Arriva da un lontano passato questo Axiom Verge, un tempo assai remoto dove i videogiochi spesso e volentieri erano il frutto del duro lavoro di pochissime persone, se non addirittura del singolo. Era l’epoca d’oro degli 8/16 bit, il regno incontrastato di Commodore, che con i suoi C64 e Amiga divenne una e propria nave scuola per numerosissimi programmatori in erba. Alcuni autori sono riusciti persino a sopravvivere ai mutamenti degli ultimi trent’anni, come nel caso di David Braben, che ha addirittura portato a compimento la sua opera prima, quell’Elite le cui origini risalgono nientemeno che al lontanissimo 1984. Per non parlare di Jeff Minter, che da Tempest in avanti è riuscito a concretizzare in video una psichedelia che altrimenti avrebbe richiesto l’uso di sostanze vietate in gran parte del mondo civilizzato. “One man band”, che realizzavano i loro capolavori senza l’ausilio di alcun aiuto, persi in migliaia di righe di codice ed editor autoprodotti per disegnare livelli e comporre colonne sonore non di rado strepitose.
[quotedx] Tom Happ ha passato gli ultimi cinque anni a dar vita al suo sogno[/quotedx]
Tutto questo per dire che, in un mondo dove ormai le serie annuali vantano team composti da centinaia di individui, il caso di Axiom Verge rappresenta una vera rarità, una mosca bianca nata nell’unico ambiente che ancora consente questo tipo di approccio: il mondo indie. Il suo autore, Tom Happ, ha passato gli ultimi cinque anni a dar vita al suo sogno, un platform ispirato a uno dei suoi giochi preferiti di sempre, Metroid. Non lo ha fatto però standosene a casetta con mamma e papà, bensì lavorandoci duramente ogni sera e nei week-end, sfruttando tutti i momenti liberi dal suo lavoro di programmatore per EA Tiburon prima, e Petrogylph poi. Axiom Verge si è così evoluto, diventando un’opera sempre più complessa e vasta, tanto da attirare l’attenzione di Sony, che propose a Tom di partecipare al Pub Fund, un programma che incoraggia gli sviluppatori indipendenti a pubblicare autonomamente i propri titoli sul PSN. Il tutto in cambio di un’esclusiva temporale premiata da notevoli vantaggi in termini di visibilità e supporto PR, percentuali sugli incassi e nessun costo aggiuntivo per la distribuzione di successive patch. Quel che in genere viene definita una situazione win-win.
SE METROID NON VA ALLA MONTAGNA…
Anche se Nintendo ha deciso di aprirsi alle piattaforme mobile, questo non significa affatto che abbia intenzione di spingersi più in là, di certo non in un imminente futuro. Pertanto ben venga Axiom Verge, che per certi versi ne è davvero l’erede spirituale, a partire dall’impostazione della mappa, suddivisa in aree rigorosamente quadrangolari, come la tradizione di Samus impone. L’azione è quella di un tipico platform, almeno all’apparenza, ma in sostanza in lui scorre il sangue dei metroidvania, con enormi livelli da esplorare, aree inizialmente precluse e dozzine di differenti nemici da affrontare. Quel che lo rende particolarmente affascinante è lo stile grafico adottato, un mix fra i colori 8-bit tipici dell’epoca NES e un’attenzione ai dettagli più vicina ai 16-bit del Mega Drive.
In ogni caso pixel art allo stato puro, che denota un’incredibile pazienza e abilità da parte del suo autore, decisamente da lodare sotto questo punto di vista. Tom Happ è infatti riuscito a conferire a ogni ambientazione una personalità ben precisa, caratterizzando i vari macro-livelli in maniera davvero unica, sfruttando palette cromatiche solo all’apparenza limitate e dove il dithering non è un artificio per simulare più sfumature, bensì un vero e proprio colpo di pennello digitale. Un discorso applicabile anche all’ottima colonna sonora, pesantemente influenzata dall’elettronica anni ’80 e da sample che sembrano uscire direttamente dal SID del Commodore 64 (benché non si tratti di chip music a tutti gli effetti).
