Transformers: Devastation – Recensione

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Non so cosa facevate nell’autunno del 1985, ma io ricordo perfettamente quel pomeriggio a casa degli zii del mio amico Paolo, quando assistemmo alla prima puntata dei Transformers, l’inizio di quella che, in seguito, sarebbe stata ribattezzata dai fan di vecchia data la Generation 1. Era inevitabile che la macchina del marketing eseguisse un’elegante attacco a tenaglia, affiancando a una linea di giocattoli già di per sé desideratissima un cartone animato che sarebbe diventato un appuntamento fisso, nonché imperativo argomento di discussione tra i marmocchi di allora. Li adoravo e tuttora nutro una grande passione per i robot di Hasbro, nonostante lo stupro effettuato da Michael Bay e dai suoi bruttissimi e spigolosi mucchi di ferraglia, realizzati probabilmente col Meccano da Escher dopo un party a base di anfetamine. Però i videogiochi belli sui Transformers belli sono sempre stati una chimera, con un paio di tentativi ignobili per Commodore 64 a opera di Denton Design e David Crane, tra tutti. Quelli, e un misconosciuto titolo creato da Winkysoft per PlayStation 2, ovviamente orrendo. Crane lo conoscete, i Denton Design hanno firmato capolavori a otto bit come Shadowfire e The Great Escape, mentre Winkysoft ha fatto la fortuna di Banpresto, buttando le basi per la popolarissima serie Super Robot Taisen: se questi hanno fallito nel realizzare un adattamento quantomeno dignitoso delle avventure di Commander (dai, usiamo il nome con cui lo abbiamo conosciuto in Italia, ché Optimus Prime sembra una linea di trattamenti antiparassitari) e soci, allora nessuno può riuscirci. A meno che…
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“LESS TALK AUTOBOT, AND MORE DYING!”

Un gioco sulla prima, indimenticabile generazione di Transformers creata da Platinum Games, praticamente un’unione sacra celebrata nell’equivalente cybertroniano del paradiso, tra angeli robotici. Nulla poteva andare storto, e infatti il gioco parte da subito in quarta, con una grafica che sopperisce a una conta poligonale non esaltante grazie a un cel shading da urlo, che richiama lo stile “vecchio ma luccicante” del bellissimo Transformers the Movie targato 1986. Alle voci il ritorno dei doppiatori storici, con Peter Cullen e il poliedrico Frank Welker, leggenda vivente che, da solo, ha praticamente prestato le corde vocali a metà dei personaggi della serie! Commander si controlla come un sogno, alternando la forma robotica a quella veicolare, per esplorare le mappe e concludere o continuare le combo ai danni dei Decepticon grazie a un nutrito numero di opzioni che comprendono sequenze di colpi corpo a corpo e attacchi a distanza. Il tempo di muovere i primi passi nel tutorial e già è spuntato l’amore, specie dopo aver schivato un attacco per il rotto della cuffia, attivando l’equivalente robotico del Witch Time di Bayonetta. Sì, un gigantesco robot antropomorfo schiva l’attacco di un suo simile rallentando il tempo, approfittando delle letargiche lancette per colpire ancora e ancora il nemico, proprio come farebbe una strega sexy: le battaglie di Devastation sono notevolmente più dinamiche di quelle viste in televisione negli anni Ottanta, ma non credo che nessuno avrà di che lamentarsi.

È fantastico schivare un nemico, trasformarsi in veicolo e accelerare alla volta di un avversario dotato di scudo, infrangendo grazie alla velocità la sua protezione in una frazione di secondo, mentre il tempo si muove al rallentatore in un’overdose di adrenalina! Il gioco del resto prende ispirazione neppure tanto velatamente dal blockbuster Platinum, con gli scontri da affrontare in ristrette arene con tanto di valutazione finale da limare un tentativo alla volta, assieme a boss fight dall’innegabile carisma. Tralasciando orde di anonimi guerrieri destinati allo sfasciacarrozze, i Decepticon “titolari” sono ben caratterizzati in attacchi e movenze, e non perdono occasione per trasformarsi durante gli scontri offrendo una sfida sufficientemente varia e autentica, per la gioia dei fan. Mixmaster sparge pozzanghere adesive dalla sua betoniera, Soundwave manda avanti Ravage, Laserbeak e Frenzy, Blitzwing scatena il caos con le sue tre trasformazioni mentre Devastator… beh, devasta, ovviamente. Torreggiante e iconico, l’unione dei sei Constructicon si fa avanti praticamente all’inizio del gioco, promettendo grandi cose sul fronte della spettacolarità.
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“YOU NEED AN ARMY TO FIGHT ME!”

