Psycho-Pass: Mandatory Happiness – Recensione

Psycho-Pass: Mandatory Happiness è la nuova visual novel sviluppata da 5pb., basata sulla omonima serie anime di grande successo targata Production I.G, studio ormai entrato di diritto nell’olimpo dell’animazione giapponese. Il fatto che Gen Urobuchi, lo scrittore della serie tv originale, abbia contribuito alla stesura della sceneggiatura anche per questa incarnazione interattiva del titolo, in uscita la prossima settimana per PS4, PS Vita e Steam, rende il prodotto estremamente appetibile per i fan del serial, perché ne garantisce il medesimo livello qualitativo per quanto riguarda i contenuti e lo sviluppo dei tratti caratteriali dei protagonisti.

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LA FELICITÀ OBBLIGATORIA…

La collocazione dei fatti narrati in Psycho-Pass: Mandatory Happiness all’interno dell’universo narrativo di Psycho-Pass è pensata, intelligentemente, in modo tale da rendere l’opera fruibile anche dai neofiti, in quanto non è necessario possedere alcuna conoscenza pregressa per poter apprezzare il racconto, benché sia consigliabile l’aver guardato almeno una manciata di episodi per poter familiarizzare un po’ con i numerosi personaggi; nel gioco ritroveremo infatti l’ispettore Akane Tsunemori e i suoi “Esecutori”, la squadra di cosiddetti “criminali latenti” sfruttati dalle forze dell’ordine per sgominare le attività dei soggetti che, proprio come loro, rientrano nella casistica dell’essere inclini a compiere, in futuro e con ottime probabilità, reati gravi. La tecnologia che permette di leggere e prevedere le inclinazioni psico-attitudinali è implementata fin nel tessuto di qualsiasi servizio sociale; addirittura è affidato all’intelligenza artificiale delle armi in dotazione ai protagonisti (le pistole Dominator) una sorta di diritto di veto sull’uccisione delle persone incriminate.

Abbiamo a che fare con qualcosa di simile a una rivisitazione del Grande Fratello orwelliano, misto a influenze che spaziano dalle intuizioni di Philip Dick alla loro interpretazione visiva dello Steven Spielberg di “Minority Report”; il tutto è filtrato dallo stile narrativo giapponese, fatto sì di eccentricità, ma anche di un tratteggio delle relazioni tra personaggi molto intimista. Nei panni dell’ispettrice Nadeshiko Kugatachi o dell’esecutore Takuma Tsurugi, due personaggi ideati appositamente per Psycho-Pass: Mandatory Happiness, saremo chiamati ad affiancare i protagonisti di vecchio corso nella risoluzione del caso dell’hacker Alpha, il che rende la visual novel un vero e proprio “episodio perduto” di Psycho-Pass. L’intento dell’antagonista è quello di donare felicità all’interno di un mondo distopico, aprendo affascinanti scenari considerata la labilità del concetto stesso di felicità e quanto il sentimento di un singolo individuo possa essere mosso da ragioni diverse (o addirittura opposte) rispetto a quella di un suo simile, per non parlare di come la gioia di qualcuno possa manifestarsi a discapito del benessere di qualcun altro. La peculiarità del genere adottato, quello della digital novel, fa sì che il prodotto debba necessariamente sottostare a dei canoni ben precisi (e limitanti) nelle meccaniche: la storia si dipanerà praticamente da sola, mediante schermate con fiumi di testo per i dialoghi (doppiati in giapponese dai seiyuu originali), accompagnati da dettagliati sprite dei personaggi con sporadiche animazioni abbozzate su fondali che contestualizzano le sequenze. Solo occasionalmente il giocatore/lettore sarà chiamato a compiere scelte, per lo più morali, che influenzeranno lo scorrere degli avvenimenti; determinante è anche l’identità del protagonista selezionato all’inizio dell’avventura, poiché i due possiedono un ruolo diverso e una diversa rete di relazioni con il resto del cast.