I tower defense sono un tipo molto specifico di strategico, in cui viene sacrificata la libertà d’azione del giocatore a favore di un approccio più inquadrato e frenetico che prevede il posizionamento di torrette difensive (per l’appunto) in grado di danneggiare, rallentare e distruggere le ondate di nemici che si avvicinano ad un punto ben preciso della mappa, raggiunto il quale viene visualizzato il fatidico game over. Il successo di questi giochi risiede nel corretto bilanciamento fra gestione delle risorse e dinamiche di reciprocità fra tipi diversi di torri e avversari, in modo da stimolare la revisione costante delle tattiche implementate per affrontare ogni nuovo assalto. La naturale evoluzione della categoria, il cui capostipite secondo molti è il vecchio Rampart della Atari, ha portato successivamente gli sviluppatori ad introdurre nuove meccaniche e modificare il livello di interazione con le orde di mostri, fino a dotare il giocatore di un avatar vero e proprio che possa affrontare questi ultimi in prima (o, più spesso, in terza) persona e magari spingerli sotto il fuoco delle nostre strutture protettive. In un simile panorama tenta di inserirsi Codex Worlds, un quintetto di programmatori indipendenti stanziati ad Austin, in Texas, che tenta di rinnovare la formula avvicinando i concetti di base del genere su cui mi sono dilungato sinora al loro parente più prossimo, cioè i giochi di strategia in tempo reale o RTS: il risultato finale è questo Infinium Strike, nel quale convergono gli aspetti per così dire “amministrativi” dei simulatori spaziali con più ampio respiro e la frenesia decisionale che caratterizza i tower defense. Non c’è infatti da stupirsi se Dexter Chow, CEO e direttore creativo di Codex Worlds, ha spontaneamente ammesso che l’idea iniziale per Infinium Strike nacque dall’intenzione di realizzare uno strategico su vasta scala come Homeworld o Sins of a Solar Empire, ma in seguito l’attenzione si è spostata su una singola, gigantesca astronave capace di generare dispositivi di difesa personalizzati da impiegare contro gli interminabili assalti dei Wrog, razza aliena in guerra da decenni con gli umani, e lo scopo ultimo del gioco è passato dalla conquista della galassia ad un semplice assioma: sopravvivere il più a lungo possibile.
L’INFINIUM STA PAREGGIANDO I CONTI
A proposito di svecchiare paradigmi già esistenti, il compito più arduo per chiunque si faccia carico di un tale onere è quello di comprendere a fondo le regole che li governano e modificarle in maniera tale che conservino un senso di familiarità per gli appassionati: Chow e i suoi colleghi ci hanno provato rendendo la mastodontica Freedom Strike, l’astronave terrestre di cui sopra, sia l’obiettivo degli spietati Wrog che il centro nevralgico delle postazioni di difesa, che potremo aggiungere, ritoccare e potenziare a piacimento a seconda dell’entità degli avversari, i quali non devono più raggiungere un punto specifico della mappa ma distruggere il “centro” della stessa, ossia la nostra ammiraglia. La condizione essenziale per vincere non è più dunque legata alla distanza ma all’integrità dello scafo che trasporta l’ultima speranza per il genere umano, e le navi di ciascuna ondata Wrog, che riversano sullo stesso un quantitativo infinito di laser e missili, devono essere abbattute con solerzia o andranno ad aggiungersi a quelle che compongono le successive e ad aggravare progressivamente la situazione. Ma come possiamo opporci a questo stillicidio? Ebbene, il caso vuole che gli scienziati abbiano retroingegnerizzato il metallo che compone i veicoli alieni ed implementato un modo per sfruttarlo a vantaggio degli umani: la Freedom Strike è in grado di assimilare i resti degli sventurati che si trovavano all’estremità sbagliata dei suoi cannoni e riciclarli per la creazione di una nutrita gamma di torri da collocare su una delle quattro piattaforme esterne a disposizione. Lo spirito da tower defense “guidato” del gioco emerge invero quando, tolta la possibilità di spostare ed allargare la visuale a piacimento attorno al campo di battaglia, ci rendiamo conto che i Wrog possono materializzarsi solo all’interno di uno dei quattro quadranti cardinali dove, di volta in volta, dovremo concentrare gli sforzi per far fronte alle minacce più incombenti. Come da manuale, gli armamenti hanno diversi gradi di potenza, migliorabili con l’Infinium raccolto, ed efficacia differente a seconda dell’avversario sul quale si concentrano, dunque è fondamentale valutare la composizione di ciascuna ondata e decidere se investire le risorse in un grande numero di bocche da fuoco eterogenee oppure in uno schieramento meno cospicuo ma con maggiore capacità offensiva. Nella modalità storia, con il prosieguo dei capitoli la nostra nave madre viene arricchita con ulteriori armamenti ed ottiene il permesso di innescare particolari apparecchiature che, con un semplice clic, reintegrano i danni subiti o scatenano sui Wrog un nugolo di incrociatori teleguidati. La graduale introduzione di nuovi dispositivi procede di pari passo con l’aumentare della difficoltà, che si impenna verso l’alto dopo i primissimi livelli e che potrebbe significare il termine prematuro della guerra per quanti si lasceranno cogliere impreparati: è necessario un certo periodo di tempo per assimilare il corretto utilizzo delle torri, anche perché il loro aspetto è molto simile e l’unica differenza è dovuta al colore dei raggi che emettono, dunque specialmente all’inizio sarà facile confonderle e costruire il tipo di difesa inadatta per l’assalto in corso. Naturalmente, la situazione migliora con la pratica ma, a volte, un singolo errore è tutto ciò che separa il successo dalla catastrofe.
