Mad Max – Anteprima

Quando sono stato invitato a passare una giornata in compagnia di Mad Max ero un po’ preoccupato. Non si può dire che Max Rockatansky sia un chiacchierone, uno con cui sperare di passare qualche ora raccontando barzellette. Poi mi sono accorto che l’invito arrivava direttamente da Avalanche Studios, al che ho tirato un sospiro di sollievo. Le chiacchiere sarebbero state poche, ma almeno ci sarebbe stata una valanga (ahr ahr) di cose da fare. In effetti, sono stato accontentato.

DURA, LA VITA DEL PEDONE

La nuova avventura (videoludica) di Mad Max inizia per lui nel peggiore dei modi: la sua mitologica V8 Interceptor viene rubata da una banda di predoni del deserto, al soldo di un tizio chiamato Scrotus – giuro, non me lo sono inventato! – il padrone della lontana Gastown. Che fare? Senza quattro ruote e un motore, le probabilità di sopravvivere nelle Wasteland bruciano più rapidamente di un litro di benzina in un otto cilindri: in aiuto del nostro taciturno eroe arriva il deforme Chumbucket, meccanico sopraffino dalla lingua lunga, che lo aiuterà a rimettere in sesto la Magnum Opus, una “normale” V6 con la carrozzeria coperta di ruggine e ruote che se la giocano con quelle dei passeggini (brutti). Da qui in poi, la missione di Max è quasi scontata: arrivare a Gastown per riprendersi la sua Interceptor. Affrontando tutto quel che si trova nel mezzo: predoni, bande armate e gli ostacoli che nel deserto post-apocalittico di Mad Max abbondano sempre in gran quantità.

La trama, riassunta in così poche righe, può apparire piuttosto banalotta ed elementare, e non saprei che torto darvi, anche perché Avalanche non ha voluto anticiparci davvero null’altro; eppure, la software house svedese giura e spergiura che la storia giocherà un ruolo davvero importante e prioritario, cosa che nei suoi precedenti lavori invece non è mai avvenuto. Niente che sveli nulla sulle origini dell’universo creato da George Miller, su questo gli sviluppatori sono stati estremamente sinceri, ma che potrà aiutarci a conoscere un po’ più da vicino uno dei personaggi più iconici della cultura pop moderna.

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A TUTTO MAX

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Domande senza risposta

Noi abbiamo provato a chiedere se Max avrà un cane a fargli compagnia, ma non ci hanno detto niente. Abbiamo cercato di capire se torneremo a guidare la sua Interceptor, ma anche qui, nisba. Bocche cucite pure su possibili modalità multiplayer e companion app. Chissà se all’E3 di Los Angeles potremo sapere qualcosa di più.[/box_articoli]Smaltite queste doverose premesse, è finalmente il momento di mettersi davanti a un PC con megaschermo e pad, e cominciare a giocare nei panni di Max Rockatansky. Avalanche Studios è una software house specializzata negli open world, e Mad Max non si discosta di una virgola dal genere che l’ha resa celebre in tutto il mondo. Anche qui ci sono le missioni principali, che si occupano di portare avanti la trama, le quest secondarie e una nutrita serie di attività collaterali, comprese rocambolesche gare nel deserto: tutto quanto, in un modo o nell’altro, permette ai due protagonisti assoluti del gioco (Max e la sua Magnum Opus) di crescere e progredire.

Il nocciolo del gameplay si compone di tre elementi principali: l’esplorazione a bordo della propria autovettura, i combattimenti in macchina e quelli a piedi. Il modello di guida è arcade, puro e semplice, con un buon modello di danni e l’unica concessione al realismo data dal consumo della preziosissima benzina. Nella manciata di ore trascorsa nelle wasteland posso serenamente confessare che sono stati i combattimenti in auto quelli che mi hanno regalato il massimo del divertimento: le macchine avversarie possono essere speronate, col muso o con apposite manovre di “scarto” laterale, colpite con le armi da fuoco in mano al protagonista, o ingaggiate con un potente arpione, con effetti diversi a seconda che si agganci una ruota, una portiera (strappandola dai cardini e lasciando il pilota in balia del nostro fucile) o il conducente stesso, che finisce così catapultato fuori dall’abitacolo. L’uso dell’arpione è accompagnato da un pratico rallentamento dell’azione, che consente di prendere meglio la mira.

La parte di gioco che ci vede girovagare a piedi permette di esplorare strutture, raccogliere “scrap” (rottami, la valuta del gioco) e combattere a mani nude, un’altra novità per Avalanche, che fino a questo momento non si era mai cimentata con il melee. I combattimenti si sono rivelati piuttosto semplici e lineari: i nemici tendono a mettersi in fila per attaccare, e le poche volte che si muovono insieme è sufficiente premere il tasto della parata al momento giusto per evitare il colpo, dando vita a una sorta di “free flow” in cui si alternano pugni e parry, combo e “finishing moves” varie. In tutta onestà è comunque presto per liquidare il melee di Mad Max come semplicistico: le sue capacità di combattimento sono destinate a migliorare e crescere nel corso dell’avventura, così come quelle degli avversari, facendo sperare in scontri più impegnativi e divertenti.

