Il comandante Shepard sa sparare da vero soldato, ma non dimentica mai il suo “Ruolo” di eletto fra gli eletti. [Speciale]
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Quella di Mass Effect, in un certo senso, potrebbe essere la saga perfetta su cui accendere una discussione sul concetto di RPG nei videogame. O, meglio, un confronto su quali caratteristiche oggi un’esperienza videoludica deve contare per potersi fregiare di una simile definizione, piena di nobili caratteristiche mutuale dalle forme cartacee. Crediamo tutti siano d’accordo su quanto sia difficile chiamare “gioco di ruolo” uno slasher o uno shooter che si affida a semplici statistiche, atte a incrementare armi, corazza o poteri per rendere un poco più interessante il gameplay. L’analisi, però, diventa più complessa se il titolo in questione comincia a far propri tratti distintivi molto importanti per l’idea condivisa di “Ruolo”, come la condotta etica dell’eroe o la profonda (e influente, ai fini della trama) interazione con i personaggi non giocanti. Impersonare un carattere in un qualunque videogioco, d’altronde, è già di per sé un processo molto più profondo di quanto avvenga in altri media espressivi, grazie al rapporto interattivo e “sensoriale” che si instaura fra utente e sistema di gioco. Proprio questa considerazione porta a stringere le fila intorno al genere, in modo da non allargare troppo l’appartenenza a un simile caposaldo del gaming “maturo”, ibridato lungo gli anni dalla nascita di action-RPG, slasher-RPG, FPS-RPG e di tutti i “qualcosa-RPG” che saltano in mente.
Ma Mass Effect è diverso. Vedremo fra poco il valore dato alle dinamiche shooter nel gameplay del primo e secondo capitolo, ma – a nostro giudizio – le avventure del Comandante Shepard restano comunque nel solco degli RPG, per la presenza contemporanea delle feature sopra menzionate e per l’efficacia con la quale tali caratteristiche sono state implementate. Ad esempio, l’uso di “branching-dialogue” dà modo al giocatore di operare diverse scelte nei dialoghi, alcune delle quali irreversibili o sbloccabili con le caratteristiche del personaggio, per influenzare le dinamiche “umane” intorno a Shepard. Si tratta di una tecnica utilizzata da decine di videogame di ruolo e avventure grafiche, anche da team di sviluppo “contigui” rispetto alle inclinazioni della software house canadese (come Bethesda Softwork e Obsidian Entertainment, a sua volta meta d’arrivo degli “esuli” di Black Isle Studios), ma nelle mani di BioWare i rami di dialogo diventano lo strumento principale per forgiare l’eroe, in modo che i giocatori lo sentano come “unico e irripetibile”. Proprio quest’ultima definizione corrisponde alla nostra personalissima idea di Gioco di Ruolo, e forse è anche il pensiero di altri giocatori che, dopo una sortita nel mondo degli RPG cartacei, sono cresciuti insieme al media videoludico, imparando a riconoscerne le suggestioni più sfumate: l’eroe di un videogame RPG sembra possedere la scintilla della vita, come un altro “Io” congelato in un mondo pulsante, e la nostra attenzione non è attirata tanto da nuovi scenari e nuovi boss, ma dall’esistenza stessa di questo avatar digitale. Se poi il rischio è di finire a letto con una sontuosa Asari, tanto meglio.
A questo punto, però, la parola va all’avvocato del diavolo.
Pur tenendo ferme le considerazioni sulla natura ludica della saga, la straordinaria “impalcatura” di Mass Effect rischia di superare in perizia la qualità dei contenuti. A livello strettamente narrativo, il gioco possiede qualità non superiori a quelle dei più famosi serial televisivi e cinematografici, secondo i riferimenti citati nella puntata precedente, basati più sul puro entertainment che non sulle introduzioni fuori dagli schemi. Anche in termini di scelte di ruolo, poi, le decisioni appaiono spesso “sdraiate” su archetipi risaputi, nello stile semplice e fluido adottato da BioWare nelle sue produzioni. Sotto questo punto di vista, il valore assoluto del gioco rischierebbe di abbassarsi notevolmente, se non intervenisse la più che decennale esperienza del team nella “narrazione di ruolo”, spesa per sublimare o avvallare ogni singolo snodo del racconto. Le decisioni di Shepard, per quanto basate sulla classica triade comportamentale (rinnegato/eroe modello/né carne né pesce), si muovono su diversi piani. Quelle inerenti allo scenario generale sono, ad esempio, legate alle fonti d’ispirazione della sceneggiatura, con una forte tensione “politica” sugli equilibri della galassia. Anzi, in entrambi i capitoli è proprio la considerazione per la razza umana e le altre civiltà a determinare i rapporti con i singoli alleati, senza necessariamente influire sulle statistiche della linea morale.
