Little Battlers eXperience – Recensione

Tutto si può dire di Level-5 tranne che non sappia catalizzare l’attenzione del grande pubblico giapponese. Dopo aver cavalcato il successo straripante della serie Professor Layton e ben due generazioni di calciatori nella serie Inazuma Eleven, la compagnia nipponica ha deciso di avvicinarsi al mondo delle miniature robotiche, da sempre dominato dal sempiterno franchise Gundam e dai suoi modellini da costruire e personalizzare, i Gunpla.

Era il 2011 quando su Sony PSP faceva il suo debutto in quel del Sol Levante il primo episodio della serie Danball Senki ma è solamente oggi, in questo agosto del 2015, che possiamo parlarne con il nome ufficiale occidentale di Little Battlers eXperience. Il titolo non dovrebbe suonare nuovo ai giovanissimi spettatori dell’omonimo cartone animato andato in onda sull’emittente televisiva K2, trasposizione di questo nuovo universo narrativo creato dalla penna del poliedrico Akihiro Hino, la mente creativa dietro ai maggiori franchise Level-5 e al recente Ni No Kuni.

(RO)BOTTE DA ORBI

In un futuro non troppo lontano la nuova moda fra i giovanissimi è quella di competere utilizzando dei robot componibili e miniaturizzati chiamati LBX. Van Yamano è un tredicenne orfano di padre con una passione smisurata per questi piccoli androidi da combattimento. Il suo improvviso incontro con una misteriosa donna dà il via al susseguirsi di eventi che muovono le redini di una narrativa ancorata ai canovacci del fumetto giapponese di tipo shonen. Pur essendo un action RPG, Little Battlers eXperience è strutturato non molto diversamente dagli episodi della serie Inazuma Eleven, dove il sistema di gioco è spesso soverchiato da una sceneggiatura verbosa e non particolarmente brillante. Niente che possa infastidire un pubblico di giovanissimi o di appassionati della serie animata, ovviamente, ma nel caso foste più grandicelli è giusto chiarire che è praticamente impossibile ignorare le lunghe cinematiche e i dialoghi che rimbalzano il protagonista da un punto all’altro delle aree esplorabili. Per fortuna i robottini di Little Battlers eXperience seguono l’esempio dei cugini calciatori, ed è sempre evidenziato da una serie di indicatori dove ci si deve recare e cosa è necessario fare per poter incedere nella lunga epopea di Van e soci.

Fra drammatici combattimenti all’ultimo proiettile, tropi dell’animazione giapponese e sfilate di personaggi caratterizzati secondo il gusto dei prodotti destinati ai giovanissimi, si fa spazio un profondissimo sistema di personalizzazione degli androidi da sfoderare in combattimento. L’esoscheletro umanoide dei minuti LBX può essere infatti ricoperto da armature dalle forme e dalle proprietà differenti; in tal senso, è lasciata al giocatore la massima libertà di personalizzazione, potendo anche incrociare pezzi provenienti da set di armature differenti. Oltre a modificarne l’aspetto e le armi in dotazione, è anche possibile variare le “unità centrali”, ovvero i componenti che sotto il cofano finiscono per definire caratteristiche importanti, come il numero di attacchi concatenabili, le abilità sfoderabili sul campo di battaglia e via dicendo.

AL MOMENTO DI DARSELE

Little-Battler-eXperience immagine recensione Ovviamente, i benefici delle ore passate a svitare e incrociare i componenti migliori nelle officine virtuali si vedono solamente una volta scesi sul campo di battaglia, dove fino ad un massimo di sei avversari possono scontrarsi senza esclusione di colpi. Le battaglie si svolgono in tempo reale in arene in cui dislivelli e coperture naturali danno modo di mettere in atto strategie sempre diverse. Quel che è certo è che, a dispetto di una parte gestionale ricca di sfaccettature, il sistema di combattimento di LBX si dimostra sì semplice e immediato, ma anche caotico e non sempre in grado di restituire con la dovuta giustizia l’eredità di altre serie videoludiche similari (e sparite completamente dai radar delle pubblicazioni occidentali), come Medarot o Custom Robo. Negli scontri a squadre, dove gli avversari sono tanti e spesso l’IA dei compagni non è in grado di reggere la differenza in termini di forza bruta, i limiti del sistema di battaglia vengono presto a galla. La telecamera che ignora i nemici più vicini, gli oggetti lenitivi impossibili da raggiungere col giusto tempismo e un’intelligenza artificiale dei compagni di squadra nel più dei casi deficitaria sono solo tre delle problematiche che affliggono gli scontri per gran parte dell’avventura. C’è da dire che una quantità praticamente infinita di mosse speciali, le abilità uniche e le notevoli possibilità di personalizzazione reggono insieme un prodotto sicuramente ben confezionato, ma comunque lungi dall’essere perfetto.

Giunge poi come manna dal cielo la possibilità di far scontrare il proprio androide miniaturizzato contro quello di altri giocatori, sfruttando il multiplayer locale: una caratteristica che, da sola, potrebbe sostituire senza tanti problemi l’intera avventura principale. Purtroppo, non è possibile lanciarsi in scontri online, né è stata lasciata la possibilità di scambiarsi componenti con altri giocatori, probabilmente per non andare a squilibrare la main quest che, ora dopo ora, offre sempre più possibilità di personalizzazione, fino ad un totale di oltre 4000 pezzi fra cui scegliere. In realtà, seppur collateralmente, è possibile cedere ad altri dei componenti attraverso la funzionalità Street Pass, ma niente avrebbe reso più immediato lo scambio di componenti di una diretta funzione di invio e ricezione oggetti.

BELLO A VEDERSI

Non stupisce che anche questa produzione Level-5 sfoggi livelli di produzione altissimi. I molteplici inserti, dedicati alle fasi della storia più importanti, sono arricchiti da linee di dialogo doppiate dagli stessi attori che hanno prestato la propria voce ai personaggi nell’edizione americana della cartone animato. Stranamente, è assente il doppiaggio in Italiano, praticamente dato per scontato visto il trattamento riservato da Nintendo alla serie Inazuma Eleven. Ottima, invece, la traduzione dei testi nella nostra lingua, come tradizione interessata da un’americanizzazione dei nomi dei personaggi, ma sempre attenta a rendere viva e credibile anche la scena più enfatica.

Little-Battler-eXperience immagine recensionePur essendo a conti fatti un titolo PSP del 2011, Little Battlers Experience può contare su un’estetica solidissima, frutto dello sforzo congiunto di un character design indovinato e di una modellazione poligonale stilizzata ma funzionale. Le ambientazioni urbane di Pacifica e Tokio (no, non è un typo!) sono dettagliate e in linea con la direzione artistica in stile anime che permea l’intera produzione, ma la parte migliore è senza ombra di dubbio rappresentata dal mech design e dalla modellazione 3D degli LBX. L’unico difetto, se proprio si vuole trovare il pelo nell’uovo, è rappresentato da un leggero aliasing che tende a seghettare l’immagine, in particolare addosso ai modelli poligonali dei personaggi principali; stiamo comunque parlando di un piccolo difetto in un titolo che non sfigura in pieno 2015, nonostante appartenga ad una generazione passata di console portatili. Il che testimonia, semplicemente, la bravura del team di grafici di una software house che, tra le tante cose, ha partorito roba acclamata come Dragon Quest VIII e il recente Fantasy Life.