Cinema e Videogiochi – Double Dragon (1994)

Ogni settimana parliamo di un film legato al mondo dei videogame. Raccontiamo passioni, sfide e curiosità su un genere che, fra alti e bassi, ha segnato l’inizio del nuovo millennio.

In contrasto col videogame, Yukich avrebbe trasferito il setting degli eventi dalla New York post-atomica apprezzata in versione Pixel alla disorientante città di New Angeles, versione riveduta e scorretta della più nota Los Angeles, trasformatasi in un circo dei freak in seguito ad un micidiale terremoto.

Il nuovo appuntamento con Cinema e Videogiochi ci rimanda ad uno dei progetti più controversi della sfera tie-in e, più nel dettaglio, ad una di quelle pellicole che si è soliti chiamare in causa ogni qualvolta si voglia infierire su un genere noto per aver offerto ben poche soddisfazioni ai suoi cultori… Ci riferiamo ovviamente (?) al famigerato Double Dragon, B-Movie nato dalla timida volontà di omaggiare l’omonimo side scrolling beat’em up firmato da Technos Japan nel 1987 e tuttavia trasformatosi in un inverecondo insulto alla sua memoria.

Diretto da James Yukich col supporto di Paul Dini e Neal Shusterman in veste di soggettisti, il film approdò nelle sale cinematografiche statunitensi nell’estate del 1994 impiegando circa un paio di spettacoli in terza serata prima di attirare a sé lo scherno di ogni appassionato del genere. All’origine del dissenso generale, una serie di lacune concettuali pressoché interminabile che, trovando comune denominatore nella drammatica carenza di budget, consumarono il proprio male in una realizzazione tecnica a dir poco imbarazzante figlia ad ambizioni registiche tanto bizzarre quanto forzate.

Nei panni dei giovani fratelli Billy e Jimmy Lee, gli appassionati del videogame avrebbero trovato l’atletico Mark Dacascos e il prode Scott Wolf… Non esattamente Schwarzenegger e Stallone, è chiaro; ma con una sceneggiatura del genere presumiamo che nessun duo avrebbe fatto scintille.

Rigettando a priori la prospettiva di realizzare quello che, a ragione di un incipit assai lineare, avrebbe potuto tranquillamente assumere forma di un gradevole kung-fu movie come tanti se n’erano visti all’epoca, il buon Yukich optò difatti per un approccio molto più eclettico al tema portante, finendo ahinoi per esasperare il setting post-apocalittico del canovaccio e perdersi in un marasma indistinto di suggestioni fanta-pulp. Annichiliti da sconclusionate sequenze action in cui era francamente difficile individuare i contorni di valide coreografie marziali; sviliti da una sceneggiatura farcita di dialoghi farneticanti e battute a vuoto e mortificati da un taglio registico di palese stampo televisivo, i mattatori della pellicola sarebbero pertanto andati alla deriva di un oceano di gommapiuma e improbabili costumi per oltre 95 minuti di girato, senza aver occasione di trovare una parvenza di orientamento neanche in occasione del pasticciatissimo climax finale.

Ad intrepretare la dolce Marian, da sempre cruccio amoroso dei due consanguinei e oggetto del desiderio di Koga Shuko, figurava una giovanissima Alyssa Milano.

Condizionato da una direzione artistica per molti versi degna dei peggiori episodi di Tekken, viziato da un montaggio incapace di conferire adeguato ritmo alla narrazione o un qualsiasi mordente ai take più dinamici, nonché orfano di una colonna sonora quanto meno in grado di sottolineare con adeguata enfasi quei pochi momenti di pathos legati al dipanarsi degli eventi, Double Dragon sarebbe in tal senso apparso ai più come un frastornante freak show di dilettanti allo sbaraglio. Roba da lasciare letteralmente di stucco chiunque gli avesse concesso il minimo beneficio del dubbio e mortificare, al contempo, ogni speranza nutrita a riguardo da chi aveva coltivato un amore spassionato per la serie di videogame cui esso era ispirato.

Il ruolo del visionario Koga Shuko, uno dei bad guy meno incisivi di sempre, venne affidato al caro Robert Patrick che, dopo aver prestato il proprio, spigoloso volto al T1000 apprezzato in Terminator 2: Il Giorno del Giudizio, mai avrebbe immaginato di finire su un set del genere…

Distribuito nel nostro paese in sola versione home video e con diversi mesi di ritardo sulla tabella di marcia, il film venne impunemente promosso dai rispettivi distributori come una sorta di ideale punto di incontro tra Grosso Guaio a Chinatown e 1997: Fuga da New York, ma è chiaro come il sole che nessuno di questi paralleli potesse rivelarsi più oltraggioso. A conferma di un fallimento su tutta la linea, va d’altronde sottolineato come il tutto risulti inadeguato persino ad una postuma rivalutazione in chiave trash…

Una splendida istantanea in cui potrete ammirare la raffinatezza dei costumi e la validità degli effetti speciali.

Di fronte a tanta goffaggine produttiva sarebbe stato magari lecito ipotizzare che esso potesse almeno fungere da attrazione speciale per quelle amabili serate all’insegna dell’orrido da condividere con gli amici più fidati a suon di grasse risate e “rutto libero”. Disgraziatamente, anche sotto questo singolare punto di vista, la produzione risulta però floscia, mesta ed inefficace, costringendoci dunque a decretare una stroncatura senza appello né ricorso in cassazione. Nel caso in cui doveste ritrovarvi sotto mano il rispettivo DVD pescando in una di quelle ceste zeppe di low budget movie che i grandi magazzini sono soliti dedicare allo smaltimento degli invenduti, il nostro consiglio è pertanto quello di resistere ad ogni forma di tentazione… Si trattasse anche della più irriducibile verve collezionistica: Double Dragon potrebbe solo costarvi un’ora e mezza che, tra cinquanta o cento anni, rimpiangereste amaramente sul vostro letto di morte.