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UN ROTTAME È PER SEMPRE

Già che ne ho fatto cenno, lasciatemi dedicare il giusto spazio agli “scrap” che si trovano un po’ ovunque nel mondo di Mad Max: sparsi lungo la mappa, nei rottami delle auto nemiche distrutte, all’interno di avamposti. Piaccia o meno, vanno raccolti in gran quantità, perché sono indispensabili per potenziare la propria Magnum Opus e le armi che potrete montarci sopra. Il mondo di gioco è enorme e liberamente esplorabile fin dall’inizio, ma la difficoltà cresce man mano che ci si avvicina a Gastown, e sperare anche solo di arrivarci (men che meno espugnarla) con lo scassone modello base è davvero tempo perso.

[quotesx]Il mondo di gioco è enorme e liberamente esplorabile fin dall’inizio[/quotesx]La macchina può essere migliorata nelle statistiche di attacco, difesa, armamento, velocità massima, accelerazione, guidabilità, boost, velocità di riparazione, speronamento e difesa dagli assaltatori, intervenendo su ben diciotto diversi elementi, che spaziano dal motore alle sospensioni, passando per carrozzeria e ruote. Ognuno di essi modifica in qualche misura le caratteristiche del mezzo (oltre che l’aspetto esteriore), e va quindi gestito con oculatezza: caricate la vettura con troppe corazze e vi ritroverete per le mani un veicolo pesante e lento, per dire; in tal caso è buona cosa agire anche su motore e sospensioni. La progressione di Max asseconda invece in maniera diretta lo stile di gioco di ciascuno, dal momento che le sue statistiche (danno con i pugni, parate, l’accuratezza nella mira ecc.) aumentano portando avanti obiettivi specifici. Sottolineo con piacere il fatto che l’energia del protagonista non si rigenera automaticamente, ma va rintuzzata mangiando quel che si trova in giro. Tipicamente, scatole di cibo per cani Dinki-Di.

C’È NESSUNO?

La mappa di gioco è piuttosto grossa, suddivisa in quattro diverse zone, ciascuna controllata da un warlord, un signore della guerra. Ogni volta che ci addentreremo all’interno di una di queste incontreremo i suoi scagnozzi, i totem che ne delimitano i confini e i convogli che trasportano armi e risorse: eliminare quanti più nemici possibile è fondamentale per ridurre il “livello di pericolo” di quella zona, così che i civili sopravvissuti possano riprenderne possesso, e noi proseguire nella trama vera e propria. In questo contesto entrano in ballo anche le numerose attività secondarie di cui parlavo prima, tra cui vanno sicuramente menzionati gli avamposti nemici: sparsi nelle Wasteland ce ne sono più di duecento e ciascuno è diverso dagli altri. Ne ho affrontati un paio e sono rimasto sinceramente colpito dall’ottimo level design, fatto di cunicoli, passaggi segreti, sezioni verticali e un buon livello di complessità, a cui si aggiungono anche collezionabili e mini-obiettivi facoltativi che permettono di smantellare la struttura al 100%.
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Vietato parlare del film

Mad Max: Fury Road è il quarto, attesissimo film di George Miller ambientato nelle Wasteland, e arriverà nelle sale il prossimo mese di maggio. Il regista australiano ha svolto attività di “consulenza” con Avalanche nelle fasi iniziali dello sviluppo di Mad Max, ma per il resto i legami tra videogioco e film si fermano qui. Anzi, se provate a chiedere qualcosa a riguardo agli sviluppatori, le facce si fanno cupe e vagamente irritate, e le risposte si limitano a sottolineare come i due prodotti siano del tutto slegati tra loro.[/box_articoli]Da vedere, Mad Max non è un gioco che fa gridare al miracolo: il modello della Magnum Opus e di Max sono sicuramente i più curati in assoluto, mentre il resto rimane su livelli accettabili, anche se ho adorato la suggestività di molti scorci, così come il ciclo giorno-notte e le condizioni meteo variabili, che possono influenzare più o meno direttamente il gameplay. A parte apprezzare come il vento possa modificare la direzione in cui soffia la polvere o sventolano le bandiere, le tempeste di fulmini e i tornado costringono a cercare un rifugio sicuro, pena il rischio di fare una brutta fine. Dal punto di vista artistico è innegabile lo straordinario lavoro svolto da Avalanche Studios, che ha lavorato in maniera sublime su tutti gli elementi dell’universo di Mad Max, sia per quanto riguarda il paesaggio che la caratterizzazione di auto e personaggi. L’unico rischio che mi sento di sollevare, da questo punto di vista, è che il deserto delle Wasteland venga un po’ a noia, dopo venti ore di gioco.

CONCLUDENDO…

Giunti a questo punto, direi che è ora di tirare le somme della giornata passata a giocare a Mad Max. Dal punto di vista del gameplay puro Avalanche non punta a innovare nulla, ma a proporre meccaniche di gioco rodate e stra-collaudate. Il che, di per sé, non è affatto un male. Se una cosa funziona e diverte – e per le poche ore che ci ho passato sopra è sicuramente così – perché rischiare di rovinarla? A questo si aggiunge un mondo affascinante, iconico e nel quale so per certo di non essere l’unico a volerci perdere un sacco, ma proprio un sacco di tempo. Rimangono un po’ di punti oscuri e di perplessità, ma ho il sospetto che rimarranno tali fino al 4 settembre, quando il gioco arriverà sugli scaffali di tutto il mondo.