Eccolo qui: dopo quindici anni, Max è finalmente tornato a scorrazzare per le strade di Bleak City e dintorni. È passato attraverso una campagna di crowdfunding su Kickstarter, un anno abbondante di permanenza nel programma Early Access di Steam e qualche rinvio di troppo, ma Carmageddon: Reincarnation è ora realtà. Tirate a lucido la Eagle, allacciate le cinture, e accendete i motori: litri e litri di sangue, metallo pesante e tanta devastazione attendono i piloti così arditi da buttarsi nella mischia.
CARNE E MINESTRA
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PENTACARMA
I tempi sono cambiati, anche dal punto di vista musicale, e questo si rispecchia nei sottofondi scelti per accompagnare le imprese dei giocatori. A causa della natura del progetto e del budget decisamente più ristretto, aspettarsi il ritorno degli Iron Maiden sarebbe stato da folli, eppure Reincarnation non si fa mancare una buona dose di metal, andando a pescare i Maximum Sexy Pigeon, una band della scena indipendente australiana. Non manca qualche pezzo decisamente meno convenzionale, soprattutto considerando le origini di questa serie videoludica: a completare la colonna sonora ci pensano alcuni brani dubstep, una scelta che ai puristi potrebbe non andare a genio ma che stranamente risulta particolarmente azzeccata.
[/box_articoli]La formula di gioco è rimasta sostanzialmente invariata rispetto ai precedenti capitoli della serie. A bordo di auto piene di spuntoni acuminati, lo scopo è quello di portare a termine le corse scegliendo uno dei tre metodi a nostra disposizione. Possiamo decidere di eliminare fisicamente la concorrenza distruggendo le vetture degli avversari, magari facendo affidamento sui numerosi ostacoli disseminati nei livelli o raccogliendo e utilizzando i potenziamenti contenuti nei barili posizionati a bordo pista. Se ci sentiamo magnanimi, invece, c’è sempre la possibilità di optare per una gara classica, inanellando un checkpoint dietro l’altro e arrivando a tagliare il traguardo prima degli altri piloti, i quali non se ne staranno fermi a farsi i fatti loro ma tenteranno di ostacolarci in ogni modo possibile. La terza opzione, poi, è quella più violenta ma probabilmente la più noiosa: investire ciascun pedone presente sulla mappa, un approccio che nel lontano 1997 fece rimbalzare il primo Carmageddon su tutti i mass media, di certo non per tesserne le lodi. Le corse diventano presto violente, i passanti fuggono in preda al terrore di finire spiaccicati sul parabrezza, le strade si tingono di rosso in men che non si dica, le carrozzerie delle auto dei nostri avversari si ammaccano e si sfaldano, finché ciò che resta non è altro che uno scheletro della vettura che fu, immerso in una pozza d’olio e inghiottito dalle fiamme della nostra furiosa, brutale vittoria.
Questa è l’essenza di Carmageddon, e Reincarnation fa un ottimo lavoro nel riproporla tre lustri dopo la pubblicazione di quel terzo capitolo arrivato agli albori del terzo millennio. Purtroppo ai ragazzi di Stainless Games è mancato il coraggio di osare e di aggiungere elementi veramente nuovi a una formula collaudata e vincente. Questo, però, non significa che manchino le novità: il team di sviluppo ha deciso di introdurre alcune modalità di gioco alternative che sembrano essere state prese di peso dal mondo degli shooter competitivi e trasposte in chiave automobilistica, come una sorta di “Cattura la bandiera” in cui bisognerà collezionare più checkpoint degli altri piloti; tuttavia, anche qui come nelle corse classiche, possiamo decidere di competere in maniera corretta oppure giocare sporco, rubando i punti ottenuti dai nostri avversari distruggendo le loro vetture. La varietà dell’esperienza complessiva ne risente in positivo, ma queste modalità hanno il sapore di un buon contorno per una portata principale che ormai inizia ad avere il sapore stantio di una minestra riscaldata fin troppe volte.
REPETITA IUVANT?
Un elemento di Carmageddon: Reincarnation che non convince appieno è la struttura della carriera single player: formata da un gran numero di eventi raccolti in sedici capitoli, ognuno di questi viene sbloccato solo dopo aver ottenuto un certo quantitativo di crediti nelle gare del capitolo immediatamente precedente. E dov’è il problema in un approccio di questo tipo? Purtroppo non sempre – per non dire quasi mai – uscire vittoriosi da tutte le competizioni garantisce crediti sufficienti per l’accesso automatico al capitolo successivo, ne consegue che diventa d’obbligo ripetere più volte le corse appena affrontate per proseguire con la carriera.
Anche il modo in cui vengono potenziate le auto a nostra disposizione non è esente da problemi. Per acquistare nuovi pezzi bisogna andare alla ricerca di gettoni di miglioramento spendibili nel garage, dove sarà possibile aumentare le prestazioni del motore e dell’armatura, nonché la capacità offensiva del veicolo; questa speciale valuta si trova nascosta nei meandri dei livelli, costringendo il giocatore a percorrere ancora una volta le stesse strade battute in precedenza. In poco tempo la noia rischia di prendere il sopravvento, ed è un peccato perché la mole di contenuti messi sul piatto è imponente: c’era davvero bisogno di allungare la longevità in questo modo?
CARROZZERIA AMMACCATA
Permettetemi, poi, di soffermarmi in modo approfondito sul comparto tecnico. Dire che ci troviamo di fronte a una grafica non all’altezza delle aspettative è un eufemismo: i modelli delle auto sono privi di qualsiasi dettaglio degno di nota, i pedoni sono un ammasso informe di poligoni che si muovono in maniera completamente innaturale, le texture applicate agli elementi dello scenario sono in bassa risoluzione e decisamente inadeguate al periodo attuale, per non parlare degli effetti particellari che sembrano provenire direttamente dallo scorso decennio. L’unico aspetto che si salva è il sistema di danni dei veicoli, il quale fa sì che ogni minimo contatto si rifletta in maniera realistica sulla carrozzeria, fornendo una buona approssimazione delle lesioni sostenute dalle vetture. Nel complesso, però, il risultato è a stento accettabile per una produzione di tale livello e da un team di sviluppatori esperti.
[quotedx]Dire che ci troviamo di fronte a una grafica non all’altezza delle aspettative è un eufemismo[/quotedx]Dato il comparto grafico anacronistico ci si aspetterebbe che il gioco giri fluido e senza intoppi. Niente di più sbagliato: l’engine sembra aver trascorso pochissimo tempo negli hard disk degli addetti all’ottimizzazione. Per quanto riguarda il frame rate, in particolare, Carmageddon: Reincarnation è un viaggio sulle montagne russe: non si scende quasi mai al di sotto della soglia dei 30 fps ma, in alcune situazioni, il gioco soffre di brevissimi freeze che sembrano presentarsi in maniera casuale. L’esperienza complessiva difficilmente viene intaccata da questi problemi, ma fa storcere il naso il fatto che i ragazzi di Stainless Games non abbiano fatto tesoro di tutti i suggerimenti inviati dai membri della community di Steam durante i circa quindici mesi di permanenza nella fase di Accesso Anticipato.