Finalmente, dopo una spasmodica attesa, ha debuttato nella stagione natalizia la terza stagione interattiva di The Walking Dead di Telltale, quel capolavoro assoluto che ha ridefinito una volta per tutte lo standard di scrittura dei videogiochi, mostrando a ognuno di noi, volenti o nolenti, quanto misere fossero il 90% (e sono buono) delle sceneggiature, anche di osannati pezzi da novanta del gaming. Eh già, perché si dà il caso che in un’opera di tipo narrativo non pesi solo il gameplay puro, ma anche il testo che ha il compito di raccontarci la storia del gioco. Meglio ancora: è la fusione di questi elementi in un unicum che genera l’esperienza che viviamo, e basta un’incrinatura per comprometterne la qualità… a patto di sapersene accorgere, s’intende. Se siamo di fronte a un utente abituato a “skippare” qualsiasi noioso intermezzo e a cercare solo il prossimo momento nel quale sparare, correre, saltare o (voglio essere generoso e ottimista) risolvere un enigma, allora è tutto già finito prima ancora di iniziare. Chiaro che, di fronte a un tale fenomeno di analfabetismo videoludico di ritorno, ogni discorso sulla qualità della narrazione interattiva vada irrimediabilmente perduto, spesso complici i publisher che accompagnano le sequenze cinematiche con scritte in sovraimpressione che invitano il giocatore a premere un tasto e a liberarsene.
BENTORNATA ALL’INFERNO, CLEMENTINE
Telltale, proprio con il suo sleeper hit The Walking Dead, dimostrò qualcosa che, a rigor di logica, avrebbe dovuto essere ovvio. Che ci sono milioni e milioni di giocatori che amano le belle storie, quelle ricche di pathos e di emozioni. E che trovano entusiasmante vivere in maniera interattiva una storia, stabilendo con scelte proprie cosa fare, dove andare, chi salvare e chi sacrificare. A patto, si intende, che la storia in questione sia di prima scelta, scritta come i migliori romanzi, fumetti o film. Non a caso quella ormai leggendaria Season 1 di The Walking Dead conquistò il pubblico e la critica, lanciando nell’Olimpo Telltale e facendo incetta di tutti i principali premi di “gioco dell’anno”. Punto forte del gioco era Clementine, una bambina incredibilmente ben tratteggiata, così viva da farci letteralmente innamorare di lei. Con TWD, tutti noi diventammo padri di Clem, tutti noi imparammo a prenderci cura di lei, ad aiutarla ad affrontare un mondo devastato dalla violenza e dalla sopraffazione, dove gli uomini, molto spesso, sono ben più infidi e pericolosi degli zombi. Quando uscì la seconda stagione, Telltale ci mise proprio nei (piccoli) panni di una Clementine cresciuta ma non troppo, sempre apparentemente inadeguata ad affrontare drammi e pericoli sovradimensionati per una ragazzina della sua età. L’esperienza fu quasi altrettanto intensa, con Telltale ancora in stato di grazia.
Poi l’attesa, finora. A New Frontier ci riporta nel mondo devastato che ben conosciamo, ma stavolta cambia nuovamente il punto di vista della narrazione, riportando Clem, ormai adolescente, nel ruolo di personaggio di spalla, mentre il giocatore si troverà a vestire i panni di Javier Garcia, detto Javi. Un nuovo Lee, dunque? Una nuova figura paterna e protettiva? Chissà, forse. È ancora presto per dirlo, almeno a giudicare dai primi due episodi usciti, intitolati Ties That Bind parte 1 e 2, con i quali questa terza stagione di The Walking Dead ha fatto il suo debutto su tutte le piattaforme di gioco. [quotesx]La penna dello sceneggiatore è il motore emotivo[/quotesx]Totalmente insensato sarebbe recensire due quinti di un videogioco, per come la vediamo noi su GamesVillage. Tanto più che parliamo di titoli che, volutamente, azzerano il gameplay tradizionale, proponendo una tipologia di interazione che ci fa scorrere attraverso la storia senza mai fermarci, facendoci concentrare sui fatti stessi narrati e sulla responsabilità di dover prendere decisioni. Un tipo di gioco, insomma, dove la storia è tutto, e dove le meccaniche che regolano l’azione e le caratteristiche grafico-sonore sono ormai uno standard che accompagna queste produzioni. Insomma, non siamo ancora a metà, ed è davvero prematuro azzardare un giudizio. Semmai, parliamo di impressioni, di prime sensazioni dopo aver completato questi due nuovi capitoli. Ebbene, il feeling più forte, che si prova subito, è di essere finalmente a casa. Sebbene inizialmente si venga catapultati in un diverso momento temporale rispetto alla fine della Season 2 e in mezzo a personaggi nuovi, la familiarità con lo stile Telltale e le atmosfere del TWD interattivo è fortissima.
Subito dopo, la piacevole (ri)scoperta: Telltale scrive a un livello che per quasi tutti gli altri developer rimane pura fantascienza. Dimenticate le battute cheesy del pur emozionante e intenso Life Is Strange di Dontnod: qui è la penna dello sceneggiatore prima ancora che i colori, la fotografia o la colonna sonora il motore emotivo dell’azione. Sapete? È quella sensazione di quando cominciate a leggere le prime pagine di un romanzo o a guardare i primi minuti di un film e… tac! Siete totalmente catturati, incapaci di smettere. Ancora una riga. Ancora un minuto. Ancora… una scelta. Quando poi i fili cominciano a riannodarsi, la nostra Clem fa il suo rientro e le cose, inevitabilmente, tendono a contorcersi, allora l’alchimia è completa, e noi siamo di nuovo le adoranti vittime dell’incantesimo di Telltale chiamato “ottima scrittura”, quel potere atavico e senza eguali che non teme alcun motore grafico né effetto speciale, quello che già nei favolosi Anni Ottanta la Infocom di Zork e affini ci aveva mostrato così chiaramente.
A New Frontier tocca i temi dei legami familiari e della loro fragilità, affronta il dramma atavico di non scegliere i propri consanguinei e di non poter (quasi mai) mettere a freno le proprie pulsioni, anche quando gli effetti possono essere estremamente pericolosi. Tocca valori come la realtà e il rispetto, azioni drammatiche come la vendetta e il perdono, ma soprattutto mette in luce la difficoltà della crescita di fronte agli orrori del mondo, con i walker (zombi, se preferite… o muertos) perfetta metafora dei mali della nostra società, non meno sporca, corrotta e malvagia di quella post-apocalittica del celebre fumetto, poi reso serie TV e videogioco. Intense le scene proposte, giusto il ritmo narrativo, che segue il consueto andamento di Telltale, con alcuni personaggi in odore di leggenda, almeno se le premesse narrative scorte in questi primi due episodio saranno mantenute e sviluppate coerentemente, come del resto crediamo.
In definitiva, A New Frontier è esattamente ciò che ogni appassionato delle prime due stagioni stava desiderando, senza per questo tradursi in fan service. Anzi, Telltale mostra chiaramente di andare per la sua strada, pronta a esplorare nuove frontiere (appunto), senza paura di commettere scelte apparentemente poco popolari. Acquistatelo pure senza timori, a patto di non pretendere l’assurdo. Perché la formula di Telltale è questa, e non richiede trasformazioni o forzati aggiornamenti. E perché le buone storie, per nostra fortuna, non hanno bisogno di remaster.