Ai miei occhi, Thor, nella mitologia cinematografica Marvel, è sempre stato un dio minore. Non in termini di Box-Office, figurarsi, né di qualità dei film. Ciò che mancava al Dio del Tuono, e di cui, per dirne una, un Iron Man qualsiasi dispone in quantità, è lo stile: un look, se preferisci, capace di imprimersi nel cuore dei fan: e in questo includo anche il personaggio della Portman, figlia di scienziato terribilmente innamorata del rigore estetico dei primi anni 2000. Per questa ragione Disney ha deciso per un salutare salto “all’indietro”, zompando pesantemente nel periodo a cavallo fra ’70 e ’80. Quattro, invece, sono gli anni passati da Dark World, anni che Loki ha passato seduto comodamente sullo scranno del padre.
Da un punto di vista cinematografico ne sembrano passati molti di più: sullo schermo si sono avvicendati due Guardiani della Galassia e un Doctor Strange, inaspettati successi dei quali la produzione si è servita per rendere quello di Thor: Ragnarok un po’ meno incerto. Ed ecco com’è andata.

Sono andato all’anteprima di Thor: Ragnarok che già non lo sopportavo. Quella della palettatura al neon è ormai una ruffiana monomania retrò che mi dà solo sui nervi. Se poi mi tocchi i Led Zeppelin, ripiegando ovviamente su Immigrant Song ché è l’unica che la gente conosce, allora per me sei morto.
Seduto sulla poltrona VIP del The Space (niente di che, finché non ho scoperto che SI DISTENDE), però, ho assistito compiaciuto alla risurrezione del Dio, al nuovo avvento. Nella scoperta del suo nuovo stile, Thor ha saccheggiato a piene mani dalle due franchise già citate: dai Guardiani ha preso la leggerezza, lo spirito di squadra, le astronavi; da Doctor Strange la potenza visiva. Il semi-sconosciuto regista Taika Waititi ha applicato al blockbuster la formula dell’indie, ha usato cioè al massimo le sue risorse e intanto ha dato fiducia al cast, lasciandolo improvvisare. Ed è finita che Thor: Ragnarok ha fatto impallidire entrambi i volumi dei Guardiani della Galassia. Il film è caciarone, sopra le righe, completamente folle, il gruppo è affiatato, le dinamiche fra i personaggi interessanti e divertenti, e il tuo sguardo non può davvero riposarsi un attimo: insomma, finalmente, decisamente, davanti a noi un cinecomic.

La formula fumettistica del “supereroe con super-problemi” in un film risulta solo pedante realismo, e forse qualche executive Disney l’ha capito. Dove con gli altri si ronfava della bella, in un paio di battute Thor: Ragnarok riesce a consegnare una profondità emotiva ai suoi personaggi che il Procione coi mitra può solo sognare.
Per tanto tempo Marvel ha avuto fra le mani il protagonista perfetto, il Thor di Chris Hemsworth, senza saperne che fare. È bello, è divertente, anche affascinante, adesso ha anche i capelli corti e sì, care lettrici, si vede a petto nudo, in una scena durante la quale io, che non ho mai avuto insicurezze sul mio fisico, mi sono sentito rachitico e un po’ malaticcio. Ed è palese quanto Hemsworth se la sia spassata a girare Ragnarok.

La protagonista femminile poi, che vi devo dire, è Thessa Thompson, che zitta zitta si ruba il film. E qualcuno era pure riuscito a lamentarsi: “Ma una valchiria non può essere nera!” e giù a piangere. Piangi, omuncolo del web, e piangerai da solo (cit.). Mark Ruffalo ti era mancato tantissimo in Civil War, e saluterai con gioia sia l’attore in carne, ansia e ossa che il suo enorme alter-ego verde. Hiddleston (Loki) abbandona la parte da secondogenito complessato e fa quello che gli riesce meglio: recitare da dio (no pun intended).
Unica nota negativa: i protagonisti sono tutti su un pianeta ai confini della galassia, dove regna un certo Gran Maestro (un favoloso Jeff Goldblum in over-acting), e ci rimangono per un bel po’. Una volta compiuta la rocambolesca fuga alla volta di Asgard, io ero già esausto. E ancora c’era da sconfiggere la perfida sorella/dea della morte Hela (Cate Blanchett), il suo fido lupetto di venti metri e il contrito esecutore Karl Urban.
Fosse durato mezz’ora in meno, Thor: Ragnarok sarebbe stato perfetto, ma è comunque il miglior film Marvel finora (lo dice un non-aficionado). Divertente, non si prende troppo sul serio, ha una colonna sonora composta da Mark Mothersbaugh e sono persino riuscito a perdonargli i Led Zeppelin.