La vita inizia a cinquant’anni, diceva una nota pubblicità di dentiere. Tom Cruise ha la sua, di dentiera, e nessuna intenzione di lasciare la presa. Jack Reacher è la serie che l’attore di Top Gun, alla soglia dei dieci lustri, ha afferrato con tutte le sue forze e ci ha dimostrato che sì, si può essere un ottimo attore action di mezza età. Quanto gli aveva fatto bene lasciare Scientology? Poi ha tirato fuori Mission Impossible: Rogue Nation, e ci mancava il respiro a guardarlo stare in apnea per lunghi minuti come avesse i polmoni di un ragazzino. E noi a gridargli che era vecchio. “Sei vecchio Tom! Non puoi farcela!” gli dicevamo. E lui dritto per la sua strada. Quanto ci sbagliavamo. “C’è riuscito Neeson, pensava lui, perché non dovrei farcela io?”. E pensavi bene, Tom. Perché adesso quella tua faccia, che non ha mai sopportato nessuno quando facevi il fratello fico di Dustin Hoffman o ti chiamavi Jerry Facciadaschiaffi Maguire, è meno odiosa. La cinepresa ti si è avvicinata, e abbiamo visto le rughe, le imperfezioni. Abbiamo scoperto che sei umano.
La gestazione di Jack Reacher: Punto di non ritorno è stata lunga, per un film del genere. Il sequel arriverà nelle sale italiane domani, 20 ottobre 2016, a circa quattro anni dall’uscita del primo. Il nostro ex-maggiore della Military Police (da qui MP) cerca di farsi i fatti suoi, o meglio di farsi una donna. Cobie Smulders, la sostituta di Fury negli Avengers (combinazione) interpreta una quasi giovane maggioressa MP, Susan Turner. Reacher decide di andare a Washington per invitarla a cena, solo per scoprire che lei si trova da qualche giorno in prigione in attesa della Corte Marziale, con un’accusa di spionaggio. Reacher verrà così coinvolto in un losco affare, e i suoi avversari per toglierlo di mezzo non troveranno di meglio che minacciare una quindicenne biondina, Samantha Dayton, che afferma di essere sua figlia. Per un caso, quindi, i tre sconosciuti si ritrovano a fuggire da spietati killer. Il pretesto narrativo più banale, quindi, è il punto di partenza di quell’ora e mezzo di puro entertainment che è Jack Reacher: Punto di non ritorno. Non aspettatevi finezze, né un colpo di scena che sia uno. La trama fila via senza increspature o un respiro trattenuto, una scelta criticabile ma onesta e comunque migliore del solito twist telefonato. Il film, insomma, svolge il suo compitino, fornendo quello che ci si aspetta e forse qualcosa di più.
[quotedx]La gestazione di Jack Reacher: Punto di non ritorno è stata lunga[/quotedx]
La violenza è tanta, le mosse di Cruise pulite e spesso squisitamente gratuite. Sangue ce n’è poco: è un action thriller come lo farebbe la Disney, da vedere in allegria per una serata in famiglia. La famiglia, già che ci sono, è proprio il tema portante del film. Cos’è d’altronde un nucleo familiare se non due o tre estranei riuniti dal caso e in fuga dal destino (o dai debiti)? Reacher, la Turner e l’adolescente non si sono mai visti prima, eppure, scoprirete con una certa soddisfazione, si comportano come una famiglia normale: il litigio della coppia, la giovane che esce di nascosto di notte, la preoccupazione, il sollievo e il rimprovero del mattino seguente. Con la differenza che, in questo caso, sono degli assassini prezzolati e un po’ folli e non un’ammaccatura sulla fiancata dell’auto ad attentare alla salute familiare. Jack Reacher: Punto di non Ritorno è, in generale, un film su gente che sottovaluta Jack Reacher. Ma non solo. Gli avversari sottovalutano lui perché è vecchio, la sua compagna perché è una donna, la supposta figlia perché tanto è solo una ragazzina. Ovviamente i tre faranno il culo a tutti quanti. Ma vi fornisco un’ulteriore interpretazione con lo stesso tema. La sottostima coinvolge infatti gli attori stessi: come dicevo prima, qualche anno fa tutti pensavamo che Tom Cruise fosse finito, e ci speravamo anche. E invece nel film salta, corre e picchia come un mulo. E azzecca tutti gli one-liner. E la Smulders, che credevamo e forse speravamo andasse nel girone infernale degli attori di serie comedy? Chapeau al suo manager, che l’ha reinventata come attrice action. Noi la ricordavamo come la dura, ma in fondo tanto tanto dolce Robin di How I Met Your Mother. E invece nel film Cobie Smulders riesce a rendere credibili sequenze di combattimento d’efferata crudeltà (una in particolare m’è rimasta impressa, capirete di quale si tratta). Oltre a metterci la bella presenza, androgina al punto giusto.