Alienween è uno dei favoriti tra i film italiani del Fantafestival 2016, prova ne è anche la buona presenza di pubblico all’anteprima di ieri sera. Federico Sfascia, che scrive e dirige, nonostante la giovane età non è un esordiente dell’appuntamento romano del fantastico. Lo spunto narrativo, com’è già evidente dal titolo, è la notte di Halloween. La notte in cui anche le stelle fanno paura. I fantasmi, dice una vecchia gloria della radio, vengono dallo spazio profondo. Nulla di originale in questa premessa, naturalmente. Ciò che stupisce è, nel bene o nel male, l’esecuzione di una delle storie ormai più reiterate del cinema horror: l’home invasion, di cui esistono decine di declinazioni. La trama è questa: quattro amici trentenni, che non si vedono da sette anni, decidono di organizzare una rimpatriata. Tema della festa è il classico “droga e mignotte”. Ognuno di essi ricorda vagamente un personaggio dai fumetti di Andrea Pazienza. C’è quello onesto e sentimentale (ma guarda, si chiama Ernesto), quello che incute timore (Samuel), quello che prova a essere simpatico a tutti (Ghandi, fidanzato con una diciottenne) e il fattone ritardatario (Renni).
La simpatica serata è rovinata dall’arrivo, quasi congiunto, di altri due gruppi. Il primo è quello delle lucciole, seminude ed esattamente come ce le aspettiamo. A una di esse, Nadia, sentiamo persino dire, in un colloquio a quattrocchi con Ernesto (che è sentimentale e non le si vuol concedere): “Io capisco le persone. È il mio lavoro capire cosa vogliono”. Il secondo gruppo è composto dalla fidanzata di Ghandi, Dalila, dal fratello gay, provvisto di eyeliner e altri stereotipi, e dalla fedele amica ultracattolica, che per sottolineare la sua fede ha la borsetta con un’enorme croce in bassorilievo. Questi ultimi hanno scoperto infatti l’ubicazione del festino, una vecchia casa abbandonata, che rimarrà quasi l’unica location del film. Ovviamente c’è qualcos’altro che annienta le speranze di divertimento degli amici, qualcosa di mortalmente pericoloso. Con tutti questi personaggi e le relazioni fra di essi da esibire e tener sotto controllo, sembra quasi impossibile che la fantascienza sia una componente forte di Alienween, eppure è così. L’elemento estraneo non è infatti una componente causale che metta in moto le dinamiche, ma il tessuto stesso su cui queste si adagiano e prendono forma. Questo è il motivo per cui i personaggi vengono su così stereotipati ed eccessivi. Vediamo, dunque, questi benedetti alieni. Gli “estranei” della pellicola sono rappresentati come una sorta di ibrido di extraterrestre e zucca, riuscito. Questi secernono un fatale seme che trasforma coloro che vi entrano a contatto in zombi assassini. Il gruppo rimane così intrappolato in casa. Il numero di personaggi diminuisce drasticamente. Vengono ammazzati da chi viene contaminato mentre fuori continua a piovere alieni. La vecchia dimora, piccola ma piena di angoli bui, diventa così il pretesto per una mostra dell’orrore ridicolo e paradossale. Le riprese sono ravvicinate, gli attori sudati, il montaggio è frenetico. Quello sonoro volutamente esagerato. Molti scene sono un frastuono per occhi e orecchie, com’è ovvio voluto, che a tratti tramortisce lo spettatore. Davvero ottimo il lavoro del compositore Alberto Masoni. Le musiche sono infatti ben realizzate, sempre azzeccate e in linea con lo stampo trash di Alienween.
Il film, come avrete a questo punto compreso, è sì una commedia horror, ma punta tutto sul comico. Leggendo altre recensioni, io sinceramente mi aspettavo qualcosa di più. Hai scelto un genere, ma non vuoi rimanerne ingabbiato? Benissimo. Non vuoi o non sai farmi spaventare? Allora fammi ridere. Il problema è che di ridere non se ne parla. Forse una volta strappa un sorriso, facendo comunque leva sulla pancia del pubblico. Alienween sembra scritto da un Seth Rogen in acido e insicuro. Non necessariamente una cosa negativa. Ma questo umorismo ha solo un velo di acidità, quella critica all’individualismo moderno di cui si ammanta e non perviene. Elemosina qualche risata a noi spettatori con gag stantie e tropi banali (scoregge, riviste porno, fidanzate manesche et cetera). Non mi si fraintenda. Il problema del film è solo la scrittura. Federico Sfascia è davvero bravo, alcuni spunti visivi sono davvero suggestivi ed esteticamente è un buon prodotto. Gli attori sono assolutamente credibili (nota di merito, per quanto mi riguarda, per l’underacting di Raffaele Ottolenghi). Ma Alienween è una piccola produzione, praticamente autofinanziato. E tecnicamente, per i pochi mezzi a disposizione, realizzato davvero bene e con ottimi, divertenti effetti speciali. Il voto in calce, perciò è di incoraggiamento a un gruppo di ragazzi dotati. Perciò, produttori, date dei soldi a questo regista. E un bravo sceneggiatore.