Thief – Provato

Un gioco come Thief, che si porta dietro un nome così altisonante, richiede tutte le attenzioni di questo mondo. Stiamo parlando di una serie che ha praticamente inventato il concetto di stealth game, tanto è vero che i fan duri e puri del titolo d’esordio lo considerano ancora oggi un capolavoro senza tempo. Ma quei giorni sono ormai lontani: The Dark Project risale al 1998, The Metal Age ha aperto il nuovo millennio, mentre Deadly Shadow, pur essendo il più recente, si porta comunque sul groppone un lungo decennio.

Questo quarto capitolo – fondamentalmente un reboot – ci riporta nelle nere vesti di Garrett, il Maestro dei Ladri, il miglior scassinatore e tagliaborse sulla piazza, insomma. Sempre coperto da capo a piedi manco fosse un ninja, il nostro eroe si troverà a doversi muovere fra le sudice strade e gli umidi tetti di una città a dir poco decadente. Si ha quasi l’impressione di trovarsi in una Dunwall più scura e decisamente meno tecnologica: diciamo che, a differenza di Dishonored, qua non troverete macchine bipedi alte diversi metri e altre diavolerie steampunk.

Ho citato non a caso il gioco di Arkane Studios, perché in fondo i due titoli condividono diversi aspetti, pur con delle sostanziali differenze, che andrò a illustrarvi nel corso di questa anteprima. Prima però di buttarmi a pesce nei confronti, vale la pena spendere un paio di parole sulla versione provata. Sappiate che il titolo girava su PC, non un devkit PS4 o Xbox One, ma il più classico degli assemblati, fra l’altro infilato in un case di dimensioni generose, in grado di buttare fuori un calore degno di una scaldabagno De’Longhi. Ergo, l’hardware dava la sensazione di essere piuttosto sostenuto e del resto lo si poteva intuire dall’ottimo frame rate (almeno 60 fps, a occhio), dalla qualità dell’antialias e dell’ambientazione generale. Il tutto comunque giocato con il pad di Xbox 360, perché in fondo, stiamo pur sempre al cospetto di un titolo multipiattaforma.

Gli sviluppatori ci hanno sbattuto in un quartiere della città (The City), a quanto pare suddivisa in compartimenti stagni esattamente come Deadly Shadows. Un hub, in questo caso la torre dell’orologio, funge da base segreta di Garrett: all’interno, un gran numero di cornici e teche, destinate a riempirsi di dipinti e oggetti, opportunamente sgraffignati nel corso del gioco. Abbandonata la sicurezza del covo, mi sono così diretto nel quartiere, alla ricerca di un losco individuo, che altri non è se non un distributore di missioni in forma umana. Raccolti gli obiettivi, era possibile, per non dire consigliabile, avvicinarsi a un altro personaggio per acquistare armi, frecce e gadget assortiti. Data la penuria di denaro, mi sono limitato a seguire i suggerimenti degli sviluppatori, comprando un utile tronchesino e facendo scorta di munizioni (poche, molto poche).

Devo comunque ammettere che i primi momenti mi hanno quasi spiazzato. Abituato alle incredibile abilità di Corvo Attano, è stato quasi traumatico confrontarmi con tutte le limitazioni dell’umana natura di Garrett. Ci sta tutto e lo ha ribadito anche Eidos durante l’evento di presentazione, probabilmente consapevoli dell’inevitabile paragone fra i due protagonisti. In ogni caso, il peregrinare per le vie del quartiere mette immediatamente in mostra la natura profonda di Thief, che non tradisce affatto la sua vena stealth. Il margine di errore è davvero contenuto, visto che bastano un cittadino troppo zelante o un passo di troppo fuori dalle tenebre per scatenare l’ira della guardie. Garrett, del resto, non è proprio un lottatore nato e darsi alla fuga, se possibile, può essere un’idea migliore che tentare di difendersi. Magari, a un certo punto del gioco, saremo così forti da non doverci più preoccupare degli scontri corpo a corpo, ma di norma è di gran lunga preferibile operare fra le ombre, evitando ogni possibile contatto.

Quando l’azione passa all’interno delle abitazioni, potremo sfruttare l’ambiente a nostro favore: spegnere le candele e gli interruttori di corrente, distrarre gli eventuali abitanti, magari per sorprenderli alle spalle e metterli a nanna (si può tanto ucciderli, quanto stordirli). Una sorta di vista dell’aquila modello Assassin’s Creed consente poi di identificare senza fatica tutte le possibilità d’interazione disponibili, come quadri, cassetti, documenti, mobili e via discorrendo. L’esplorazione viene premiata anche con lo sblocco di eventuali sotto-trame e missioni aggiuntive, che possono portare a bottini più importanti e a utili rivelazioni.

Curiosamente, ho trovato piuttosto machiavellico riuscire a capire come entrare nella case altrui. I game designer hanno messo assieme la città infarcendola di limitazioni di vario genere, talvolta quasi esasperanti, tanto da costringere a un notevole sforzo d’immaginazione per riuscire a comprenderne la natura. Vedere, insomma, una finestra a pochi metri di distanza e non riuscire a entrarci, perché tetti, casse, tendoni e altri elementi architettonici non lo permettono, beh… mi ha generato un fastidioso senso di frustrazione in più di un’occasione. Che sia un bene o un male è chiaramente troppo presto per dirlo. Tuttavia, nonostante sia poi riuscito a risolvere buona parte delle missioni proposte, un retrogusto amaro si è fatto strada nel mio palato. Onestamente, ve lo devo dire, ho trovato molti dei condizionamenti ambientali davvero fuori luogo e piuttosto difficili da comprendere, pur sempre con l’idea di un Garrett più umano e più vero. Ok, non si può saltare, ma davvero mi stai dicendo che non posso salire su quella cassa alta un metro? Partendo da questo presupposto, si è costretti a un percorso obbligatorio, frutto delle imposizioni degli sviluppatori e non delle limitazioni legate al personaggio in sé. Insomma, concedetemi un sopracciglio alzato in merito a queste scelte di design, soprattutto dopo aver spolpato Dishonored. Ed eccolo che torna ancora. Duole dirlo, ma i paragoni sono inevitabile e benché i due titoli offrano un tipo di approccio differente all’azione, Thief sembra quasi soffrire di un complesso di inferiorità.

Ovvio, stiamo parlando di un gioco ancora in pieno sviluppo e c’è ancora tanto da sistemare, ma questa prova ha sollevato più dubbi che certezze, anche nel merito dell’approccio alle missioni. Non ne ho vista mezza con una qualche variazione: il tutto sembra molto guidato e senza alcuna possibilità di scelta. A questo punto, non posso che augurarmi che la versione finale venga opportunamente tarata, con un gameplay più vario e un approccio meno rigido.