DIRT 4 – Recensione

Più accessibile, alle volte, vuol dire migliore. È il caso di DiRT 4, ultima fatica in salsa rallystica della storica serie Codemasters, riemersa (è proprio il caso di dirlo) dal fango grazie ad un reboot pensato e progettato attorno alle richieste dei fanatici più incalliti della disciplina. E solo per loro. Il titolo, con ormai due anni sul groppone, si era infatti imposto come simulazione quasi intransigente, perfetta per i piloti in cerca di fisica sopraffina e controlli realistici. Meno appetibile, invece, per tutti gli altri. Per chi, insomma, preferisce un pad ad un volante, una leva del cambio ed una pedaliera. Per questo, DiRT 4 appare come il tentativo di coniugare esigenze e mercati paralleli, in una sorta di doppia portata capace, lo anticipiamo subito, di soddisfare aspettative e utenze tanto diverse.

DERAPATA (IN)CONTROLLATA

Nell’eterna dicotomia tra arcade e simulazione, gli sviluppatori inglesi hanno scelto, infatti, di accontentare tutti. Ma proprio tutti. Piuttosto che disegnare un modello di guida unico al cui adattarsi, DiRT 4 mette subito il pilota davanti ad una scelta ardua, proponendo due diversi stili di guida: giocatore per chi, appunto, vuole solo divertirsi, e simulazione invece per chi vuole mettersi alla prova. Le differenze sono enormi e, di fatto, vanno ad incidere su una lunga serie di parametri fisici e comportamentali, modificando con un semplice click la natura del gameplay. Si tratta per altro di una scelta ulteriormente personalizzabile, perché quegli stessi parametri sono, poi, ulteriormente modificabili. Insomma, non è il giocatore ad adattarsi a DiRT4, quanto piuttosto il titolo a plasmarsi attorno alle esigenze spesso inconciliabili dell’utenza. Pur senza mai trasformarsi in Sega Rally, la possibilità di intervenire in maniera drastica sugli aiuti di guida, l’aderenza e l’elettronica, ha trasformato un titolo ostico come DiRT Rally (che resta la base di partenza) in un racing accessibile o, al bisogno, altrettanto ostico. I puristi della disciplina potrebbero storcere il naso, tutti gli altri, magari scoraggiati dalle difficoltà oggettive del predecessore, saluteranno questo quarto capitolo ufficiale come una manna dal cielo. D’altro canto, la natura ibrida del gameplay si riflette anche nelle diverse discipline che ruotano attorno al classico rally. Se le corse solitarie su tappa più o meno lunghe alla ricerca del miglior tempo non bastassero, il titolo propone anche delle interessanti variazioni sul tema, sbloccabili con la semplice progressione nella modalità carriera, e quindi delle corrispettive licenze di guida.

DiRT 4

In LandRush si corre su circuiti fatti e finiti per numeri variabili di giri e 7 avversari pronti, su Buggy e Pick-Up, a tagliare per primi il traguardo a suon di poderose sportellate. RallyCross, invece, riprende l’omonima modalità già apprezzata nel precedente capitolo. Ancora circuiti, per 4 auto da Rally e un solo, ma obbligatorio, giro Joker. Chiude il cerchio l’Historic Rally, per gli amanti dei bolidi di qualche decennio fa. A fare da scenario alle varie discipline, 5 ambientazioni sparse per il globo: Stati Uniti, Spagna, Svezia, Galles e Australia regalano scorci affascinanti e superfici morfologicamente interessanti. Una varietà sicuramente parziale e un po’ inficiata, specie nel Rally classico, dà un disegno delle tappe che rischia alla lunga di risultare prevedibile. Colpa dell’editor procedurale già visto nel precedente capitolo che, di fatto, disegna i vari percorsi unendo veri e propri blocchi reimpostati. Il dubbio che i citati blocchi siano numerosi, ma non infiniti diventa conferma quando in modalità gioco libero si ha la possibilità di creare i propri eventi e anche di generare le tappe che lo compongono. Un’aggiunta interessante, ma, come detto, limitata dalla stessa natura procedurale dell’editor. Ad ampliare l’offerta del single player, oltre alle varie competizioni e ad una sorta di “accademia” della guida utile per metabolizzare le tecniche avanzate, sono gli aspetti gestionali della stessa carriera. La possibilità di creare un proprio team, con tanto di ingegneri, navigatori e PR amplia sensibilmente il livello di progressione e immedesimazione, con una campagna in pure stile Codemasters assente nel predecessore. Si tratta di un’aggiunta gradita, che fa da contraltare alla semplicità delle modalità multiplayer, con sfide giornaliere, divisioni e jam session da testare più a fondo quando il matchmaking sarà salvato da un’estrema lentezza nella ricerca di partite e giocatori.

SPORCO DENTRO, PULITO FUORI

DiRT 4 non è certo tecnicamente mostruoso, eppure l’accurata modellazione delle auto, compresi i dettagliati cruscotti che impreziosiscono la visuale interna, è sicuramente degna di nota. Nonostante l’assenza di licenze ufficiali, l’universo rallystico è sempre ben riprodotto e riconoscibile. Iconiche, in tal senso, le ambientazioni e i tracciati che pur afflitti da un leggero aliasing mettono in mostra una gran mole di poligoni e dettagli. L’Ego Engine, marchio di fabbrica dei racing Codemaster, soffre, nelle versioni PS4 e Xbox One, la presenza di altre auto a schermo, mentre su PS4 PRO i 60 FPS sono granitici in tutti i frangenti. Il buon uso di particellari contribuisce, insieme ai rombi dei motori, a riprodurre fedelmente le sensazioni e le percezioni proprie della guida sportiva, mentre la voce del navigatore, anche in italiano, si rivelerà preciso e valido aiuto nella lettura dei tracciati.