The Evil Within – Anteprima

Abbamo visto per voi in anteprima i terrori di The Evil Within, il prossimo survival horror di Shinji Mikami.

I Bethesda Days si sono svolti quest’anno nella splendida cornice di un antico maniero alle porte di Londra, risalente al XVI secolo, immerso in un enorme e sontuoso parco naturale, nonché interamente prenotato per ospitare giornalisti di tutta Europa. Nei due giorni in cui si è svolto l’evento, per la prima volta la stampa del Vecchio Continente ha potuto vedere dal vivo il nuovo survival horror di Bethesda e Shinji Mikami (il “papà” di Resident Evil), ovvero The Evil Within. Il gioco è stato annunciato qualche settimana fa con uno straordinario trailer live action, ma quella di Londra è stata la prima occasione per vederlo girare sul serio (su PC).

(IN)SANITARIUM
Con The Evil Within Mikami e Bethesda vogliono ritornare alle origini del survival horror, miscelando puzzle, esplorazione, trappole, una storia impossibile da decifrare e tanta, tanta paura. La demo comincia con l’immagine del tetto di una macchina della polizia bagnata dalla pioggia, ferma fuori dal cancello del Beacon Mental Hospital, un manicomio nel quale si sono verificati fatti di sangue su cui è stato chiamato a indagare il detective Sebastian Castellanos, il nostro alter ego. Con lui ci sono un imberbe poliziotto con gli occhiali e una giovane donna che Sebastian chiama solamente “kid”. La visuale è in terza persona, e fin dai primi istanti di gioco si apprezza la grafica dell’id Tech 5 opportunamente (e pesantemente) rimaneggiata da Tango Gameworks, lo studio di sviluppo di Mikami: modelli dei personaggi ben definiti, disegnati da ottimi giochi di luci e ombre dinamiche, un’immagine sgranata che fa molto film, gocce di pioggia che “colpiscono” il monitor.

I primi passi nel piazzale antistante l’ingresso del manicomio mostrano auto della polizia abbandonate, senza armi e senza nessun agente: i primi cadaveri si incontreranno solo una volta all’interno della struttura, ma non si sa perché siano morti, né chi li abbia uccisi. Tutto questo ci viene raccontato dalla voce di Sebastian, che commenta ciò che vede con i suoi occhi. E, a proposito di impatto cinematografico del gioco, val la pena sottolineare che l’immagine non è nel consueto rapporto 16:9 a cui siamo abituati, ma 2.35:1, ossia in widescreen. Sebastian supera alcuni cadaveri e raggiunge un signore piuttosto anziano e malconcio, che prima di morire sussurra il nome di “Rubin”. Nella sala della sicurezza, i monitor mostrano tre agenti che vengono brutalmente sgozzati da una figura eterea, che scompare e riappare davanti a ciascuno di loro, prima di squarciargli la gola. Immancabilmente, il misterioso figuro guarda in camera prima di sparire nuovamente. Sebastian non fa in tempo a esclamare qualche imprecazione che la figura si materializza alle sue spalle, stordendolo. Dissolvenza in nero.

A TESTA IN GIÙ
Quando ritorna l’immagine sullo schermo ci sono parecchie cose che non tornano. Tutto è a rovescio. Sebastian si guarda attorno, le sue braccia sono tagliate ai polsi, ed è legato per i piedi a sgocciolare. Letteralmente. Attorno a lui altri disgraziati che hanno finito di perdere tutto il sangue che avevano in corpo. Dalla porta in fondo alla stanza entra un omone gigantesco che taglia letteralmente in due uno dei corpi accanto a noi (che assistiamo immobili alla scena), impotenti, costretti a osservarlo mentre si allontana con un torso umano grondante sangue e budella. Muovendo lo stick analogico del pad cominciamo a oscillare lungo la corda che ci tiene legati e ci avviciniamo a un altro cadavere nel quale è infilato un coltello; lo afferriamo e con quello ci liberiamo. Nuovamente in piedi, scopriamo che il macello umano attorno a noi contiene decine di esseri umani appesi e ammazzati come maiali.

