GamesVillage in missione nella Zona per scoprire le meraviglie dell’ultimo episodio di S.T.A.L.K.E.R.. Attenzione, consolari, questa è roba tosta!
I videogiochi su PC non sono più quelli di una volta. Un tempo, quando saltavamo i fossi per il lungo, sui nostri 486 SX a 25 MHz con Soundblaster Pro giravano chicche impensabili per il mondo delle console. Avventure grafiche, strategici, simulazioni, e anche FPS che il Super Nintendo si poteva solo sognare. Bei tempi. Ora, senza stare troppo a girarci intorno, il mercato dei PC è cambiato e molto spesso sembra vivere della luce riflessa di quello Xbox 360 e PS3, come dimostrano le tantissime conversioni e i titoli multipiattaforma che si affollano sugli scaffali ogni mese.
Non si tratta necessariamente di un dato negativo, ma per certi versi l’identità dei PC come macchine da gioco non è più quella di un tempo. Fa piacere, dunque, quando uno sviluppatore investe in un prodotto pensato espressamente per mouse e tastiera, che non scende a compromessi e si comporta sì e no come se fosse il 1996.
L’abbiamo presa larga, ma stiamo parlando di S.T.A.L.K.E.R.: Call of Pripyat, che da qua in poi, per comodità, chiameremo Gennaro (davvero, non se ne può più di questi t.i.t.o.l.i.). Gennaro è nato su PC per i PC, ed è sostanzialmente estraneo a molte delle meccaniche affermatesi su console negli ultimi anni. Il giocatore viene sbattuto senza aiuti o tutorial in un mondo ostile e pieno di pericoli, e per giunta con un gameplay sfaccettato e complesso, che richiede una buona capacità di adattamento e una certa esperienza nella gestione di quest, mappe e inventari. Non ci sono frecce che indicano la direzione da seguire, la salute non si rigenera da sola (e anzi, se non ci si medica si muore dissanguati) e basta fare un passo falso per ritrovarsi in una selva di schiaffi. Gennaro mescola senza compromessi gli elementi più estremi degli FPS con alcune convenzioni dei GdR, obbligando il protagonista a essere affilato in combattimento ma anche abile nella gestione delle quest.
Andando a fondo nel gameplay, le meccaniche che governano le missioni non sono sempre chiarissime, e anzi, sembrano fare di tutto per nascondere le loro variabili per camuffare il fatto che si è alle prese con un videogioco. Un simile stile di game design giova al realismo, ma rischia di spiazzare i giocatori abituati alla pappa pronta, che con tutta probabilità si sentiranno disorientati e frustrati. Chi si è ripassato in lungo e in largo le precedenti produzioni legati alla serie, invece, si sentirà come quando si rientra a casa dopo una lunga vacanza, con la mamma che lo accoglie con un sorriso grande così e la zuppa preferita fumante nel piatto.
Del resto cosa vi aspettate, in una landa desolata piena di mutanti e funestata da costanti tempeste radioattive? Un checkpoint? Una curva di difficoltà che si adatta a quanto siete scarsi? Giammai. Gennaro è più hardcore di un film di Jenna Haze. Sarebbe sbagliato, però, etichettarlo solo come un gioco incasinato per PCisti nostalgici: gli sviluppatori hanno creato un’avventura coinvolgente, con una trama interessante e delle atmosfere da brivido, realizzate tra l’altro con un motore grafico di tutto rispetto, mutuato da quello già visto in Shadow Of Chernobyl (anno 2007) ma ritoccato a dovere.
Siamo alle prese con un’esperienza più rifinita (e meno soggetta a bug) rispetto ai due episodi precedenti e ci sentiamo di dire che GSC Game World ha finalmente trovato un buon equilibrio nella struttura di gioco: ci sono decine di variabili diverse (come la stanchezza, il tempo atmosferico, l’alternarsi di giorno e notte, i rapporti con i PNG, ecc…), ma nessuna di esse sembra attaccata a caso. Gennaro ha una struttura complessa, magari difficile da capire senza una lunga fase di ambientamento, ma gira con la precisione di un orologio, regalando grandi soddisfazioni a chiunque avrà la capacità e la pazienza di imparare a sopravvivere nella Zona. E scusate se è poco!