2011, Odissea nello Sprawl. Isaac Clarke è tornato! [Review]
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Nella nostra anteprima di qualche settimana fa vi abbiamo parlato di come Dead Space 2, pur promettendo faville, sembrasse più uno sparatutto che non un survival horror in senso stretto. Vi abbiamo edotti sulla svolta di matrice “action” decisa da Visceral Games, e di come la trama del gioco riflettesse il nuovo equilibrio. Uno scenario più ampio, a tratti meno claustrofobico, e un eroe più in primo piano, più determinato e, soprattutto, più arrabbiato. La grande domanda, a questo punto, è la seguente: il compromesso raggiunto dagli sviluppatori funziona, o snatura troppo lo spirito di Dead Space? Rilassatevi. Dead Space 2 è sì uno sparatutto in terza persona, ma lo stile e la qualità con cui è realizzato danno una straordinaria sensazione di continuità con il suo predecessore. Certo, il personaggio di Isaac si è evoluto, portando piccoli cambiamenti all’atmosfera e al ritmo dell’azione; a parte questo, tuttavia, è chiaro che siamo alle prese con un grande seguito, realizzato con evidente passione dagli stessi geniacci che avevano sfornato il primo indimenticabile capitolo.
NECROSPARATORIE
La grande feature del primo Dead Space era lo “strategic dismemberment”, ossia lo smembramento strategico. Si trattava di un sistema che permetteva di regolare il proprio sparo e la mira in modo da mutilare gli schifosissimi nemici che si scagliavano contro il protagonista, ma non solo. Imparando a conoscere i vari tipi di necromorfi (questo è il nome degli abomini non-morti che infestano il mondo di Dead Space), il giocatore poteva di fatto risparmiare proiettili, che – come tutti sanno – sono la risorsa più preziosa di ogni survival horror che si rispetti.
In Dead Space 2 lo smembramento è ancora una volta la meccanica centrale del gameplay, e come tale è stato sviluppato con estrema cura, sin nei minimi dettagli. L’idea di base è la stessa (anche se i rifornimenti di proiettili sono un filo più abbondanti rispetto a quanto accadesse nel primo capitolo), ma la quantità di mostri e armi è aumentata considerevolmente, aggiungendo una miriade di nuove possibilità. I giocatori della domenica potranno farsi strada per i tetri corridoi dello sprawl ricorrendo alla semplice forza bruta; i più abili, invece, scopriranno un raffinatissimo arsenale, che propone interessanti armi fresche di produzione e un botto di attacchi secondari. Le modalità di fuoco cambiano tantissimo di arma in arma, e le idee dei designer sono tanto malate quanto geniali: per intenderci, andiamo ben oltre i banali spari secondari a cui ci hanno abituato buona parte degli sparatutto in commercio, e anzi siamo più vicini alla creatività di un Half-Life a caso. Non vi spoileriamo i funzionamenti delle armi, anche perché sono parte integrante del gusto nello scoprire la trama, ma possiamo assicurarvi che le fasi di azione sono di primissima qualità. Ogni colpo sparato è importante, dà un’incredibile sensazione di fisicità, e ai livelli più alti (consigliati) può fare la differenza tra la vita e la morte.
Detto questo, per buona parte del gioco l’intensità delle sparatorie va a coprire la componente horror di Dead Space 2, perdendo un po’ della sensazione di paura e smarrimento che ci ha fatto amare il primo episodio. È certamente un peccato, ma – come vi accorgerete giocando – il cambiamento è giustificato anche dall’andamento della trama, e viene presentato come un’evoluzione naturale del protagonista. Si tratta di un evidente compromesso, ma a nostro avviso riesce nel difficile intento di fare evolvere il gioco senza snaturarlo.
IL RITMO DELLA PAURA
Come abbiamo già detto, la componente survival horror è stata ridotta dal maggior peso dato alle sparatorie. Ma la paura? È completamente sparita? Pur avendo puntato sulla violenza, i ragazzi di Visceral non hanno dimenticato l’atmosfera, la tensione, il brivido che si prova quando si apre una porta. Dead Space 2 crea terrore con il suo ritmo e con il sapido accostamento di momenti di calma piatta e docce di adrenalina. I level designer hanno dosato ad arte l’azione, ingannando costantemente il giocatore per tenerlo sempre sulle spine. Cosa vi aspettate, per esempio, in un lungo corridoio buio? Un assalto. Una trappola. Una sorpresa brutta brutta. E allora eccovi lì, che camminate piano, con le armi cariche, passando in rassegna ogni pixel visibile, fermandovi ogni volta che vi pare di intravedere un’ombra. E indovinate un po’? Non succede niente! Era un innocuo corridoio. E poi, quando vi siete tranquillizzati, entrando in una stanza ampia, più illuminata e senza minacce apparenti, inizia una decompressione e dovete correre come dei dannati in cerca della porta successiva, trovandovi tra le braccia di un gruppo di necromorfi. Gli spaventi ci sono sempre, ma non sono piazzati in posizioni banali o prevedibili, eliminando qualunque tempo morto e facendo di Dead Space 2 un’esperienza intensa dall’inizio alla fine.
