Mirror’s Edge Catalyst – Recensione

Nell’ormai lontano 2008, Ben Cousins di DICE annunciò la lavorazione di qualcosa che avrebbe stravolto la classica concezione dei giochi con prospettiva in prima persona: un’avventura adrenalinica basata su fughe rocambolesche dentro e, soprattutto, fuori gli opalescenti grattacieli di una metropoli incastonata in un futuro distopico, tanto candida in superficie quanto marcia e corrotta all’interno, stretta nella morsa degli interessi di una spietata multinazionale. Sebbene titoli come Prince of Persia e Assassin’s Creed avessero già implementato alcune dinamiche dell'”arte dello spostamento” per attraversare i rispettivi mondi di gioco con il giusto equilibrio di solerzia e spettacolarità, in Mirror’s Edge questa assume un ruolo ancora più centrale e richiede al giocatore una padronanza dei controlli certosina per consentire a Faith, il nome dell’eroina e a tutt’oggi uno dei protagonisti femminili più incisivi nella storia dei videogiochi, di coordinare le proprie membra virtuali ed eseguire salti, capriole e scivolate nella maniera più fluida e con il minor attrito possibile.

mirrors edge ante 01

PARKOUR MON AMOUR

Le premesse sull’importanza della libertà d’espressione in un regime totalitario, l’azzeccata selezione cromatica che tende a rappresentare una realtà di contrasti netti anziché sfumati e uno stile di gioco che, almeno su carta, favorisce l’istinto e la scioltezza si scontrano tuttavia con una struttura chiusa che spesso e volentieri concede un solo approccio per superare determinate sezioni, con un dizionario visivo fatto di geometrie che non sempre si traducono spontaneamente nella risposta corretta e che dunque richiedono l’interruzione criminale delle acrobazie per essere interpretate, ritmo oltremodo spezzato dalle inevitabili sequenze di combattimento che vengono percepite quasi come aliene nel contesto, tanto da chiedersi se il tempo ad esse dedicato non sarebbe stato piuttosto impiegato meglio nello sviluppo ulteriore dell’architettura dei livelli. Il primo Mirror’s Edge ci regalò dunque un’esperienza a tutt’oggi unica, i cui limiti intrinseci la costrinsero ad essere identificata come una sorta di prototipo, una prova di concetto destinata, nella speranza di quanti seppero coglierne gli aspetti migliori, ad essere raffinata e perfezionata nel tempo, e che di certo rappresentava un’efficace rielaborazione della natura stessa degli action in prima persona. Dovettero passare cinque anni prima che le voci su un ipotetico sequel o prequel delle vicissitudini di Faith, che pure meritavano un debito approfondimento poiché ben poco di esse veniva sviscerato nell’originale, iniziassero a circolare fra gli addetti ai lavori, e altri due per una conferma ufficiale da parte di Electronic Arts, ma oggi possiamo infine stringere tra le mani quello che, a conti fatti, è un reboot narrativo della serie ambientato in un universo tecnologicamente più avanzato rispetto al predecessore.