Un contorno davvero notevole, sul quale è difficile trovare qualcosa da ridire, a meno di non odiare il retro style che caratterizza interamente questa produzione. Ecco, diciamo che la parte meno riuscita è certamente quella dei nemici, alcuni davvero poco ispirati, anche per via delle loro scarsissime animazioni. Un paragone ancora più stridente nel momento in cui li andiamo a confrontare con i boss, spesso giganteschi e incredibilmente dettagliati. Abbatterli oltretutto si rivelerà un compito spesso arduo, che richiederà una certa abilità e non pochi tentativi.[quotesx]i livelli sono stracolmi di aree segrete e upgrade per potenziare il protagonista[/quotesx]Sia chiaro, questo grazie al cielo non è Ori and the Blind Forest, quindi non morirete a ogni passo. Ciò nonostante non pensiate che Axiom Verge sia un titolo facile, anche qui non troverete checkpoint di alcun genere, ma solo alcune stanze caratterizzate da capsule ovoidali, dove poter salvare il proprio status. Quindi, ogni volta che perderete una vita, ricomincerete proprio da lì. Il risultato è un gameplay che richiede una certa dose d’attenzione in tutto e per tutto, dato che i livelli sono stracolmi di aree segrete e upgrade per potenziare il protagonista. Se all’inizio infatti tocca barcamenarsi con l’arma base, l’Axiom Disruptor, mano a mano diventerà possibile accedere a nuovi gingilli, compresi laser direzionali, raggi energetici biforcuti, lanciafiamme e tante altre varianti più o meno utili (sebbene alla fine se ne utilizzano tre o quattro, non di più). Personalmente ne ho trovate una quindicina nel mio peregrinare, ma sono certo che ve ne siano altre.
L’estensione e la potenza dei colpi può essere inoltre migliorata tramite la raccolta di determinate gemme, alcune delle quali in grado anche di ampliare la barra dell’energia vitale. Non mancano ovviamente tutta una serie di gadget necessari per accedere a determinate aree, molti dei quali basati sui finti glitch del gioco. Come se ci trovassimo all’interno di un titolo difettoso, troveremo muri e blocchi di grafica apparentemente buggati, da sanare utilizzando un particolare raggio o addirittura delle bombe, nella fasi più avanzate. Ad arricchire ulteriormente il gameplay, a un dato momento troveremo persino un piccolo drone, decisivo per l’esplorazione di stretti cunicoli e altre particolari location. Anche questo minuto aiutante sarà soggetto a diversi upgrade, compreso l’utilissimo teletrasporto. Del resto persino i muri in Axiom Verge possono nascondere segreti e, non a caso, quasi immediatamente si ha accesso a una trivella in grado di sgretolare alcuni pareti, utile anche per scovare misteriose aree, oltretutto piazzate in maniera randomica, tanto da vanificare ogni guida possibile presente online.
LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI
Una tale ricchezza di possibilità quasi stride nel confronto con un gameplay fin troppo rigido e strutturato, che non semplifica in alcun modo la vita al giocatore. Questo per alcuni rappresenterà un plus, ma è difficile tralasciare il fatto che in troppi momenti ci si ritrova a vagare per i vari livelli cercando di comprendere il da farsi. Alcuni passaggi risultano davvero criptici e di difficile interpretazione, costringendo a un continuo backtracking, finanche esasperante. Senza pretendere le frecce a video modello Apotheon, ci saremo accontentati anche di un vago riferimento, come un’area indicata sulla mappa con un colore differente, senza scendere in ulteriori dettagli. Piccole cose, ma che avrebbero evitato ad Axiom Verge inutili momenti morti, specialmente in un contesto esplorativo che punta moltissimo sulla quantità esorbitante di segreti da scovare. Un piccolo aiuto, insomma, non avrebbe minimamente intaccato il gameplay, lasciando il piacere della scoperta a tutti quei giocatori affetti dalla sindrome del “completismo”.