Contano sempre, invece, le reazioni di Shepard sull’immediato (quando la sua attenzione è attirata sul destino dei singoli) a sancire la superiorità delle vicende umane sullo sconfinato quadro generale. Gli stessi personaggi che ruotano attorno al comandante, dalla fida (almeno per la nostra versione della storia) Tali’Zorah nar Rayya al cinico Zaeed Massani, voltano le carte del proprio passato solo se il giocatore si mostra interessato e tollerante, magari per scoprire risvolti etici troppo ambigui per essere coltivati (oppure il contrario; come detto, dipende dai punti di vista).
E poi ci sono le scelte più dolenti, naturalmente, che possono significare la vita o la morte per un compagno d’avventura. Nel primo capitolo si è trattato di decisioni piuttosto marcate, tanto che personalmente siamo riusciti a non perdere alcun “vero” amico, senza servirci dei salvataggi. In Mass Effect 2, invece, BioWare ha deciso di complicare la situazione nei pressi del finale (specie se si è avuta la pazienza di radunare l’intera squadra, completando le missioni secondarie), come se sull’esistenza degli alleati gravasse una divinità cieca e beffarda, capace solo di garantire la vita del salvatore della galassia. Ma lui andrà avanti, sorseggiando un drink davanti ai cimeli del suo passato, perché l’infinità del cosmo può contenere anche il dolore per gli amici persi.
Quando si parla di Mass Effect, il rischio di farsi prendere dalla “retorica eroica” è forte, proprio perché il soggetto pesca a piene mani dalla narrativa popolare, con toni non troppo dissimili da un bel fumetto di avventure spaziali. Proprio una graphic novel sarà il veicolo scelto da BioWare per traghettare le vicende del primo capitolo nella versione PS3 di Mass Effect 2, interpretando la storia secondo una linea “mediana” che lasci spazio alle successive diramazioni. Insieme a una nuova Normandy e a un “redivivo&
rdquo; Shepard, però, i giocatori della console Sony si troveranno di fronte a tutti i cambiamenti apportati alla struttura del gameplay, che però non stravolgono quanto detto nei paragrafi precedenti. Le valutazioni sopra espresse possono essere anche confutate, magari ritenendo che lo schema di gioco penda troppo sul versante di un complesso shooter, ma in tal caso la posizione dovrebbe interessare entrambi i titoli, visto che agli elementi persi Mass Effect 2 ne aggiunge di nuovi, meno dispersivi e dotati di spiccata personalità.
L’acquisizione di nuove armi e armature, per sé e per i compagni, non avviene più per un processo “cumulativo”, con la continua aggiunta di fucili e corazze troppo simili tra loro, ma attraverso una serie di pezzi dalle caratteristiche più specifiche, i cui effetti in battaglia si sentono in modo chiaro. Sono state completamente ripensate anche le meccaniche dietro ai viaggi spaziali, con un peso maggiore dato all’esplorazione della galassia in senso “astratto”, osservando i pianeti da lontano per estrarre le risorse necessarie agli upgrade, ed eliminando del tutto le generiche scorribande a bordo del Macho. Qualcuno riteneva che questa sorta di “SUV spaziale” potesse ancora funzionare, magari rendendo davvero autentiche le percorrenze sui pianeti, ma è chiaro come queste considerazioni siano assimilabili a legittime fantasticherie. Anche adottando qualche ingegnoso sistema di generazione casuale degli scenari, per far funzionare una simile struttura nel tentativo di dar vita a un gioco sin troppo complesso non basterebbe il doppio delle già cospicue risorse di BioWare. Molto meglio concentrarsi su un numero di missioni ridotto ma comunque impressionante, nelle quali rendere l’aspetto delle ambientazioni più specifico ed evocativo, proprio come è stato fatto in Mass Effect 2.
Infine, a uso e consumo degli utenti Sony va ricordata la buona qualità dei DLC realizzati per l’ultimo capitolo, con Overlord a fare da capofila in termini di trama e puro fascino. Per il più recente contenuto scaricabile, invece, vi forniamo un’indicazione aggiuntiva, che va al di là della piattaforma ludica a disposizione: per godersi al meglio L’Ombra, che vede come co-protagonista Lara T’Soni (potenziale “fidanzata” di Shepard), è bene procurarsi i 4 volumi della serie a fumetti Mass Effect: Redemption, usciti anche in Italia, che mostrano le motivazioni dietro alle azioni della dinamica eroina asari. E poi aspetteremo tutti insieme, per così dire “a reti unificate”, l’alba del prossimo Natale, quando potremo mettere le mani sul capitolo conclusivo della space-opera. Sarà davvero l’ultimo saluto di Shepard lo Spettro?