Ho sempre avuto una passione abbastanza endemica per i giochi di carte. Ancor più quando si tratta di roba virtuale, che si parli di un videogioco a parte o qualcosa di “infilato a forza” poco importa. Per dire, metà del mio tempo speso in Final Fantasy IX è volato in match all’ultima mossa col Tetra Master, mentre sono riuscito a farmi piacere persino robe non proprio riuscitissime come il Pazaak di Star Wars. Ovviamente, quando mi si è presentata l’occasione di mettere le mani sulla closed beta di Hearthstone: Heroes of Warcraft non ho potuto declinare l’invito, nonostante io sia stato un giocatore alquanto sporadico di WoW. In questo breve ma intenso articolo vi illumino quindi sulle mie due settimane di battaglie online. Pronti? Via!
Hearthstone: Heroes of Warcraft segue un po’ la filosofia che ha portato alla nascita di World of Warcraft, ovvero proporre qualcosa che fosse già presente sul mercato, ma in modo più accessibile e, al contempo, profondo. L’impresa, anche in questo caso, pare in via di successo, anche se ci sono alcuni aspetti che richiedono di essere valutati a posteriori, prima di esporsi oltre con un commento positivo a prescindere. D’altronde, il gioco è in closed beta mica per niente, ed è quindi ovvio che il team stia ancora lavorando con cesello e martelletto per limare qua e là la statua nel suo insieme.
Come detto, l’idea di partenza è quella della semplicità. Hearthstone non inventa nulla e – anzi – attinge a piene mani dai caposaldi del genere. Ogni giocatore impersona uno dei nove eroi tra cui scegliere prima di iniziare ogni match, che incidentalmente corrispondono ad altrettante classi presenti in World of Warcraft. L’eroe parte con trenta punti vita, che decrescono poco alla volta: il primo dei due giocatori che raggiunge quota zero, beh… perde. Ogni carta ha un costo e può essere messa sul campo spendendo il corrispettivo numero di punti mana tra quelli che vengono messi a disposizione del giocatore, e che aumenta di una unità ogni turno che passa, fino al massimo di dieci. Due punti mana possono essere sfruttati anche per lanciare il talento specifico del personaggio, che ha effetti molto diversi da classe a classe.
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Esistono, ovviamente, carte di vario tipo: alcune sono comuni a tutte le classi, mentre altre (dette Expert) si ispirano direttamente al lore specifico di WoW. Ad esempio, il mago puà lanciare palle di fuoco o trasformare le carte creatura nemiche in una pecora, mentre il paladino ha nel suo deck carte curative o che forniscono buff (come il Divine Shield) a quelle che ha già in campo. Ugualmente a molti altri card-game, poi, le carte creatura sono caratterizzate da un valore di attacco e uno di difesa, numeri che indicano proprio la quantità di danno portata al nemico e quella che può essere assorbita prima di lasciare definitivamente il tavolo. Niente fasi, sottofasi o cose di questo tipo: quando giochiamo noi l’avversario sta a guardare, e viceversa.
Descritto così, Hearthstone potrebbe sembrare una versione edulcorata di Magic, e lo è anche, per certi versi. Tuttavia, la semplificazione di molti passaggi non deve trarre in inganno: mano a mano che il nostro deck si popola di nuove carte, le strategie a nostra disposizione aumentano esponenzialmente, così come si moltiplicano le variabili interpretative sul tavolo. Da questo punto di vista, Hearthstone è una vera droga, che mi ha spinto diverse sere ad andare a dormire a orari improponibili per fare “un’altra partita”, giusto per capire meglio le possibilità delle carte in mio possesso.
Descritto il gioco e spiegate le cose buone, vediamo di capire su cosa Blizzard deve ancora lavorare. In primo luogo, le classi sono ancora poco bilanciate. Il favore degli dei è in mano agli healer, che hanno letteralmente vita troppo facile e riescono a mantenere alto il totale dei punti con una facilità disarmante in molte occasioni: nerfare subito, please. In secondo luogo, deve a mio avviso essere rivisto il metodo di progressione. Hearthstone sarà un free-to-play: questo significa che chi vorrà giocare gratis potrà farlo, ma chi preferirà metterci l’obolo avrà accesso a una corsia preferenziale, acquistando bustine che contengono cinque carte Expert. Al momento, questo sistema funziona poco, per almeno un paio di motivi: A) le bustine costicchiano e, non essendo tematiche, rischiano di contenere carte inutili se si preferisce concentrarsi sullo sviluppo di un paio di classi, anziché su tutte e nove; B) la valuta “in game”, utile nel negozio di bustine al pari del soldo vero, si accumula con troppa lentezza ed è legata a quest giornaliere, che spessissimo possono non essere portate a termine se non si dispone di un deck di classe specifico.
Il Mage, in cambio di soli tre punti mana, può trasformare una creatura avversaria un una “1/1 sheep”. Qui mi pare un po’ sprecata, in tutta onestà.
Un ultimo aspetto molto interessante di Hearthstone, ma che abbisogna anch’esso di qualche limatina qua e là, è il crafting delle carte Expert, che possono essere disincantate per ottenere Arcane Dust con la quale costruirne alte a piacimento. Da un lato questa opzione mitiga (in parte) il problema dell’assenza dei mazzi tematici da acquistare in negozio (non mi servono le carte Warrior?… le disincanto e incamero Dust); dall’altra, tuttavia, per creare una carta bisogna disincantarne una vagonata. Un po’ più di equilibrio non guasterebbe.
A ogni modo, lunedì prossimo apriremo un piccolo contest con in palio 50 key per accedere alla beta di Hearthstone. Qualora vi garbasse sfidarmi online e darmi due scoppole, non mancate all’appuntamento!