Pur mantenendosi fedele ad alcuni concetti di base, come la natura dei corrieri che imperversano sui tetti delle città o le finalità antiliberali della corporazione che ha preso il controllo di queste ultime, Mirror’s Edge Catalyst passa una nuova mano di vernice su una storia già familiare a quanti provengono dal primo episodio per consentire a tutti, aficionados e neofiti della serie, di ricominciare da zero. Dopo un breve flashback, l’avventura di Faith inizia il giorno in cui viene liberata dal riformatorio nel quale ha trascorso un anno della sua vita. Appartiene ad una congrega di Runner, gruppi indipendenti di spericolati messaggeri in grado di oltrepassare la rigida sorveglianza della città di Glass (termine purtroppo lasciato integro nella traduzione italiana, perdendo in tal modo ogni gioco di parole fra il nome proprio della metropoli e il fatto che sia composta perlopiù da giganteschi grattacieli di vetro) e di veicolare pacchi e informazioni fra privati e società, muovendosi lungo il sottile confine tra crimine e legalità. Orfana fin dalla più tenera età e cresciuta dal carismatco Noah, amico dei suoi genitori nonché capo di una delle gilde più rinomate di corrieri, Faith commette l’errore di mettersi contro una congrega rivale e, in conseguenza di ciò, contrae un debito che la porterà prima a frequentare il già menzionato carcere minorile e poi a scoprire un caso di spionaggio industriale che la renderà persona non grata agli occhi della KrugerSec, la compagnia di sicurezza privata al servizio del Conglomerato, l’organizzazione salita al potere dopo una tragica guerra civile: compito della ragazza sarà perciò quello di sfuggire alla cattura e rendere pubblici gli intenti dei poteri forti che governano Glass, cercando al contempo di evitare un sanguinoso conflitto interiore fra le varie congreghe di runner e di riguadagnare la fiducia dei suoi amici e colleghi.

interattiva

Nulla di trascendentale per chi viene dal capitolo precedente o abbia mai letto o visto un’opera che racconta del classico ribelle coinvolto suo malgrado nella lotta per rovesciare il tiranno di turno, ma il mondo di Mirror’s Edge Catalyst è sufficientemente curato da incoraggiare la ricerca di dettagli e l’ascolto diligente dei dialoghi per apprendere il possibile circa le figure coinvolte in questa imperscrutabile cospirazione. Per nostra sfortuna, invece, la narrazione è uno degli elementi meno riusciti del pacchetto: anche volendo sorvolare sulla piattezza della trama e sulla sua prevedibilità, il problema principale è che gran parte di ciò che accade intorno a noi non ci vede affatto coinvolti in prima persona (il gioco di parole è voluto) ma viene appreso mediante scampoli di conversazioni con i personaggi non giocanti, durante le quali si accennano termini, persone e luoghi che, alla fin della fiera, non avranno alcun impatto diretto sulle nostre vicissitudini. E, a proposito di personaggi, aspettiamoci una galleria di stereotipi che spazia dal boss mafioso a cui piace cucinare mentre minaccia la gente all’hacker talmente assorbito dal suo lavoro virtuale da aver dimenticato cosa sono le emozioni umane, tenuti assieme da una storia che non riesce a sorprendere neanche quando raggiunge i suoi punti di svolta, assai più intuibili di quanto pensassero gli sceneggiatori, e che tende inoltre a contraddirsi parecchio sul finale.

Mirror’s Edge Catalyst è sufficientemente curato da incoraggiare la ricerca di dettagli