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Nella stanza cominciano a uscire le note dell’Aria di Bach, che nella sua dolcezza trasmette un discreto senso di disagio. In fondo alla stanza vediamo il tizio di prima che sta “lavorando” al corpo lacerato. Ci avviciniamo in stile “stealth” alle sue spalle, aspettiamo che si allontani e rubiamo un mazzo di chiavi appeso a un gancio da macellaio. Quando ci si avvicina a un oggetto col quale è possibile interagire, questo si illumina (come in Dishonored della stessa Bethesda, per esempio). Apriamo una porta, e mentre ci allontaniamo lungo una passerella metallica, non facciamo in tempo a notare una serie di motoseghe appese alle pareti che scatta un allarme, un sensore di prossimità messo da qualche parte e che non avevamo considerato. Nel giro di un paio di secondi il gigante si presenta alle nostre spalle brandendo -per l’appunto – una motosega, con la quale ci ferisce a una gamba. Cadiamo in una stanza buia, ai cui lati si trovano migliaia di lame rotanti disposte attorno a dei rulli, che ovviamente si stringono verso di noi; altrettanto ovviamente, in fondo alla stanza c’è una porta (aperta) in cui infiliamo appena in tempo. L’incedere di Sebastian è sempre più incerto per via della ferita alla gamba. Superata la porta ci troviamo in un’infermeria, ma l’imitatore di Faccia di Cuoio non sembra preoccuparsene più di tanto e comincia a cercarci ovunque; troviamo scampo temporaneamente in un armadietto. Fino a questo punto abbiamo dovuto solo correre – o zoppicare – e procedere furtivamente da una stanza all’altra.

Lanciamo una bottiglia nella sua direzione per distrarlo, e scappare nel corridoio alle nostre spalle. Riusciamo a guadagnare il tempo necessario a precipitarci dentro un ascensore, le cui porte si chiudono in tempo perché i denti della motosega mordano il metallo e non la nostra carne. Questa sezione è un po’ troppo rocambolesca e “hollywoodiana” rispetto al resto, ma comunque funziona. Raggiungiamo l’uscita del manicomio, dove finalmente Sebastian e il giocatore sperano di poter tornare al mondo normale, chiamare rinforzi e porre fine a questo delirio, ma la scena che si presenta ai loro occhi è del tutto inaspettata. È notte, non piove più. Il cortile del manicomio è sprofondato nel terreno, con blocchi di asfalto sparsi all’interno di un gigantesco cratere. Alzando lo sguardo, troviamo una città completamente distrutta, i cui pochi grattacieli ancora in piedi sono avvolti da colonne di fumo. Dissolvenza in nero.

TRAPPOLA PER TOPI
La seconda parte del demo di The Evil Within è ambientata più avanti nel gioco: Sebastian zoppica meno vistosamente, segno che è passato almeno un po’ di tempo dagli eventi del manicomio di Beacon. Arrivato in una piccola casa, non sappiamo dove, non sappiamo perché (cosa vi dicevamo della storia?), troviamo un curativo che ci permette di recuperare un po’ di energia: così facendo vediamo per la prima volta comparire a video un’interfaccia a “rotella” che richiama gli elementi dell’inventario, e la barra della salute indicata da una sottilissima linea orizzontale nella parte bassa dello schermo, visibile solo per qualche secondo. Anche durante i combattimenti l’HUD è ridotto al minimo, e mostra per pochi istanti l’arma in uso e la tipologia di proiettili.

Blaaaam!

