Zombi – Recensione

Per un attimo, improvvisamente immemore degli ultimi anni di storia del gaming, al titolo Zombi avevo associato l’omonimo (almeno in Italia, l’originale è Dawn of the Dead) capolavoro di George Romero, secondo capitolo della saga cinematografica dei morti viventi, sceneggiato dal nostro Dario Argento e uscito nei cinema la bellezza di 37 anni fa. E invece no, naturalmente, anche se Zombi di Ubisoft è comunque un rifacimento, strettissimo, della più modesta gloria di ZombiU, ex titolo di punta della console Nintendo ora riadattato per PC, PS4 e Xbox One. In questo caso non è legittimo parlare di remastered, dal momento che il boost grafico è addirittura trascurabile, e allo stesso tempo sono state apportate alcune modifiche di un certo peso – efficaci ma fin troppo semplici – su tutte le caratteristiche legate al controller Wii U. D’altra parte, proprio chi ama il cinema sui morti viventi dovrebbe guardare al gioco Ubisoft con particolare attenzione, complice un’atmosfera che, se non può riempire il gap tecnico con altre produzioni, sa almeno regalare una quindicina di ore di classicissima apocalissi zombie, quasi esattamente nei termini descritti da Romero e aggiornati, nel nuovo millennio, da 28 Giorni Dopo di Danny Boyle.

LONDON BRIDGE IS FALLING DOWN

Per quelli che se lo sono perso (tanti, almeno in questa generazione), o non hanno mai letto nulla a riguardo, ricordo che ZombiU ha dalla sua parecchie caratteristiche positive, grazie a un approccio piuttosto personale – pur se mutuato da altri esempi, come vedremo – sulla cultura dei survival horror. Si tratta di un compromesso, in certi passaggi quasi geniale, tra la maggiore accessibilità dei blockbuster moderni e ciò che i videogiocatori hanno sempre desiderato, e spesso ottengono nel mercato indie, sul piano della nuda difficoltà. Il giocatore parte alla guida di un semplice sopravvissuto, e il tenore della sfida è tale che non sarà possibile, o comunque sarà quasi impossibile, arrivare alla fine della trama con lo stesso personaggio, complici le scarse risorse, la resistenza degli infetti e la cattiveria degli sviluppatori nel disporre le insidie. In particolare, nel gameplay è riconoscibile l’influenza di titoli diversissimi tra loro, sulle cui idee sono stati applicati con notevole perizia i canoni di action adventure più canonici, in termini di struttura e dipanarsi degli scenari. La morte permanente del personaggio, ad esempio, ci riporterà sulle sue tracce per recuperare i preziosissimi oggetti contenuti nello zainetto, non tanto per le munizioni e le risorse vitali quanto per i vari modelli di armi rinvenuti nelle ambientazioni, che sarà più difficile ritrovare nel proseguo del gioco. Un’idea fighissima, a mio modo di vedere, perfettamente coerente al nuovo contesto e persino affascinante nel momento di passaggio, quando affronteremo il vecchio eroe ormai trasformato in un cadavere ambulante, magari dopo esserci affezionati alla sua faccia.

zombi[quotedx]chi ama il cinema sui morti viventi dovrebbe guardare al gioco Ubisoft con particolare attenzione[/quotedx]Nel corso del gioco troverete piccolissimi accenti da ARPG, negli oggetti per potenziare le armi, oppure nei semplici attributi per i sopravvissuti, ma tutto il resto beneficia di una impostazione survival horror molto decisa, in cui dovremo pensare a quali medkit, tipo di munizioni, granate o armi è meglio lasciare nella cassa comune, a beneficio del prossimo PG, cercando comunque di affrontare ogni stanza o corridoio con il giusto rispetto per le risorse e per la propria pelle. In termini di level design, pur con le dovute differenze di ambientazione, Zombi ricorda un poco la disponibilità progressiva dei livelli di Alien: Isolation e degli ultimi Dead Space, con una nuova spruzzata di Dark Souls nelle frequenti interconnessioni degli scenari, attraverso intricati passaggi che si aprono a seconda degli strumenti recuperati. È possibile salvare la partita solo nei “rifugi”, e in caso di morte torneremo comunque nel luogo di partenza, al centro della mappa, connesso alle varie ambientazioni da passaggi che possiamo facoltativamente scovare, insieme alle videocamere per “illuminare” la mappa, esplorando a fondo la città e i suoi sotterranei.

