Conviene rassegnarsi: gli italiani sono una nazione di sentimentali e di conseguenza i nostri registi privilegiano il genere della commedia, per l’appunto sentimentale. Questo per dire che Generazione
Cast: Alessandro Tiberi, Francesco Mandelli, Valentina Lodovini, Carolina Crescentini
Distribuzione: 01 Distribution
Voto: 65
Conviene rassegnarsi: gli italiani sono una nazione di sentimentali e di conseguenza i nostri registi privilegiano il genere della commedia, per l’appunto sentimentale. Questo per dire che Generazione mille euro (che sono già parecchie…) non è un film di denuncia sociale e non propone strumenti di reazione o (quando mai) metodi di lotta. Si limita ad essere una gradevole e ben confezionata commedia (sentimentale), sul genere di altre viste anche nel cinema anglosassone ( e anche questo vuole essere un complimento), una specie di Giovani, carini e disoccupati e Singles a Milano invece che a Houston o Seattle, con l’aggravante però che allora guardando quei film lo spettatore non si preoccupava eccessivamente, pensando che tanto si trattava di paesi con realtà da sempre meno garantite della nostra e che i ragazzi si sottoponevano a quella trafila esistenziale perché tutti, chi più chi meno, ambivano ad una carriera creativa e quello era lo scotto inevitabile da pagare.
Oggi però anche in Italia e per ogni tipo di mestiere, anche il più umile, non esiste certezza, anche un soggetto preparatissimo come Matteo, il protagonista della nostra storia, 30 anni, ribattezzato Beautiful Mind data il livello della sua preparazione nel campo matematico, campa a stento con i mille euro del suo lavoro a termine in un ufficio di marketing, in un’atmosfera di terrorizzante precarietà. Certo vorrebbe insegnare all’Università, dove già tiene dei corsi (gratis) per il suo vecchio professore (una partecipazione di Paolo Villaggio), ma chiaramente i concorsi li vincono i raccomandati. Il suo amico e convivente Francesco fa il proiezionista e Beatrice, la simpatica coinquilina inizialmente subita, poi apprezzata, è in attesa di una chiamata come supplente chissà dove. Mentre è in “pausa di riflessione” imposta da un ex fidanzata, e comincia ad interessarsi a Beatrice, Matteo si trova intrigato dalla bella Angelica, manager rampante che ricambia il suo interesse. Ma sono mondi diversi, modi di vita inconciliabili. Pagare l’affitto è un obbligo, ma cosa si è disposti a fare in cambio? Anche se all’inizio Matteo affermava di non credere né ai sogni né alla realtà, perché così niente di quanto gli accadeva lo riguardava…. Alla fine si deve andare dove ti porta la ragione, o restare dove il cuore ti comanda?
Massimo Venier, regista “di fiducia” del Trio Aldo, Giovanni e Giacomo, dirige con mestiere in una Milano poco marcata, con trasferta a Barcellona, che come tutta la Spagna viene spesso proposta come il promettente luogo per tentare esperienza lavorative qui castrate sul nascere. La sceneggiatura, sua, di Federica Pontremoli (Giorni e nuvole) e Simone Paragnani, è liberamente tratta dal libro di Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa (Rizzoli). Bella prestazione di tutto il cast, con un Alessandro Tiberi, con le sue ruvidezze e le sue croniche esitazioni, già ben noto per la sua ottima partecipazione alla divertente serie tv Boris (da recuperare, per chi se la fosse persa), dove anche era un precario ma in un ambiente anche peggiore, quello cinematografico e televisivo, perché là pare che tutti siano precari a vita, martiri consenzienti. Con lui Francesco Mandelli, che rifà però piacevolmente se stesso, Valentina Lodovini che è una carnale e concreta Beatrice, mentre la bionda donna in carriera, affascinante ma rischiosa, è interpretata da Carolina Crescentini.
Molto bella la colonna sonora, con tre canzoni di Malika Ayane (e anche di Jack Johnson, Bloc Party, Mogwai e Stevie Wonder con For Once In My Life) e, sulle immagini finali, la toccante Qualcosa che non c’è di Elisa; “e miracolosamente non ho smesso di sognare, miracolosamente non riesco a non sperare che se c’è un segreto, è fare tutto come se vedessi solo il sole”. Ecco, per l’appunto…mai smettere di “sognare”, di “sperare”. Cominciare ad arrabbiarsi un poco mai?