Sebastian si addentra in uno scantinato, dove gli si fanno incontro due mostri piuttosto raccapriccianti e minacciosi, simili a morti viventi nell’incedere, ma con gli occhi stranamente luminosi. Ancora una volta, tocca ripeterlo, non sappiamo chi sono, o perché sono ridotti in quello stato. Il primo zombi, chiamiamolo così, viene fatto fuori con un headshot ben piazzato; il secondo si becca due pallottole nelle ginocchia e finisce a terra, a quattro zampe. Per eliminarlo Sebastian gli getta addosso una bottiglia incendiaria. Tornato al pianterreno il poliziotto si dirige verso il piano di sopra, ma non prima di trovare un paio di “minetrap”. Arrivato in cima alle scale, dalle finestre del primo piano vede arrivare un’orda di mostri; per cercare di arginarne l’impeto, Sebastian piazza alcune mine alle finestre, che puntualmente esplodono quando i primi mostri cercano di varcarle, ma sono comunque troppi. Alcuni entrano nella stanza, e comincia un combattimento praticamente a mani nude, in cui ci rendiamo conto della rapidità con cui crolla la barra dell’energia: bastano tre o quattro colpi ben assestati per fare una brutta fine, e dopo il terzo Sebastian riesce a darsela a gambe per il proverbiale rotto della cuffia, finendo in un corridoio le cui pareti sono praticamente tinteggiate di sangue.

Difficile capire cosa succede, probabilmente anche per il protagonista: le pareti si allungano appena prima di riuscire a raggiungere l’uscita, come nei sogni (incubi), fin quando riusciamo ad aprirla, ma solo per venire travolti da un’onda di sangue identica a quella di Shining. Riemersi da quella orrenda marea rossa ci ritroviamo in un altro luogo, più simile al corridoio di un ospedale. In fondo, una grossa luce da sala operatoria illumina un cadavere sul pavimento. Ci avviciniamo circospetti, e, quando siamo a meno di un metro da lui, il corpo prende vita e si trasforma in un orrendo mostro tentacolare in stile La Cosa di Carpenter, che ci insegue e si avventa su Sebastian. Dissolvenza in nero.

RICAPITOLANDO…
Nelle due sequenze di gioco cui ho assitito, The Evil Within miscela elementi di esplorazione e di horror puro e semplice, dove la caratteristica fondamentale sembra essere sempre e solo la precarietà delle situazioni in cui si trova il protagonista, vuoi perché è alla mercé di qualche pazzo, vuoi perché le munizioni sono sempre risicate, vuoi perché la realtà che lo circonda cambia e si trasforma in continuazione, rendendogli impossibile trovare punti di appoggio e appigli che gli impediscano di morire. O di impazzire.

Angosciante, non trovate?

Infarcito di citazioni cinematografiche, The Evil Within avrà una storia lineare, con un inizio e una fine ben precisa, ma al suo interno – come mi ha spiegato Pete Hines di Bethesda quando l’ho intervistato – il giocatore potrà muoversi in maniera piuttosto libera, tenendo però a mente che le risorse sono sempre molto scarse e dovrà quindi attivamente cercarne il più possibile, e che molti elementi di gameplay sono dinamici, a cominciare dal comportamento dei nemici (Faccia di Cuoio e gli zombi, in questo caso), rendendo impossibile prevedere in anticipo come si svolgerà un combattimento o se una sezione stealth avrà più o meno successo. Pur contando sulla presenza di alcuni comprimari, come abbiamo visto nella sequenza di apertura del primo spezzone di gioco, Sebastian si muoverà sempre da solo e non sarà costretto a fare da balia a nessuno.

The Evil Within è previsto per il prossimo anno su PC, PS3, Xbox 360 e generica “next-gen”, che significa sicuramente PlayStation 4 e Xbox One, mentre nulla ancora si sa circa una possibile versione Wii U. Ma non è finita qui: domani, sempre su queste pagine, potrete leggere una lunga intervista a Pete Hines in cui cercheremo di approfondire con lui alcuni aspetti del gioco, parleremo di grafica e nuove console, rigiocabilità e paura!