[Roma 2017] I, Tonya – Recensione

FIFA 18

Bello il pattinaggio su ghiaccio, no? I salti, gli atterraggi sul filo di una lama, i sorrisi e le Olimpiadi invernali: uno spettacolo. Ma come ci è finita una promettente stella degli anni ’90, prima donna statunitense ad eseguire un triplo axel, dalle stelle alle stalle della cronaca per un brutto caso di aggressione ai danni di una collega? I, Tonya è la storia della caduto di Tonya Harding, famosissima in America, della sua trasformazione da idolo delle masse a villain mediatico secondo solo a O.J. Simpson. Nei panni della pattinatrice c’è la bella Margot Robbie, la cui performance potrebbe guadagnarle un meritato Oscar.

Il mondo del pattinaggio, ho imparato grazie ad I, Tonya, non è tutto mosse aggraziate e vestitini orrendi. C’è tanta, tanta competizione fra gli sportivi, e non aiuta il fatto che il punteggio sia dato arbitrariamente da giudici che fanno attenzione anche al taglio di capelli. Voi anti-juventini lamentatevi pure, ma lì se la sognano la VAR.

Tonya Harding non è una figlia di papà come tutte le altre pattinatrici: è il tipo che si presenta in pista con lo smalto blu, balla con le musiche dei ZZ Top e spegne la sigaretta col pattino da figura. Sua madre è convinta che il metodo educativo migliore sia farsi odiare, e ci riesce con abilità agghiacciante, o esilarante. Per qualche ragione si è convinta che ispirare nella figlia una furia omicida nei suoi confronti la faccia pattinare meglio. Il padre a un certo punto è scappato. Tonya ha imparato ad avere una bassa stima di se stessa, e infatti a 19 anni sposa il primo che passa: un’idiota che la picchia. Il suo ambiente non è, quindi, l’ideale per trovare la serenità che richiedono otto ore di allenamento quotidiano. Tonya vuol solo pattinare, ma il suo ambiente non la lascia scappare e, proprio quando è lì per spiccare il salto, la trascina a fondo.

Negli Stati Uniti, il nome di Tonya Harding, oggi, è diventato praticamente sinonimo di “far fuori i propri avversari in una competizione a manganellate“. Non esattamente l’ideale conclusione di carriera per una che voleva vincere le Olimpiadi. E dato che la realtà è sempre più complicata di come la raccontano i media, e la versione dei fatti di Tonya non è mai arrivata al pubblico, questo film le dà finalmente una possibilità.

Ma una storia del genere non sarebbe mai sopravvissuta al trattamento “serioso” cui è stato sottoposto Foxcatcher, altra recente pellicola sportiva true-crime. Lo sceneggiatore Steven Rogers sceglie di prendersi gioco dei suoi personaggi, e il film è genuinamente divertente. Nonostante ciò è molto meno superficiale di quello che sembra, e concede alla Robbie (che figura anche in veste di produttrice) alcuni momenti in cui è possibile ammirare tutta la sua bravura d’attrice. Sebastian Stan, che interpreta il marito, dimostra di essere uno degli attori più eclettici del panorama moderno (è il Bucky di Civil War) e la madre di Allison Janney è, semplicemente, straordinaria.

Siciliano di nascita e anche di adozione, adesso gravita sul Raccordo. Per qualche ragione a lui ignota continua a studiare, ma dopo la laurea è convinto che avverrà il ricongiungimento all'Essere. Scrive, legge e si guarda in giro.