La ciliegina sulla torta è donata dalla gestione delle luci che, nonostante i limiti tecnici del motore grafico (lo stesso dello scorso episodio), danno vita a scene da fare invidia a una produzione hollywoodiana. Luci e ombre disegnano gli spazi come fotogrammi di un horror di classe, supplendo con lo stile alle mancanze tecniche. Tra l’altro, dire “mancanze tecniche” è un’esagerazione voluta, anche perché – di fatto – Dead Space 2 si allinea alla qualità grafica della stragrande maggioranza dei titoli a tripla A multipiattaforma. Sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosina di più, ma non c’è proprio di che lamentarsi, a meno che non siate dei nerd rompiballe come noi.
E C’È ANCHE IL MULTIPLAYER
Quando un titolo nasce con l’intento di essere un’esperienza esclusivamente single player, è sempre una rogna farlo diventare qualcosa di fruibile per il gioco in multi. Ma del resto, Electronic Arts è stata ben chiara negli scorsi mesi: mai più usciranno, almeno da parte loro, prodotti privi della componente online (altrimenti la gente non compra, aggiungiamo noi).
Ci siamo quindi avvicinati ai server di gioco di Dead Space 2 con una certa riluttanza, consci di tutte le problematiche a cui rischiavamo di andare incontro. Avendo sviscerato per bene (e sottolineiamo la parola “sviscerato”) ogni necromorfo presente sullo Sprawl, ci siamo g
iustamente chiesti come potesse funzionare il discorso degli scontri tutti contro tutti nei panni di una creatura putrescente piena di artigli e ossa affilate come rasoi.
La scelta degli sviluppatori è stata piuttosto arguta, evitando di tirare fuori mappe enormi dove ci si spara e/o affetta senza senso, puntando invece ad aree più compatte e, soprattutto, basando il tutto sul gioco di squadra. In buona sostanza, l’azione è composta da scontri fino a otto giocatori in totale, quattro per parte, divisi ovviamente fra umani e necromorfi.
In ogni mappa bisogna completare degli obiettivi, che ovviamente variano a seconda della fazione scelta. Se gli umani devono distruggere determinati manufatti, attivare meccanismi e trovare oggetti, i necromorfi si trovano nella situazione inversa, e pertanto dovranno difendere in ogni modo le varie postazioni. Le differenze si allargano in quanto ad armamenti: di base gli umani hanno il potere della Stasi (per sollevare e lanciare oggetti) e il Plasma Cutter, ma salendo di livello avremo accesso a nuove armi e armature più resistenti. I Necromorfi sono assai più limitati e dispongono quasi solo di attacchi fisici, ma hanno dalla loro la possibilità di vedere attraverso i muri e la forza del numero. Infatti, questa categoria si avvantaggia di alcuni bot in grado di rendere gli scontri decisamente più equilibrati.
Anche se di certo le modalità multiplayer non rappresentano il fulcro del gioco, rimangono un buon passatempo, e la loro natura “a obiettivi” rende piacevole l’esperienza, seppur con qualche dubbio in merito alla longevità. Per quanto le situazioni proposte siano piuttosto varie e il gioco di squadra decisamente più appassionante del solito fraggare a destra e a manca, permane sempre quella sensazione di “ma era proprio necessario?”. Insomma, l’idea è carina, ma Dead Space e multiplayer sembrano due universi agli antipodi.
In conclusione di tutto che si può dire, quindi? Ad esempio, che Dead Space 2 è un seguito consigliatissimo ai fan del primo episodio, ma anche a chi, per un motivo o per l’altro, se l’è perso. La trama regge tranquillamente da sola, e dal menu principale si può visualizzare un esaustivo video che ripercorre tutti i momenti salienti della disavventura di Isaac. Se vi piacciono l’horror e la fantascienza, insomma, smettete di leggere e cercate il portafogli.