Dieci anni fa, più o meno di questi tempi, chiacchieravamo con gli sviluppatori di FIFA – sì, avete letto bene – di quanto fosse importante la IA nei giochi di calcio. Erano gli albori di quella che all’epoca tutti chiamavamo “next-gen”, con l’arrivo di PS3, della grafica in HD e di strepitose potenze di calcolo. Eppure, per colmare l’allora mostruoso gap con la dominante serie PES, EA Sports non pensava a meraviglie grafiche ma di puntare piuttosto proprio su quello: l’Intelligenza Artificiale. Perché in fondo, proprio come nel calcio vero, la qualità del gioco passa dal cervello.
E a ben vedere chi si è alternato nello sviluppo di FIFA in questi ultimi due lustri ha avuto ragione: la serie di EA nel giro di pochi anni ha detronizzato il contraltare di Konami, costringendo i giapponesi a ritirate peggiori che a pronel ’45, con edizioni di PES altalenanti e a volte persino rese clamorose come in occasione di PES 2014, quando l’edizione per la neonata PS4 non uscì nemmeno. E così da troppi anni la domanda che tutti una volta si facevano – meglio FIFA o PES? – ha avuto come risposta il campione di EA, al punto che molti hanno persino smesso di farsela e che per i Millennial, di fatto, il calcio di Konami è spesso rimasto una specie di mistero.
Per chi come noi è abbastanza vecchio da aver assistito a questa epica sfida fin dall’inizio, invece, la questione è sempre aperta. E lo diciamo con un filo di speranza, perché la competizione fa bene nello sport come nella lotta per il trono di miglior videogioco di calcio. Ma – per essere onesti – siamo sicuri che la competizione ci sia davvero, dopo le sconfinate bellezze di quel capolavoro che è stato FIFA17?
Dategli Tempo
Una bella domanda che se avessimo dovuto giudicare dai primi dieci minuti passati giocando a PES2018 avrebbe avuto una sola risposta: no. Già, perché il primo approccio con il nuovo calcio di Konami è stato per noi davvero PESsimo (ahahh… bella battuta 🙂 ): le animazioni sembravano legnose, arrivando dalle sinuose movenze di FIFA, la velocità completamente differente, le distanze diverse e tutto un po’ più “cheap” in maniera irrimediabile. E invece no. Invece insistendo un po’ si scopre che PES2018 è un gioco che ha molto da dire, al punto da averci fatto gridare “figata!” in almeno tre occasioni: un’apertura di esterno giocando contro la Juve (o meglio, il suo surrogato), la possibilità di cambiare inquadratura sui calci di punizione, l’elenco entusiasmante delle tattiche da applicare sui calci d’angolo (ne parliamo dopo). Tutto migliore che in FIFA. Tutto più efficace, limpido e meglio pensato rispetto a FIFA. Bello vero?
Perché quello che emerge, giocando a questo PES2018, è un gioco dove a una IA molto avanzata soggiace anche un’intelligenza umana che ha cercato di far funzionare molto bene tutte quelle cose piccole ma essenziali che se ben risolte rendono l’esperienza migliore. Ricordate l’articolo che abbiamo scritto sulle “quattro cose da cambiare in FIFA18”? Ecco, in PES2018 le trovate già cambiate, come se gli sviluppatori fossimo noi.
Konami è riuscita nell’impresa di rendere i menu super chiari e facilissimi da usare, cosa che a dire il vero è sempre stata un plus della serie rispetto a FIFA. Tra gli innumerevoli esempi che possiamo fare c’è la valutazione istantanea del valore di un giocatore impegnato in un ruolo diverso dal suo. Quando ci si prepara a un cambio, infatti, una volta selezionata al posizione in campo verrà esplicitato il valore di tutte le riserve in quel ruolo, rendendo più semplice la scelta. Facile, semplice, immediato. Unica imperdonabile pecca, in tutto questo, la possibilità di salvare SOLO TRE formazioni (!?!): sembra di essere tornati ai tempi delle Memory Card anche se adesso abbiamo GB di spazio a disposizione. Perché?
L’essenziale è visibile agli occhi
La strada della semplicità si vede però anche una volta che si scende in campo. PES dà la sensazione di essersi liberato ti ogni sovrastruttura stilistica, come un’architettura razionalista di Terragni, per puntare su quella bellezza che solo l’essenziale può dare. Ci ha fatto pensare a un gioco uscito alla fine degli Anni ’90 per PSone, Adidas Power Soccer, che visse una certa transitoria fortuna prima di essere soverchiato dai blockbuster oggi noti. Quel gioco era un vero inno all’arcade, dove la palla viaggiava veloce, secca, come se non ci fosse – e senz’altro non c’era 🙂 – un carrozzone di animazioni e algoritmi da tirarsi dietro. Ecco, PES2018 parte così, velocissimo e secco, tanto meglio se si attiva l’opzione che ne raddoppia la velocità (vi consigliamo di farlo).