Dal primo istante in cui ci troveremo liberi di vagare fra le cime dei palazzi della città di Glass, avremo modo di constatare che ogni singolo aspetto legato alle facoltà acrobatiche della nostra Faith è stato migliorato e soddisfa appieno il desiderio di velocità, complessità e adrenalina derivante dall’esecuzione perfetta di una serie di mosse che ci portano in pochi secondi a rimbalzare da una parete all’altra, da una trave a una grondaia, da un trampolino fin sotto le condutture di areazione onnipresenti e viceversa con una fluidità impressionante. Un sistema di capacità speciali sbloccabili progressivamente conferisce al gioco quel tocco leggero di RPG che non guasta mai, mentre un inedito rampino migliora le nostre capacità di spostamento ed aiuta a sopprimere le telecamere di sorveglianza della KrugerSec. In buona sostanza, le meccaniche di base ci sono tutte, rivedute e corrette al meglio, e costituiscono anche in questo caso il chiaro marchio di fabbrica della serie. Il combattimento è stato migliorato per trarre maggior vantaggio dalle doti atletiche della protagonista, che adesso può trasformare quasi ogni volteggio in un poderoso attacco ai danni delle guardie che le sbarrano la strada, e dà il meglio di sé quando siamo impegnati a destreggiarci fra ampie balconate e disagevoli passerelle buttando a terra o scaraventando diversi metri più in basso i malcapitati. Di contro, alcuni passaggi ci vedono confinati in spazi ben delimitati e obbligati ad eliminare nutriti gruppi di nemici prima di proseguire, costringendoci a ripiegare su tattiche ben poco divertenti come il muoversi costantemente in circolo attaccando con rapidi calci e pugni nell’attesa che l’energia degli avversari si esaurisca perché, di fatto, la loro aggressività sembra prossima allo zero. E’ strano che gli sviluppatori abbiano deciso di implementare scontri forzati di questo tipo, poiché risultano davvero poco divertenti e sottolineano tanto la scarsa efficacia dell’intelligenza artificiale quanto la falsa vulnerabilità avvertita di Faith, che nell’originale doveva ripiegare sulla ritirata qualora si fosse trovata davanti più di due guardie armate ma in Catalyst è tranquillamente in grado di abbatterne una dozzina a mani nude e senza troppo sforzo, se non quello derivante dalla monotonia delle azioni necessarie a concludere la scaramuccia. Gli elementi open world inseriti nella fase esplorativa del gioco presentano al giocatore una pletora di opportunità che nell’originale non erano fruibili, come una vasta gamma di oggetti collezionabili, missioni secondarie e aree nascoste disseminate lungo tutta la gigantesca superficie calpestabile della città di Glass, che il giocatore può perlustrare in totale libertà.

Mirror's Edge E3 2015 Screenshot 6 News

La componente multiplayer, definita “gioco social” dai ragazzi di DICE, consente di creare sfide a tempo personalizzate configurandone addirittura i singoli checkpoint, ed invitando poi gli amici o gli altri runner da tutto il mondo a battere il proprio record. La speciale lente a contatto di cui è dotata Faith, che le consente una percezione aumentata della realtà che la circonda e la comunicazione in tempo reale con gli altri membri della sua congrega nel gioco singolo, è anche in grado di impostare una sorta di geotag nei punti più appartati o inaccessibili della mappa e fornire agli altri giocatori una serie di indicazioni generiche per raggiungerlo. Una mancanza che inizia a farsi sentire dopo qualche ora di gioco è relativa a un qualsivoglia metodo di spostamento rapido fra le varie zone di Glass, che mostra un’aderenza un po’ troppo rigida alla filosofia open world: ben presto ci ritroveremo infatti a ripercorrere gli stessi cornicioni e gli stessi vicoli più e più volte per raggiungere gli obiettivi segnalati dalle missioni e, benché la familiarità possa costituire un indubbio beneficio in vista del completamento delle gare contro il cronometro, non tutte le sezioni sono costruite con la medesima cura e ce ne sono parecchie che imparerete a detestare a causa del pessimo level design che le caratterizza. Ma, al di là del loro valore funzionale, è innegabile che la presentazione complessiva di Mirror’s Edge Catalyst sia sbalorditiva da ogni punto di vista, in particolare durante le sequenze di fuga enfatizzate dalla musica che cresce d’intensità, dai proiettili che iniziano a fischiare da ogni direzione e dal respiro affannoso di Faith alla disperata ricerca di un riparo dietro il quale lasciarsi la tempesta che ha scatenato. La città di Glass è gigantesca e straordinaria, coperta da uno strato di asettica vernice bianca in ogni dove che ben si sposa con la realtà distopica in cui è immersa fino al midollo: ogni zona che si apre davanti ai nostri occhi con il prosieguo della storia presenta scorci fenomenali di luce e cemento e un sufficiente livello di dettaglio da renderla facilmente identificabile dalle altre. Il salto generazionale rispetto al predecessore è inoltre tangibile grazie alla composizione delle strutture che si sviluppano in verticale per tutta la loro estensione, dalle strade lungo le quali sfrecciano numerose automobili all’apparente tranquillità della vetta.