Proprio Londra è la protagonista di una messa in scena di grande fascino, per come i luoghi noti sono stati apocalitticamente trasfigurati (primo fra tutti Buckingham Palace), per alcuni giochi di luce ben orchestrati e per tutto ciò che avete appena letto, che influenza ed esalta lo stato d’animo con cui affrontiamo strade e cunicoli. Gli scenari non sono mai troppo grandi, e sono spesso interessati da obiettivi principali e facoltativi che impongono un certo grado di backtracking, tendenza un pochino mitigata dai segreti e dai dettagli che possono essere rintracciati dai livelli. La trama, dal canto suo, fa il suo mestiere senza particolari guizzi, grandemente aiutata dalle pure sensazioni che l’esperienza riesce a evocare, in mezzo ai soliti contatti ambigui, scienziati da aiutare e alla possibilità più estrema, la più influente sul sistema dei tre finali, per salvare il mondo dal terribile virus. Classici NPC chiederanno il vostro aiuto, costringendovi a fare le solite consegne da fattorino, avanti e indietro per gli scenari londinesi, con un pochino di noia o addirittura con esaltazione, a seconda di quanto vi piacciono le “zombie-experience” ben fatte.

NON SI VIVE DI SOLA GIOIA

Alle caratteristiche appena descritte si possono muovere critiche sostanzialmente marginali. I controlli di base, ad esempio, si presentano scarni come nella versione originale, con un unico tasto per abbassarsi sotto un ostacolo, per saltarlo o per arrampicarsi in determinate situazioni. C’è poi un comando per alzare le armi melee e un altro per scagliare il colpo, a lato di un’impostazione shooter altrettanto basilare, senza ironsight, mirini, tasti di lean e quant’altro. Le tipologie di zombi non sono proprio fantasiosissime, con i soliti infetti più resistenti, più veloci, esplosivi, sputa-bava e via di questo passo, anche se in questo caso hanno il merito di seguire e rispettare l’immagine iconografica degli zombi, senza fantasiose mutazioni o cose del genere, in linea con lo spirito di tutta l’ambientazione.

Critiche più decise possono essere mosse ad altre caratteristiche, non tanto in termini di tenuta tecnica – in questo caso il lavoro era fin troppo semplice – quanto di soluzioni per mantenere l’appeal di ZombiU sulle altre piattaforme. Con questo non voglio dire che le scelte fatte siano sbagliate, e anzi la mappa e le schermate statiche di gestione riescono a svolgere il loro compito con puntualità, così come il visore per rinvenire oggetti utili e risolvere enigmi, semplicemente sovrapposto a tutta la visuale; allo stesso tempo, però, le sofisticate interazioni del controller Wii U avevano un valore dinamico molto diverso nell’integrazione sullo schermo degli elementi di gioco, ed evidentemente ci si è sforzati pochissimo di restituire le stesse sensazioni, se non con un paio di inquadrature e lo scolastico ridisegno delle interfacce.

zombi[quotesx]Le tipologie di zombi non sono proprio fantasiosissime[/quotesx]Metteteci anche un impianto grafico fin troppo parsimonioso, leggerissimo su tutte le piattaforme (sul mio PC addirittura vola, dai 150 ai 200 frame al secondo) ma inevitabilmente vecchio per qualsiasi action adventure della stessa generazione, almeno fra quelli che si fregiano di marchi altisonanti. Personalmente non ritengo un difetto la mancanza del co-op, che è stato chiesto da alcuni appassionati ma sarebbe risultato inadatto agli scenari e all’impostazione di Zombi, a meno di ridisegnare i livelli da capo e renderli più ariosi e “popolati”. L’unica modalità alternativa è fondata sul tempo di sopravvivenza e sul punteggio, dall’inizio del gioco fino al momento della nostra violenta dipartita. Casomai, come dicevo, una produzione di questo calibro avrebbe dovuto semplicemente “vestirsi” meglio, sulla soglia di piattaforme che – almeno a ‘sto giro – sono più fortunate e commercialmente appetibili.