All’inizio è un po’ straniante, perché rispetto a FIFA – ma anche alle edizioni precedenti dello stesso PES – è tutto molto rapido, con passaggi anche lunghissimi verso le punte che poi devono aspettare che il resto della squadra salga. È molto più difficile poi cavarsela con le skill e, complessivamente, la fisicità è molto minore. Però si nota subito una grande differenza: PES permette di portare palla ma non è semplicissimo saltare i giocatori nell’1vs1. Inoltre, se arrivare sulla trequarti è relativamente facile, penetrare poi in area palla al piede è un po’ più complicato, un po’ come nel calcio vero. Difficile fare il funambolo in area, cosa che invece in FIFA si può fare e che dà a tutte le dinamiche di gioco un feeling completamente differente.
In PES si trovano tantissimi dettagli che sono al servizio del gameplay e e che sono la soluzione a situazioni irrisolte nel calcio videogiocato in generale. Pensate agli 1vs1, per esempio: troppe volte in FIFA ci si deve arrendere quando l’avversario si ferma e punta, perché mancano le armi da usare come contromisura. In PES2018, invece, esiste il doppio tap sul tasto X che fa allungare la zampa al difensore per andare a contrasto: chi si ferma è perduto, perché può vedersi sradicata la palla. Ci sono poi più modi di trattare il pallone, che non viaggia solo rasoterra e alto, ma anche più o meno teso a seconda che i lanci si facciano con Cerchio o con R2 + Cerchio. Il modo in cui si premono i tasti (l’intensità e la durata) incide poi sul modo in cui la palla viaggia, anche in occasione dei tiri che sono fulminei, intensi, poderosi. Bellissimo il modo in cui si può gestire l’after effect nei calci piazzati. Davvero, una gioia da giocare.
Ci sono però delle aree grigie che solo l’esperienza di gioco potrà dire se e come potranno essere risolte. I filtranti, per esempio, ai livelli più bassi sono troppo efficaci, così come i cross, che l’attaccante tende a raggiungere sempre in anticipo. Va detto che però le contromisure si possono prendere e che PES2018, ai livelli più elevati, è un osso durissimo e che richiede una grande attenzione anche tattica per poter essere dominato. Ci sono quattro slot per le tattiche, che si possono attivare nel corso del match (L2 più croce direzionale) selezionandole tra una serie di opzioni da urlo tra cui anche il Gegenpressing di Jurgen Klopp. Sono tante, diverse, evidenti quando si è in campo e che possono incidere realmente sull’andamento della partita. Bellissimi gli schemi sui calci piazzati. Cose mai viste che hanno subito un riscontro in campo, come tantissimi schemi su calcio d’angolo che sia attivano velocemente e in maniera molto intuitiva.
A cosa giochiamo?
Avere tante frecce nella faretra non serve a molto se poi non si hanno le opportunità di gioco adatte. In questo senso, PES2018 offre tantissime opzioni che, anche se non particolarmente innovative, permettono di giocare per ore e ore. Si va dalle Divisioni Online (dove si fanno più o meno punti a seconda della squadra con cui si scende in campo) a myClub, l’equivalente di FIFA Ultimate Team dove si deve costruire una squadra da zero “pescando” i giocatori tra tutti quelli in database; da campionati reali, come la Champions League e la Coppa Libertadores, alla super classica Master League che traccia il destino di un club ed è ormai tratto distintivo della serie PES. Il discrimine, a nostro parere, lo fanno sempre le modalità online. In questo senso abbiamo avuto sempre esperienze molto positive, ma va detto che a oggi i giocatori sono pochi per cui bisognerà rivedere il tutto quando i server saranno un po’ più pieni.
Quello che è assolutamente fuori tempo massimo, in un quadro complessivamente molto positivo, è la questione licenze. PES2018 viene letteralmente surclassato da FIFA, in certi casi in maniera gravissima. Squadre fondamentali come la Juventus, il Real Madrid e il Manchester United non hanno la licenza. Se una volta era accettabile, oggi non lo è più. A questo va aggiunta l’assenza totale di club imprescindibili come il Bayern Monaco e molti altri del calcio tedesco. A nulla vale la presenza del club sudamericani e delle modalità di gioco a essi riservati. Se Konami vuole battere sul serio EA, deve trovare un modo di chiudere questo gap.
PES2018, comunque, è un bel gioco. Anzi, è un gran bel gioco. Lo diciamo sapendo che non tutti saranno d’accordo, che dopo aver giocato trecento partite su qualche cosa cambieremo idea, che FIFA18 sarà forse migliore. O forse no. Quello che possiamo dire è che l’esperienza di gioco è solida, istintiva, intrisa di giocabilità e di maniacalità come solo le produzioni giapponesi sanno essere. A noi, che qualche gioco di calcio l’abbiamo provato, è piaciuto non poco. Aspettiamo di vedere come scenderà in campo lo sfidante “made in Canada”, attualmente campione in carica, per emettere un giudizio definitivo.