Il problema è che il gioco dura poco. L’ho finito al livello intermedio in meno di cinque ore, falciando Decepticon senza particolari problemi, gustandomi un viaggio dai toni altalenanti. In altre parole, il fanciullino fanboy è felicissimo, il critico rompiscatole un po’ meno. La verità è che ho ancora fame: vorrei che la campagna durasse quantomeno il doppio, vorrei poter usare qualche altro Autobot oltre a Commander, Bumblebee, Grimlock, Sideswipe e Wheeljack, vorrei impersonare i Decepticon e, soprattutto, sarei impazzito di fronte a una modalità multi giocatore. La spettacolarità di Devastation parte a tutta birra, ma esaurisce il carburante piuttosto in fretta, tra i problemi di cui sopra e una certa ripetitività per quanto riguarda le ambientazioni. Indubbiamente il sistema di combattimento è solido come una roccia, ma è anche vero che gioca sul sicuro, con cinque protagonisti che, tecniche speciali a parte, sono piuttosto simili e si differenziano per meri numeri. Cambiano rapidità d’attacco, resistenza e velocità, eccezion fatta per Grimlock e la sua trasformazione in tirannosauro capace di sgranocchiare il Decepticon di turno in seguito a una schivata efficace, che offre un approccio un filo diverso.

Fall of Cybertron di High Moon Studios sotto questo aspetto era parecchio avanti, con idee come l’invisibilità di Cliffjumper o il rampino di Jazz, che giustificavano una significativa varietà nei livelli all’interno di una campagna organica in cui si impersonavano i buoni e i cattivi. Se da una parte confrontare uno sparatutto in terza persona con un picchiaduro ha poco senso, dall’altra si ha la sensazione che Platinum non abbia voluto strafare più del dovuto. Si affronta Menasor ad esempio, ma tra gli Stunticon avremo a che fare col solo Motormaster, mentre i boss vanno combattuti più volte, insinuando il dubbio che Kenji Saito e il suo staff abbiano voluto allungare il più possibile il brodo usando quello che avevano a disposizione. Budget risicato? Può essere, considerando che Transformers: Devastation arriva sugli scaffali, fisici e non, a un prezzo inferiore alla media. Sono curioso a questo punto riguardo a un possibile seguito, dato che il finale aperto butta uno sguardo su parte del cast futuro e su un nemico finale di tutto rispetto.
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“WHY THROW AWAY YOUR LIFE SO RECKLESSLY?”

Transformers: Devastation offre longevità extra sotto forma di sfide, collezionabili e loot. Messa da parte la modalità storia, ci sono ben cinquanta missioni di difficoltà crescente che vanno dall’obliterazione delle forze nemiche alla difesa di un compagno. Ottenere una valutazione alta significa mettere le mani su nuove armi, da equipaggiare o combinare tra di loro, potenziando il danno e trasferendo abilità speciali. Questo vuol dire che Commander non sarà costretto a usare la classica ascia d’energia vista nel cartone animato, ma potrà sbizzarrirsi con martelli giganteschi, spade assortite e armi da fuoco che vanno dal lanciamissili al fucile da cecchino, impagabile per centrare tra gli occhi un Seeker volante. Nell’officina di Wheeljack è anche possibile imparare qualche mossa nuova e creare potenziamenti da portare in battaglia spendendo energon, oltre a pompare le caratteristiche dei cinque protagonisti. Un livello di complessità e gestione che ho apprezzato, specie perché affrontare da subito il livello di difficoltà più alto è un po’ noioso per via della coriacea resistenza dei boss.

Potete essere i migliori giocatori del mondo e schivare gli attacchi di Devastator anche a occhi chiusi, ma per intaccarne la barra della vitalità dovrete prendervi un giorno di ferie, almeno all’inizio. I giochi Platinum, si sa, danno il meglio rigiocando l’esperienza alla difficoltà più alta, puntando alla valutazione più prestigiosa, e in quest’ottica l’officina di Wheeljack rende più interessante tutto quello che viene dopo aver finito il gioco per la prima volta, per chi ha voglia di mettersi alla prova con una sfida dura ma esaltante. Se invece appartenete a quella categoria di giocatori che mette da parte un gioco dopo aver visto i titoli di coda consiglierei di guardare altrove e attendere tempi migliori. Anche rivoltando i livelli come un calzino a caccia di stemmi Decepticon, dei giri di ronda di Laserbeak e altri collezionabili non credo che impegnerete oltre sei ore per arrivare alla fine; avrete sbloccato un sacco di disegni bellissimi e informazioni succose sul piano di Megatron, ma nient’altro.