Dopo il successo di The Conjuring – L’evocazione, era inevitabile che la New Line Cinema avrebbe munto la mucca fino agli sgoccioli. E così nel giro di due anni sono usciti uno spin-off (con un altro già in produzione) e un seguito, The Conjuring – Il Caso Enfield, anche stavolta basato su una storia “vera”, quella del poltergeist di Enfield. Ed anche questa volta protagonisti sono i coniugi Edward e Lorraine Warren, rispettivamente demonologo e sensitiva, che dovranno di nuovo aiutare una famiglia minacciata dalle presenze ultraterrene di turno. Vale la pena fare una premessa: il modo in cui Hollywood ha sdoganato le figure di Ed e Lorraine Warren è semplicemente vergognoso, quasi quanto la scelta di Lorraine stessa come consulente per il film. Stiamo parlando di gente che ha preso parte a truffe comprovate, come l’eclatante caso di Amtivylle e che suggeriva ai parenti di “indemoniati” (in realtà persone con gravi turbe psichiche) di rifiutare le cure psichiatriche in favore di esorcismi, dietro la promessa di soldi e fama. Questi sono i veri coniugi Warren, e sarebbe meglio non dimenticarlo, per quanto questo non debba necessariamente minare il valore del film in sé.
Tornando in tema: il primo The Conjuring era una perfetta sintesi di tutto un filone horror, quello della narrativa popolare se vogliamo, e racchiudeva tutti i topos di un genere chiaramente caro al regista, risultando un’opera quasi celebrativa, ma che di certo aveva ben poco di originale o innovativo. The Conjuring – Il Caso Enfield fa la stessa identica cosa e senza cambiare di una virgola la formula: il risultato è un film tecnicamente ottimo, ma che ha la sostanza di una soap prodotta da Rete4. La storia è ispirata ai fatti realmente accaduti (sempre tra una lunga serie di virgolette) ad Enfield, cittadina a nord di Londra, a cui sono stati aggiunti dei dettagli prima d’ora mai rivelati dai coniugi Warren. La sceneggiatura è decisamente il punto più debole del film: non solo fa trasparire una povertà di idee a dir poco allucinante, ma è anche gonfiata in modo ridicolo per farla arrivare a due ore e un quarto quando il film avrebbe potuto serenamente durarne una e mezza e ne avrebbe solo guadagnato. La storia d’amore tra Ed e Lorraine resa in modo ridicolo, le scene in famiglia sono fastidiose e le interazioni tra i personaggi risultano forzate e innaturali. Nessuno si comporta come ci si aspetterebbe in una situazione di pericolo: del resto la famigliola in pericolo è composta all’85% da bambini, quindi sappiamo già che non c’è nulla da temere: è ben lontano il giorno in cui Hollywood farà accadere qualcosa di brutto ad un infante, che sia posseduto da un demone o lasciato a casa da solo da genitori distratti.
[quotedx]La storia è ispirata ai fatti realmente accaduti (sempre tra una lunga serie di virgolette) ad Enfield[/quotedx]
Certo, nessuno sano di mente si aspetterebbe il neorealismo da un horror, tanto meno colpi di scena memorabili o sceneggiature impeccabili, ma L’Esorcista è uscito nel ’76, sono passati quarant’anni, non è anche ora di smetterla con l’acqua santa e i crocefissi? C’è ancora qualcuno che trova interessante vedere un prete che fa finta di parlare latino mentre butta un po’ d’acqua sul pavimento? The Conjuring – Il Caso Enfield non è però solo il prodotto di una pessima sceneggiatura: c’è del buono e va riconosciuto. Primo fra tutti il regista, James Wan, il quale continua infatti a dimostrare una padronanza assoluta dei tempi dell’horror: i movimenti di macchina sono perfetti e le inquadrature mostrano sempre lo stretto indispensabile, senza mai strafare; un paio di sequenze sono veramente terrificanti, ricorrendo ovviamente al jump scare, ma con moderazione. E, cosa ancora più importante, sa quando far montare la tensione senza che arrivi la risoluzione, facendo quasi sperare al pubblico che qualcosa di orribile salti fuori il prima possibile per far finalmente rilassare gli sfinteri. Questo però non rende meno amaro il film, che si conferma un’occasione sprecata perché ad un grande regista di genere è stato affidato del materiale decisamente non all’altezza. Dignitosi anche gli attori: Patrick Wilson ormai è alla sua quarta collaborazione col regista australiano, e riesce a dare una parvenza di credibilità al suo personaggio; Vera Farmiga non brilla per il suo talento ma dà comunque una prova discreta. Non male anche i numerosi bambini coinvolti: Wan sembra uno dei pochi registi in grado di dirigere decentemente attori sotto i quattordici anni, capita raramente di vedere così tanti marmocchi sullo schermo senza che agli spettatori venga voglia di cavarsi gli occhi e usarli per tapparsi le orecchie.
In sostanza The Conjuring – Il Caso Enfield è un film tecnicamente ineccepibile, ma completamente vuoto, che non lascia assolutamente niente allo spettatore, manca soprattutto quella sensazione di disagio al termine della proiezione tanto cara agli amanti dell’horror. Se non fosse per la mano di Wan, The Conjuring sarebbe un film di quarta categoria, al pari se non peggio di opere assolutamente mediocri come il recente The Boy. Il film non dà mai l’illusione del pericolo e soprattutto è la bravura del regista a dover attivare la sospensione dell’incredulità nello spettatore e a farlo immedesimare nei protagonisti, non si può delegare il compito ad un marketing serrato e ridicolo dove si cerca di convincere il pubblico che i fatti siano realmente accaduti. Altrimenti guardiamoci Paranormal Activity e via.