Uncharted 4: Fine di un ladro – Hands On

Uncharted

Pochi giorni fa, nella suggestiva e subtropicale location del Salone dei Tessuti a Milano, abbiamo avuto modo di mettere le mani su un codice preview di Uncharted 4, che ci ha lanciato nelle vaste lande dell’isola accostata all’Africa del Madagascar. Un’avventura che chiuderà quelle che sono le vicende di Nathan Drake, iniziate oramai diversi anni fa, e che arriva a noi con grandissimo silenzio, con pochissime anticipazioni e, soprattutto, con tanto mistero. D’altronde, per stessa ammissione di Arne Meyer, responsabile della comunicazione di Naughty Dog, l’intenzione era quella di portare a termine il titolo prima di iniziare a mostrarlo a tutti: e così è stato fatto.

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Uncharted 4 ci porta in un’ambientazione piratesca, alla ricerca di un tesoro che non si chiama One Piece, ma che pare abbia la stessa appetibilità di quanto inseguiva la Ciurma di cappello di paglia. Le nostre vicende sono tutte collegate a Henry Every, corsaro nato a Plymouth nel 1659, attivo durante il regno di Carlo II d’Inghilterra, un ex cadetto della Royal Navy, poi conquistato da quella che era la vita in contrasto al governo e all’ordine delle cose: orientata al caos, all’equità di quest’ultimo. Proprio verso il Madagascar, Every decise di imbarcarsi, annunciando di esser pronto a diventare uno dei più ricchi pirati di sempre, un sogno che all’epoca era condiviso da molti, ma che riusciva a ben pochi di loro. Henry, però, non ebbe vita facile, perché la sua rotta lo condusse dritto verso una grande imbarcazione che trasportava quello che era il grande possedimento dell’Imperatore dell’India, al quale riuscì a sottrarre molti dei suoi tesori. Si trattò di uno dei bottini più grandi mai conquistati nella storia della pirateria fino ad allora, ma tale dimensione non diede altro che problemi a Every: da inglese che assediava l’India il caso diplomatico fu immediato, e immediatamente dopo, riuscendo a corrompere le persone giuste, il corsaro decise di ritirarsi dall’attività della pirateria, pur lasciando qualcosa nell’isola di Madagascar, un qualcosa che ha attirato l’attenzione, adesso, di Nathan Drake.

 

DATEMI UNA JEEP

L’approccio con Uncharted 4 e con il ritrovato Nathan Drake è dei migliori: subito abbiamo la possibilità di confrontarci con la prima grande novità del nuovo titolo di Naughty Dog, che è il fuoristrada, la nostra vettura principale. Nelle radure infangate e bagnate dall’acqua scrosciante delle cascate che adornano le rocciose montagne del Madagascar, la nostra jeep si districherà tanto in orizzontale quanto in verticale, permettendo a Nathan, che farà da autista, di arrivare in ogni dove. Chiaramente la nostra vettura non è pensata per scorribande su strade sempre precise, asfaltate e dritte, bensì dev’essere intesa come una prolunga di quello che sarà il nostro camminare a piedi, un mezzo che ci permetterà di coprire distanze relativamente lunghe in minor tempo possibile, ma senza vanificare assolutamente l’aspetto esplorativo. C’è da dire, però, che se da un lato Naughty Dog continua a seminare indizi per farci scendere sovente dalla nostra vettura per addentrarci in qualche caverna e recuperare collezionabili, dall’altro la procedura non è molto agevole: Nathan, ogni volta che rientra in macchina, sarà fin troppo realistico nel mettere in moto e inserire la prima marcia, per una corretta proiezione in avanti, o indietro, del veicolo; scendere, pertanto, spesso e volentieri per controllare la strada non è una pratica molto rapida, pertanto in alcuni frangenti, o magari a lungo andare, potrebbe rappresentare più un ostacolo che altro il sedersi, comodi, nell’abitacolo. Detto questo, comunque, i puzzle ambientali ricreati nell’isola di Madagascar per permetterci di ragionare anche sui concetti di trazione sul terreno e di aquaplanning sono funzionali all’idea di cui sopra: avere una jeep non significa che possiamo sfondare il mondo, ma semplicemente che avremo maggior velocità dalla nostra per raggiungere un obiettivo. A impreziosire, inoltre, gli enigmi che il terreno ci porrà ci sarà anche un verricello, meticolosamente posto nella parte davanti della vettura: ci siamo trovati a usarlo, per esempio, per farci da perno su un albero e salire, con la nostra jeep, su una infangata e scoscesa collinetta. Il suo funzionamento è davvero immediato, nonché molto preciso: una volta afferrato manualmente, infatti, basterà semplicemente condurlo con noi e, nell’esempio di poc’anzi, fare un giro intorno all’albero e agganciarlo dove ci interessa. Poi non servirà altro che attivare l’argano e farci tirare su. Un modo come un altro per andare a rimpinguare quelle che sono le attività a bordo della nostra vettura, un’ottima aggiunta, nonché ragionata e funzionale, da parte di Naughty Dog.

