Bulletstorm – L'Anteprima

Sperduti su un pianeta ostile, potrete difendervi con una sola arma: il testosterone. [Hands-On]

È un momento pericoloso, per essere dei redattori di videogiochi. Pensate, basta pronunciare le parole “mi piace Call of Duty” per attirarsi le ire di migliaia di fan, pronti a dire che il redattore in questione è un venduto, un disonesto, un pornografico. Visto che avete cliccato su un link con scritto Bulletstorm, però, non vogliamo tediarvi con le solite discussioni su COD. Quel che è certo, però, è che lo stile di game design del FPS di Activision, pur riscuotendo enormi successi di mercato, inizia ad annoiare i videogiocatori più esigenti, stufi della sua struttura a corridoi e fortemente scriptata. Il problema è che anche la concorrenza, se pur in misura diversa, adotta soluzioni simili, mettendo l’accento più sulla trama che non sul gameplay, relegando il giocatore al ruolo di attore di un copione già scritto. E pensare che ai tempi di Duke Nukem e Doom si sparava al grido di “fatti, non pugnette”, prendendo dei suini giganti a calci nel fondoschiena e blastando i cacodemoni a suon di BFG. Dove sono finiti quei bei tempi di ultraviolenza digitale gratuita? Cosa ne è stato della spontaneità del game design degli anni ’90? Lo sapevate che da giovani saltavamo i fossi per il lungo? Eppure, visto che avete cliccato su un link con scritto Bulletstorm, non vi parleremo nemmeno di come si stesse meglio quando si stava peggio. Mettetela così: Bulletstorm non è Call of Duty, e ripesca la sana ignoranza degli FPS delle origini (Alias, dove posso ritirare il premio per la intro più random del mese? NdFab) (tienila da parte e riciclala alla prima occasione, NdAlias).

TESTOSTERONE ALLA SPINA
Bulletstorm si presenta al suo pubblico con un inizio epico, con una serissima battaglia spaziale e un flashback delle grandi occasioni. Eppure, nonostante gli esaltati e gli squilibrati possano non accorgersene, nel giro di pochi minuti l’epica lascia spazio alla parodia. Il nostro protagonista è un soldato/marine spaziale che dice un sacco di parolacce, lotta al fianco di un mezzo cyborg incazzoso e vuole vendicarsi contro un generale cattivo. Ah, nel corso della sua avventura incontrerà una tipa sexy, ma anche molto saggia, perché alla protezione di un giubbotto antiproiettile preferisce il comfort di uno striminzito top, che fa risaltare le sue grazie mentre prende a scarpate nei denti i mutanti che infestano il pianeta alieno di turno. In pratica, ogni volta che qualcuno avvia Bulletstorm, Lev Tolstoj si rivolta nella tomba. Questa epica storia di machismo e testosterone, dunque, si rivela una semplice scusa per la vera protagonista del gioco, la violenza. E badate, non si tratta di banale violenza videoludica, in cui si spara a Tizio o Caio con armi di calibro crescente. In Bulletstorm uccidere è una forma d’arte, quasi come se Doom incontrasse la ginnastica artistica.

CULSPLOSIONI
Il sistema su cui si fonda tutto il gioco codifica gli Skillshot, ossia dei modi acrobatici per uccidere un nemico. Potete, per esempio, colpire qualcuno con un calcio, per poi sparargli con un mitragliatore nei suoi orifizi più sacri. Punti bonus per voi! Oppure, usando il cappio (una sorta di frusta elettrica), potete tirare a voi un povero malcapitato, per poi sparargli negli zebedei e fargli saltare la testa con un sapiente colpo di anfibio. Altri punti bonus per voi! Il bello è che questi punti non servono per misurare la lunghezza del proprio ego testosteronico: a ogni checkpoint troverete una stazione di ricarica, dove i punti in questione si trasformano in una valuta con la quale comprare proiettili e potenziamenti, come gli attacchi secondari delle proprie armi. Come se non bastasse, a ogni gingillo del vostro arsenale sono associati diversi skillshot, che vi spingeranno quindi a scoprire tutte le sfaccettature dei vostri simpatici strumenti di morte (che, per la cronaca, sono ben più originali della solita collezione di mitra di diverso calibro). L’idea è ottima e, se reggerà per tutta la campagna come abbiamo visto nei primi livelli, darà vita a un titolone memorabile, e magari a una nuova moda di game design. People Can Fly ed Epic hanno preso lo stile dei vecchi sparatutto in soggettiva, ma non si sono abbandonati a una patetica operazione nostalgia. Bulletstorm lo declina secondo i canoni del gaming moderno, sperimentando nuove meccaniche di gioco e proponendosi come una vera voce fuori dal coro. Riuscirà nel suo intento? Cambierà la storia del genere? È presto per dirlo, ma è bello sapere che c’è qualcosa di nuovo nell’aria.