Rugby 18 – Recensione

Rugby 18

C’è poco da fare, dopo un decennio abbondante passato a provare giochi di rugby e di conseguenza a piangere lacrime amare, sono giunto alla conclusione che quello della palla ovale e delle mischie sia uno sport impossibile da riprodurre fedelmente in digitale. O se non proprio impossibile, quanto meno molto difficile. La mia personale opinione è che tale difficoltà dipenda dalla natura complessa di questo sport per gentiluomini, nello specifico dalla combinazione continua e costante tra il contatto fisico, e quindi il combattimento, e la necessità di compiere contemporaneamente scelte tattiche proprie di uno sport di situazione. Detto questo, e dopo aver provato il gioco insieme ai suoi nuovi sviluppatori (Eko Software) alcuni mesi fa in occasione della Gamescom di Colonia, ho comunque accolto Rugby 18 con la migliore predisposizione d’animo possibile, convinto che rispetto ai pessimi Rugby degli ultimi anni qualche passo avanti fosse stato fatto. Ed è stato fatto, ma…

Pacchetto completo

Rugby 18 tratta il rugby secondo i codici della Rugby Union, quindi con 15 giocatori in campo, e si presenta abbastanza completo per quanto concerne le opzioni di gioco e le licenze ufficiali di squadre e atleti. Circa 65 le prime e più di 2000 i secondi, suddivisi tra atleti delle nazionali di Australia, Inghilterra, Francia, Scozia, Galles, Italia, Sud Africa, Fiji e All Blacks, oltre che dei club di TOP 14, PRO D2, PRO14 e Aviva Premiership. Il paragone va fatto coi Rugby precedenti e non con gli sviluppi digitali di altri sport di squadra, tipo il calcio o il basket. Lo stesso discorso vale per la grafica, che è di gran lunga migliorata dispetto al passato, così come le animazioni dei giocatori, ma il tutto rimane comunque una decina di anni indietro rispetto ai lavori di EA e Konami, tanto per citare due termini di paragone parecchio ingombranti.

Solo per esperti

E adesso veniamo al gioco giocato, che è il succo della questione spremuto da un assunto che metterebbe in crisi qualunque simulazione sportiva, anche la più ricca: a Rugby 18 giocano solo persone esperte di rugby, quindi capaci di criticare ogni aspetto del gioco in maniera alquanto professionale e di notare, per esempio, che il ritmo del videogioco è molto lontano da quello dello sport reale. Le fasi di conquista (mischie e touche) sono articolate su specifici minigiochi, che isolati funzionano bene, nel senso che sono comprensibili ed effettivamente basati sull’abilità del giocatore, ma che nel flusso del match risultano parecchio artificiali. Gli anelli colorati che evidenziano una ruck, per esempio, richiedono un abile gestione degli stick analogici e la pressione del tasto Cerchio (sulla versione PS4) per aggiungere uomini e contestare o difendere il possesso dell’ovale. A mio modo di vedere si tratta di una simulazione credibile, ma come detto prima un po’ troppo lunga nell’attuazione. Passando al gioco aperto, i passaggi vengono eseguiti come da tradizione con i tasti dorsali e hanno una percentuale di riuscita che dipende in larga misura dalle statistiche dei giocatori coinvolti. Diciamo che un passaggio tra due trequarti è pressoché sicuro, ma se proviamo un spin pass con un avanti la percentuale di errore aumenta.

Ci vuole più intelligenza

La mia visione del rugby è che gli attacchi vendono i biglietti e le difese vincono le partite. A dire il vero vale per molti sport di squadra e di situazione. Questo significa che per portare a casa il risultato in Rugby 18 bisogna costruire una linea difensiva, gestirne la salita senza creare buchi e, soprattutto placcare. A rugby senza placcare non si vince! Questo fondamentale gesto tecnico è stato elaborato in maniera credibile in Rugby 18, dando al difensore uno strumento in più per capire quando è il momento giusto per affondare il placcaggio. Si tratta di un cerchio colorato posto sotto l’attaccante: più tale indicatore è grande e maggiore è la probabilità che il placcaggio abbia successo. Il problema è che a volte il portatore del pallone compie dei cambi di velocità esagerati e non credibili, che mandano completamente fuori tempo il difensore. Il più grosso problema di Rugby 18 rimane comunque l’Intelligenza Artificiale. Le squadre controllate dalla CPU compiono errori tattici madornali: non annullano quando si trovano pressate nella loro area di meta, utilizzano il gioco al piede in maniera casuale e in generale sembrano non conoscere la regola del fuorigioco, che è la regola fondamentale del rugby. La “soluzione” è a portata di mano, giocare solo in multiplayer e quindi solo con un amico competente, nell’attesa che l’impossibile diventi possibile!