Negli ultimi anni, i titoli indie hanno spopolato nei maggiori canali di distribuzione digitale di console e PC. Tutti prodotti meritevoli di attenzione, altri un po’ meno, e molto raramente vere e proprie perle, capaci di ammaliare il giocatore quasi fossero una fiaba, con gameplay sorprendenti ed effetti speciali incredibili, nonostante spesso il budget a disposizione del team di sviluppo sia di poco superiore allo zero assoluto. Cuphead, titolo partorito da Studio MDHR, rientra di peso in questa prestigiosa categoria, dato che proprio grazie al carisma che il gioco trasuda da tutti i pori è riuscito a scavalcare in men che non si dica l’interesse generale di stampa generalista e pubblico pagante.
Un action platform bidimensionale con un cuore da shooter, quasi interamente fondato sulle boss fight e ispirato agli indimenticabili cartoni animati che Disney e i Fleischer Studios realizzarono nei lontani anni ’30, e che vede come protagoniste due “teste di tazzina” le quali, dopo aver perso una scommessa nientemeno che con il diavolo in persona, dovranno affrontare tutta una serie di sfide con avversari vomitati da una mente realmente distorta. Sia alla scorsa Gamescom, che nel corso della recente GamesWeek di Milano, Cuphead ha saputo sempre dimostrarsi valido ed esteticamente impeccabile, e considerando che il titolo vedrà la luce su console Xbox One e PC tra pochissimi mesi siamo sicuri che tutte queste qualità rimarranno inalterate nel prodotto finale (perlomeno, è quello che speriamo tutti caldamente).
Cuphead parte subito citazionista, dalla mappa in perfetto stile JRPG, scegliendo poi il livello d’affrontare e con zone che andranno a sbloccarsi progredendo man mano col gioco. Appena scelto il livello desiderato inizia il vero cuore pulsante dell’esperienza, ovvero gli scontri coi temibili boss. Imparare a memoria tutti i pattern d’attacco, aspettare le diverse trasformazioni di ognuno di essi e, soprattutto, evitare di sparare all’impazzata. Non basterà, statene certi. E non è tutto: pesci cani con la testa da bulldog sbucheranno fuori dall’acqua, api infuocate ci assaliranno piovendoci dall’alto, piovre cercheranno di farci perdere l’equilibrio e tantissimo altro che scopriremo sicuramente solo quando il gioco verrà rilasciato nei vari store.
Il tripudio dello stile, ma anche il tripudio del gameplay fatto bestemmia: la barra vitale dei nemici non è presente nell’interfaccia ma sarà visibile soltanto a seguito di un game over. E proprio riguardo al game over, appare a mia avviso l’unica cosa che personalmente trovo del tutto imbarazzante: le vite sono infinite. Si, avete capito bene, la morte non equivale alla perdita di nessun credito. Che senso ha privare un titolo di tale fattura del trial & error tipico dei vecchi platform anni ’80? Magari si tratta solo di una sensazione, ma una caratteristica del genere potrebbe fare la differenza tra un’esperienza realmente hardcore ed una che vuole solamente avvicinarcisi. Fortuna che sia il comparto estetico (come detto poco più alto, ispirato ai vecchi cartoni animati muti degli anni trenta), unito a brani jazz e swing che si legano perfettamente con lo stile grafico realizzato dal team canadese, rendono Cuphead un prodotto assolutamente irresistibile e da tenere sotto stretta osservazione. Si spera, senza spiacevoli sorprese dell’ultimo momento. E questo, solo la recensione potrà dirlo.