Una decina di giorni fa Activision ha organizzato quello che in gergo viene definito un “producer tour”, evento nel quale il publisher prende di peso uno dei nomi importanti legati allo sviluppo di uno dei suoi titoli di prossima uscita, e lo trascina in lungo e in largo per tutta l’Europa per presentare il suo nuovo lavoro alla stampa specializzata. Un vero e proprio tour del force, se mi permettete il gioco di parole, che in questo caso ha coinvolto il simpatico e disponibile Jason Bundell, Creative Director di Treyarch, che ha incontrato i giornalisti italiani per parlare dell’ultimo capitolo di Call of Duty, Black Ops III, in uscita all’inizio di novembre. Bundell è uno in gamba, con tanta voglia di parlare: l’avevamo già incontrato a Colonia, nell’evento pre-gamescom organizzato dal publisher americano, e già lì si era dimostrato particolarmente disponibile, e carico di sincero entusiasmo per quello che lui stesso definisce “il nostro miglior CoD di sempre“. A giudicare da quel che abbiamo visto, e da quel (poco) che abbiamo giocato, viene da dargli ragione.
Un futuro nero
Le premesse di Black Ops III, come abbiamo già scritto a Colonia, sono piuttosto inquietanti, e rappresentano dal punto di vista meramente narrativo uno degli spunti più affascinanti dell’intera produzione. L’avanzamento incontrollato della tecnologia, i passi in avanti compiuti in ogni settore della scienza, permettono oggi cose che fino a dieci anni fa sembravano impossibili, e lo scenario che racconta Treyarch prova a immaginarsi, partendo da tecnologie già esistenti (che è forse l’aspetto più preoccupante), cosa potrebbe accadere nel giro di una cinquantina d’anni, da qui al 2065, anno in cui è ambientato il gioco. Soldati che tornano a combattere dopo che gli sono stati sostituiti degli arti persi in battaglia, armi che triangolano automaticamente la posizione dei nemici e fanno fuoco su di loro, impianti neurali che “connettono” le menti dei cittadini, tecnologie missilistiche in grado di rendere vana la presenza di aerei nel cielo, robot umanoidi schierati sul campo di battaglia, e via di questo passo. Molte di queste tecnologie esistono già, dicevamo: i droni sorvolano ormai gran parte del pianeta; due anni fa è tornato a combattere il primo soldato americano con un arto artificiale; alcuni Humvee impegnati in Afghanistan montano un fucile in grado di triangolare e rilevare automaticamente la posizione di un cecchino. Oggi c’è un uomo, a bordo del veicolo, che deve “premere” fisicamente il tasto di fuoco per eliminarlo e prendersi la responsabilità della sua vita, ma domani? Sarà ancora necessario? In questo scenario tutt’altro che accomodante ci si mettono pure i cambiamenti climatici, la scarsità di risorse, e la formazione di nuove alleanze tra superpotenze che, di fatto, portano alla nascita di un nuovo clima di tensione e di guerra fredda, ed è quello in cui sono ambientate le vicende del gioco, che partono dall’attacco di droni lanciato da Raul Menendez alla fine di Black Ops II.
La guerra del futuro
Il futuro della guerra, secondo Bundell e Treyarch, si giocherà non (solo) con la potenza bruta delle armi, o il numero di proiettili sparati al secondo. E meno male: in un mondo con robot pensanti e arti bionici, vedere mitragliatrici ancora vincolate a sparare una trentina di proiettili alla volta, che devono essere ricaricate ogni due raffiche, rompe un po’ la sospensione dell’incredulità. Un ruolo assolutamente cruciale negli scontri, spiega Bundell, sarà quello delle informazioni. Ogni soldato del futuro avrà una Direct Neural Interface (DNI) che gli permette di essere connesso in ogni istante con gli altri commilitoni schierati insieme a lui, e potrà quindi vedere quello che vedono loro, la posizione dei nemici, delle trappole, degli esplosivi, e sfruttare tutte queste informazioni per agire nella maniera più efficiente e letale.
L’altro elemento cardine attorno a cui ruota l’esperienza di Black Ops III è la personalizzazione del proprio personaggio. Ogni soldato è dotato di un core cibernetico, o Cybercore, che permette di sfruttare dinamicamente, a seconda delle condizioni del campo di battaglia e dei nemici presenti, diverse abilità, suddivise in quattro diverse categorie: Chaos, per confondere le idee ai nemici (facendoli vomitare, nel caso di soldati umani, per esempio, o disturbando i segnali dei robot e dei droni); Martial, che permette di attivare per brevi istanti pugni particolarmente potenti, boost di adrenalina, e persino di diventare invisibili; Control, per prendere il comando di unità robotiche nemiche o disattivarle con potenti scariche elettriche, oppure entrare nelle telecamere di sorveglianza per scoprire dove si nascondono gli avversari.
A questo si aggiungono le Tactical Rigs, migliorie di varia natura che riguardano armi, movimento, possibilità di resuscitare dopo essere stati colpiti, ecc. Ancora, i diversi loadout che si costruiscono man mano che si procede nella partita possono essere richiamati all’inizio di ogni missione, ma anche durante il suo svolgimento, tramite l’accesso a casse sparse nelle mappe, che permettono così di cambiare al volo il proprio arsenale. In buona sostanza, quindi, gli sviluppatori di Treyarch hanno inserito una quantità spropositata di possibilità di personalizzazione del gameplay, così da adattarlo il più possibile allo stile di gioco di chiunque, e permettergli di costruirsi un’esperienza davvero “su misura”.