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MARCA E SPARA

Superata la fase ambientale, quindi, Nathan, accompagnato sempre dai suoi due compagni di viaggio, arriva nel primo avamposto nemico, dove ci si presenta la seconda novità, che potrebbe far storcere il naso ai puristi del genere. Potremo finalmente marcare i nemici, come d’altronde sta accadendo in moltissimi dei recenti action, a partire da Hitman, che ha più di tutti inficiato il mira e spara agli avversari: una volta trovato il nostro bersaglio basterà semplicemente mirare con L2 e selezionarlo con L3 per poterlo marcare e far comparire sopra la sua testa un triangolo bianco, che lo seguirà in ogni dove e avrà modo di comunicarvi gli spostamenti dello stesso. Non ci è sembrato fosse stato posto un limite ai nemici da marcare, essendo riusciti a segnarli tutti – o almeno quelli che abbiamo notato prima di lanciarci in una sparatoria più concitata – nello stesso momento, ma ci riserviamo di valutare tale aspetto in sede di recensione. Un’altra aggiunta di tal genere, ma collocabile sempre nella stessa dimensione di cose, è il segnale di minaccia, ugualmente posto sopra la testa dei nostri nemici. Cercando di emulare il genere stealth, nel quale però è difficile esser aiutati così tanto nel riconoscere il raggio visivo del nostro avversario, Uncharted 4 pone quindi un indicatore di minaccia che cambierà colore a seconda della situazione: sarà giallo quando il nemico si sarà accorto di qualche movimento poco consono e avrete quindi poco tempo per trovare un riparo e far sì che tutto torni alla normalità, mentre sarà rosso quando oramai la vostra posizione sarà compromessa e l’allarme sarà pronto a scattare. Insomma, un funzionamento abbastanza basilare, che non necessitava nemmeno di troppe spiegazioni, ma che prova ad aggiungere qualche elemento in più al gameplay di Uncharted, già nella trilogia fino a ora pubblicata votato in egual misura all’attesa e alla frenesia, ma che qui propende di più per il primo atteggiamento a discapito del secondo. Altre aggiunta, non di poco conto, ma che abbiamo testato per pochissime volte, si ritrova nel rampino, che ci permette di rimanere appesi tra due sporgenze e lanciarci su un avversario o, altresì, dondolare fino a trovare il momento giusto per fiondarci sul malcapitato di turno.

Uncharted 4, insomma, al netto di queste grandi novità, che rappresentano delle vere prime volte, si presenta confermando quanto di buono presentato nel recente passato, in una saga che ha condizionato una generazione videoludica con grande piacere. L’attesa per il prodotto finito è tanta, perché i passi in avanti di Naughty Dog sono altrettanti, soprattutto dal punto di vista grafico, con un motore che abbiamo avuto già modo di apprezzare nei numerosi trailer pubblicati nel corso di questi mesi, impreziositi anche dall’aspetto della biforcazione dei dialoghi, che aprono a tante scelte e possibilità, tutte che dovranno però confermarci la bontà della variazione narrativa. Le avventure di Nathan Drake stanno ancora una volta per rimpinguare l’offerta del mercato videoludico e portare l’azienda che fu fondata da Jason Rubin decadi fa sul gradino più alto dell’Olimpo, perché questa prova ci ha lasciati davvero estasiati da quanto visto.