulmini magici che sanno inequivocabilmente di “già visto”; e tuttavia va detto che le opzioni sono davvero tante. I chierici guadagnano una serie di incantesimi prefissati raggiungendo determinati livelli, mentre i maghi dovranno impararli, magari trascrivendoli dai grimori rubati ai nemici.

[quotedx]buona parte dei trucchetti che andavano di moda ai tempi di Baldur’s Gate sono stati corretti[/quotedx]Nel caso ve lo chiediate, buona parte dei trucchetti che andavano di moda ai tempi di Baldur’s Gate sono stati corretti: non è più possibile abbandonare il luogo di uno scontro per recuperare energie con saporite dormite (non vi vergognate, l’abbiamo fatto tutti a suo tempo) prima di tornare a picchiare i nemici belli pimpanti e ristorati. Anche perché i bivacchi sono subordinati al numero di falò trasportabili, normalmente solo quattro. Finiti quelli, buona fortuna nel tornare a casa tutti d’un pezzo. Se avete bisogno di ulteriore forza bruta è possibile reclutare nuovi compagni nelle locande, creandoli da zero con l’editor iniziale: tuttavia, è innegabile che il fascino dei compagni “ufficiali” non possa essere eguagliato in questo modo. Cinque possono essere affiancati al protagonista, mentre potreste considerare di lasciare i rimanenti a difesa della vostra fortezza, un elemento gestionale che sbloccherete prestissimo. Investendo monete nel restauro si sbloccano potenziamenti ogni volta che si dorme da quelle parti, oltre a guadagnare denaro in tasse e ottenere taglie, dando la caccia ai fuorilegge. Ancora meglio, una serie di missioni “in background” terranno occupati i compagni lasciati come guarnigione, che si avventureranno indipendentemente dal party principale, guadagnando esperienza e oggetti rari. Se poi vi sentite abbastanza forti e coraggiosi, si da il caso che nei sotterranei del castello ci sia un dungeon opzionale con tanto di misterioso signore che vi aspetta nell’ultimo livello, per stabilire una volta per tutte chi è il padrone di casa.

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NON CAMBIERAI MAI, OBSIDIAN

Pillars of Eternity è ottimo, ma non perfetto. Graficamente l’omaggio all’Infinity Engine è evidente, con fondali rigorosamente bidimensionali che nel 2015 cominciano a essere un attimo limitati. Divinity: Original Sin, con il suo geniale sistema di combattimento e l’interazione con gli elementi scenici, ha dimostrato che ci si può ispirare ai classici osando qualcosa di più con ottimi risultati, senza seguire per forza il compito alla lettera. Ci sono anche alcuni momenti bizzarri e che non mi hanno particolarmente convinto: perché il mio mago deve pagare per trascrivere incantesimi da un grimorio strappato dalle mani a un nemico sconfitto? A chi vanno quei soldi, poi? La gestione degli item è un’altra cosa inusuale: si può decidere di stipare gli oggetti nel classico inventario, distinto per ogni elemento del party, o in una simbolica cassa, capace di immagazzinare tonnellate di loot senza apparente fondo. Chi la trasporta? Si tratta forse della versione made in Obsidian della mitica bag of holding di AD&D? E perché non posso più borseggiare i passanti col mio ladro? Dubbi assolutamente marginali, sia chiaro, ma che stonano nel maestoso complesso generale, considerando anche che si può decidere di usare la cassa solo in città, scegliendo l’apposita opzione o uno dei livelli di difficoltà più duri.

Ben più gravi sono i classici bug che, puntualmente, ti aspetti da un gioco Obsidian. Mentre scrivo ce ne sono per tutti i gusti, da uno assolutamente diabolico che priva i personaggi dei bonus razziali semplicemente equipaggiando armi o oggetti con un doppio clic, a compagni con resistenza sballatissima, in grado di incassare i colpi un esercito come se niente fosse. Io ne ho beccato uno che, nella prima sera, martellava le mie orecchie ripetendo in loop un singolo effetto sonoro: il meglio dopo una settimana in ufficio, e il maledetto non andava via nemmeno ricaricando la posizione! Speriamo che le patch arrivino in fretta.