Una casa sicura
In quest’ottica si può leggere anche la Safe House, il luogo in cui i soldati si riposano tra una missione e l’altra. Ce ne saranno tre, in totale: una a Singapore, l’altra a Il Cairo, e una mobile. All’interno della safe house si trova il Personal Data Vault, raccolta di materiale che permette di approfondire meglio la storia che sta alla base della campagna, i personaggi coinvolti e tutti gli elementi di contorno. Una quantità spropositata di materiale scritto e registrato, roba che – dice Bundell – a leggerlo tutto ci si mette un mesetto buono. Una scommessa non da poco, anche perchè chissà quanti si prenderanno la briga di passarci sopra così tanto tempo, invece che andare in giro a combattere… Nel proprio alloggio trovano poi spazio mensole su cui riporre i vari collezionabili raccolti qua e là, il guardaroba con la personalizzazione dell’aspetto in battaglia e la modifica del loadout, e la teca in cui esporre le medaglie guadagnate sul campo. A proposito di guardaroba, val la pena sottolineare la possibilità, per la prima volta nella serie, di interpretare un soldato di sesso femminile, il cui modello è stato seguito e curato (motion capture, doppiaggio, animazioni ecc.) esattamente come la controparte maschile. Una scelta di senso, dice Bundell, e non legata solo alle polemiche dei vari Gamersgate: perché mai nel futuro, visti anche i passi avanti compiuti dalla tecnologia, non dovrebbero esserci soldati donne nelle forze speciali? All’interno della Safe House si potrà accedere poi al simulatore di combattimento, un terminale stile Matrix in cui provare diversi loadout e impratichirsi con perk e abilità varie, oltre che visitare gli alloggi degli amici che sono collegati in quel momento.
Da soli o in compagnia, Call of Duty portami via!
La campagna single playe– pardon, cooperativa per quattro giocatori, coinvolgerà un arco narrativo temporale di una decina di giorni, ci vedrà impegnati in giro per il mondo ma si concentrerà solo su alcuni personaggi chiave, proponendosi come una sorta di incrocio tra quelle dei due precedenti Black Ops. Un breve filmato, mostratoci da Bundell al termine della sua presentazione, ha confermato l’approccio assolutamente fuori di testa e disturbante dei precedenti episodi, promettendo colpi di scena da panico e uno stile narrativo convulso e delirante che i fan della serie non potranno non apprezzare. La campagna potrà essere affrontata da soli, o con amici in numero variabile (fino a quattro) con drop-in e drop-out dinamico. Il problema principale di questa scelta, sicuramente la più apprezzabile in termini di libertà offerta al giocatore, riguarda il bilanciamento delle forze in campo. Interrogato su questo punto, Bundell si dice convinto dell’ottimo lavoro svolto dai suoi programmatori, che hanno riscritto completamente la AI del gioco, strutturandola in “archetipi” diversi per robot, soldati e droni, in grado di adattarsi come non mai alle diverse situazioni di combattimento, compreso il numero di umani in partita. Anzi, in maniera più o meno scherzosa sottolinea come, nelle prime versioni prototipo, la AI fosse fin troppo brava a prevedere il comportamento dei giocatori, a studiare le mappe e ad adeguarsi di conseguenza, ed è stato quindi necessario metterle un freno, per non rendere l’esperienza di gioco troppo frustrante. Il che, semmai, getta un’ombra ancora più scura sul futuro delle guerre, quelle vere: se è vero che scenderanno in campo anche i robot, per noi umani (civili e militari) sarà davvero dura. Altro che Skynet. Particolare curioso, svelato in zona Cesarini da Bundell, è che tutti i livelli della campagna saranno sbloccati fin dall’inizio, lasciando liberi gli utenti di giocarli nell’ordine che vogliono, senza vincoli e restrizioni. Niente di male, intendiamoci, salvo che non capisco chi mai potrebbe volerlo fare.
Zombi galore!
L’altro pilastro annunciato di Call of Duty: Black Ops III sarà la modalità zombie, nata quasi per scherzo durante lo sviluppo di CoD: World at War, e diventata immediatamente una delle preferite dai giocatori di tutto il mondo. Comprensibilmente, aggiungo. Per quest’anno, Treyarch ha deciso di fare le cose in grande, e di investire sul suo sviluppo le stesse risorse impiegate per la campagna “regolare”, sia economiche che di forza lavoro. Il risultato è “Shadows of Evil“, accessibile fin da subito, ambientata nell’originale setting degli anni Cinquanta, che vede protagonisti una insolita masnada di improbabili eroi per caso, costretti loro malgrado ad allearsi per affrontare le orde di morti viventi che li attaccano: un pugile caduto in disgrazia, una cantante di cabaret, un mago fallito, un criminale da strada. Il cast è di quelli stellari, e non lo dico per dire: hanno prestato volto e voce Ron Perlman (il pugile), Heather Graham (la cantante), Jeff Goldblum (il mago), Neal McDonough (il criminale) e Robert Picardo. Tutti nomi per cui – credo – non servono particolari presentazioni.
Ogni personaggio avrà una sua progressione all’interno del gioco, e potrà accedere durante la partita a potenziamenti temporanei sotto forma di gomme da masticare da raccogliere in appositi distributori. Bundell non si è soffermato sui diversi poteri disponibili, ma abbiamo visto un personaggio trasformarsi in un alieno tentacolare, simile a un nemico presente nel gioco… Quanto basta per farci schizzare la curiosità alle stelle! La colonna sonora jazz è stata scritta ed eseguita da una band assoldata per l’occasione. Le mappe saranno enormi, molto più che in passato, strutturate su più livelli e con edifici interamente esplorabili, al cui interno si troveranno miniquest secondarie opzionali. Per coloro che acquisteranno una Collector’s Edition del gioco, inoltre, sarà disponibile The Giant, remake di Der Riese, vista e apprezzata in World at War e nel primo Black Ops.