La componente narrativa di Infinium Strike, come dicevo, è solida e ben costruita, utile se affrontata con lo spirito di un lunghissimo tutorial mediante il quale impareremo a conoscere a fondo le potenzialità della Freedom Strike. Non stiamo certo parlando di qualcosa in grado di rivaleggiare con i capisaldi della fantascienza letteraria, ma le atmosfere che richiamano in buona parte quelle di Battlestar Galactica non mancheranno certo di intrigare gli entusiasti. Di contro, un particolare che col tempo inizia a far sentire il suo peso è la mancanza di una schermata intermedia che consenta al giocatore di assegnare delle migliorie persistenti alla nave madre, dunque in ogni livello saremo costretti a ricominciare da zero: se, da una parte, in questo modo si evita il timore indotto di aver effettuato una scelta poco opportuna con la quale dovremo convivere, dall’altro viene mitigato il senso di evoluzione trasmesso dalla storia, anche perché il medesimo ragionamento vale per i Wrog e così diventiamo testimoni di un buffo paradosso, quello in cui l’arma definitiva della razza umana ed i temibili incursori alieni sono composti da un’incredibile metallo capace di assumere qualunque forma, eppure all’inizio di ogni conflitto entrambi si vedono costretti a riprendere le ostilità con le loro configurazioni più elementare. E’ chiaro che si tratta di un difetto veniale, ma sufficiente a spezzare in parte la sospensione dell’incredulità. I motivi legati a tale scelta sono probabilmente da ricercare nella seconda modalità disponibile, quella arcade, nella quale dovremo riuscire a resistere contro una schiera infinita di avversari, senza tuttavia paventare la perdita repentina dei tanto sudati power-up: è questo il vero fulcro di Infinium Strike, dove gli esperti di tower defense verranno messi a dura prova dall’alternanza casuale di variabili chiamate in gioco e dalla progressiva combattività dei Wrog. Bisogna comunque ammettere che anche l’avventura principale non è esente da sorprese dato che, con l’aumentare della difficoltà, vengono modificate anche la tempistica di attivazione o la disponibilità di alcune torri, mentre assisteremo all’impiego di armi tattiche offensive differenti da parte dei nemici, che saranno persino in grado di spazzare via un quadrante intero di retroguardia se lasciati liberi di agire.
Durante la fase di sviluppo e beta testing, accompagnata da un fortunato Kickstarter, i ragazzi di Codex Worlds hanno collaborato a stretto contatto con quanti hanno mostrato interesse nei confronti del gioco, tanto sui forum ufficiali quanto sui gruppi di discussione dei vari digital store, dando più volte prova della bontà dei loro intenti con l’introduzione di nuove funzionalità mirate ad ottimizzare l’esperienza (su tutte, l’aggiunta di un piccolo schema dei quattro quadranti nei quali si svolge l’azione, per dare modo ai giocatori di comprendere a colpo d’occhio l’andamento della battaglia e concentrarsi sui settori più a rischio) e la smussatura di alcuni degli aspetti più grezzi. Il loro supporto continuativo e l’alto livello di reattività alle sollecitazioni dei fan mi portano a pensare che Infinium Strike potrebbe ricevere una serie di migliorie supplementari corredate da contenuti aggiuntivi a breve-medio termine, oltre alla già annunciata versione per Xbox One, che lo aiuterebbero non poco ad ottenere la meritata considerazione di quella fetta di pubblico che non ne ha seguito l’evoluzione dai suoi esordi. Il motore grafico utilizzato è Unity, dunque la relativa semplicità di texture e modelli poligonali viene compensata da un’eccellente fluidità anche su macchine piuttosto datate, con un framerate che si assesta sui 30 fps con il V-sync abilitato e privo di cap senza quest’ultimo. Buona la colonna sonora, che offre un discreto mix di tracce orchestrali unite a brani prettamente elettronici. La lingua parlata è l’inglese, mentre sono presenti sottotitoli in diversi idiomi, italiano compreso.