So di essere una mosca bianca, ma a me Final Fantasy XIII non era dispiaciuto, pur con la consapevolezza che la serie di Square Enix, più in un remoto passato che in quello recente, ha prodotto episodi ben più pregni del tredicesimo ufficiale. Comunque la pensiate, in comune col prodotto padre (e con il XIII-2) questo Lighting Returns ha solo la protagonista, parte del background e alcuni aspetti per lo più secondari, come la presenza di certi personaggi; ergo, che abiate amato o odiato Final Fantasy XIII poco importa, perché quella che vi attende è un’esperienza diversa. O almeno, questa è l’impressione che ho ricavato in un’oretta e mezza abbondante di gioco, percorsa durante le festività natalizie negli uffici milanesi di Koch Media.
Per chi ancora non sapesse di cosa tratti Lightning Returns, urge fare un piccolo riassunto della premessa narrativa. Come detto, la protagonista è Lightning e gli eventi si svolgono 500 anni dopo le vicende narrate in Final Fantasy XIII-2. La nostra diffidente amica viene risvegliata dal dio Bhunivelze per compiere la profezia che recita “Nel giorno finale comparirà la salvatrice e cercherà di distruggere il mondo; ma poi arriverà un eroe che metterà fine al suo malvagio piano”. L’ambiguo ruolo di Lightning, a cavallo tra quello di unico baluardo alla distruzione e la salvatrice di cui sopra, è il filo conduttore di tutte le vicende narrate in questo ultimo capitolo della trilogia. Il problema è il Caos, che sta diffondendosi a macchia d’olio e che entro 13 giorni distruggerà il mondo. Il limite temporale non è messo lì a caso, visto che ogni giorno corrisponde a circa due ore effettive di gioco: questo significa non poter prendersela con la consueta calma, visto che al di fuori dei menu il tempo scorre inesorabile verso un’ingloriosa fine. Tra un giorno e l’altro, Lightning prende riposo in un’Arca condotta da Hope, uno dei personaggi giocabili di Final Fantasy XIII e già presente anche nel XIII-2 nelle vesti del capo di un’organizzazione chiamata Accademia. Il ruolo di Hope sarà di supporto, visto che fornirà a Lightning le missioni da compiere e aprirà i portali per teletrasportarsi negli scenari.
Nella mia prova ho potuto caricare un salvataggio preso a un’oretta dall’inizio, utile per saltare gli inutili convenevoli e i prodromi del tutorial. Tramite un portale sull’Arca sono sceso quindi a Luxerion, una città molto grande e intricata, liberamente esplorabile dopo aver compiuto qualche missione principale nei pressi della stazione ferroviaria. Luxerion pullula di personaggi in grado di fornire quest secondarie come se piovesse; anche le missioni legate alla trama principale richiedono di muoversi parecchio, al di fuori dalla logica da “canalone” che era già in parte stata abbandonata in Final Fantasy XIII-2. Questo fatto – ne converrete – stride un po’ con il limite temporale di due ore per giorno; un vincolo che, per i giocatori più completisti, potrebbe rivelarsi eccessivamente ristretto. La percezione, difatti, è che Lightning Returns offra molte possibilità in quanto a vie da percorrere e subquest che consentano di ottenere oggetti bonus o lo sblocco di molte feature; a naso, quindi, viene da chiedersi perché costringere il giocatore a correre, anziché lasciargli fare le cose con calma. Occorrerà comunque almeno una “run” per capire quanto il cap dei tredici giorni (ma anche meno, visto che portare a termine certe quest avrà come corollario l’avvicinarsi della fine del mondo) vincoli l’esperienza di gioco. Resta la perplessità, ma anche il beneficio del dubbio.

Se c’è invece una cosa che mi è piaciuta parecchio è la possibilità di personalizzare Lightning in un miliardo di modi, sfruttando le combinazioni tra costumi e oggetti equipaggiabili. Essendo Lightning Returns un titolo sostanzialmente monopersonaggio, occorreva trovare un modo per consentire una certa varietà tattica. La soluzione pescata dai ragazzi di Square Enix è intrigante e prevede di poter preparare tre outfit diversi, da cambiare al volo nei combattimenti. Ogni outfit è liberamente personalizzabile con un costume e con tutti gli oggetti del caso: costume e oggetti che, ovviamente, non hanno solo una valenza estetica, ma forniscono a Lightning proprietà di ogni tipo. Giusto per dirvi quanto la cosa mi abbia preso bene, sappiate che alla fine della prova la PR di Koch Media ha dovuto strapparmi di mano il DualShock, perché non ne volevo sapere di mollare il pad prima di aver testato un vestitino che avevo appena vinto come ricompensa di una quest! Peraltro, è proprio in battaglia che ci si accorge di come questo sistema funzioni alla grande, visto che si può cambiare tattica nel giro di un picosecondo e adattarsi al variare delle situazioni nei modi più disparati. Sappiate, poi, che le arene dove si svolgono gli scontri permettono a Lightning di muoversi nello scenario e sfruttare nuove opportunità, ad esempio tenendosi lontana da un avversario prettamente melee e usando quindi un outfit costruito per offendere dalla distanza. Ah… scordatevi di recuperare gli HP e guarire dagli status alla fine dei combattimenti: per entrambe le cose occorrerà avere sempre una buona scorta di materiale adatto nell’inventario.
In conclusione, c’è sentore di buon gioco, anche se sarà solo una completa prova sul campo a determinare il “quanto”. Di sicuro, il modo in cui è strutturato Lightning Returns potrebbe riuscire a “riacciuffare” coloro che hanno mollato il colpo, dopo essersi sentiti traditi da Final Fantasy XIII. Resta da capire quanto l’imposizione sul limite temporale faccia o meno da palla al piede, ma va anche detto che – volendo – si potrà ricominciare da capo il gioco, conservando tutto quanto guadagnato fino a quel momento.